'Stranger Things 2', David Harbour: «Mi tocca fare lo zio brontolone dei ragazzi» | Rolling Stone Italia
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‘Stranger Things 2’, David Harbour: «Mi tocca fare lo zio brontolone dei ragazzi»

L'attore, che nella serie interpreta lo sceriffo Jim Hopper, è stato a Milano alla proiezione del primo episodio al cinema per un divertente Q&A. E quello che si è divertito più di tutti è proprio lui

‘Stranger Things 2’, David Harbour: «Mi tocca fare lo zio brontolone dei ragazzi»

Entra con una Coca Cola in mano urlando: «Ciao, ciaoooo!!!» Poi si siede e continua in inglese: «E questo era tutto il mio italiano». David Harbour, aka lo sceriffo Jim Hopper di Stranger Things, è grande e grosso come ve lo immaginate, un ragazzone con la battuta prontissima. Sarà anche per questo che l’hanno scelto per interpretare Hellboy nel terzo film tratto dalla graphic novel: «Mi piace troppo, volevo interpretare un supereroe dark e torturato. E sì, mi hanno aggiunto un bel po’ di roba addosso per farlo. Ma c’è anche qualcosa di mio» ride.

Abbiamo appena visto al cinema il primo episodio della seconda stagione di Stranger (la nostra recensione qui): «Cosa ne pensate?» ci chiede «Bello eh?!». La platea strilla e lui, più carico che mai, rincara la dose: «E andando avanti migliora!».

A chi si spara tutti gli episodi della serie in 24 ore dice: «Siete molto stupidi! Anche io faccio binge-watching, lo show è fantastico. Ma il problema è noi ci mettiamo un anno e mezzo per girare le puntate e voi ve la rovinate in un giorno solo!».

Se gli domandi perché il suo personaggio è diventato così popolare ha le idee molto chiare: «All’inizio della storia sembra quasi un villain, ovviamente ha vissuto delle tragedie. E diciamolo, è un po’ stronzo. Ma poi si sveglia e il suo viaggio è molto più potente rispetto a quello di eroi riconosciuti fin da subito». I Duffer Brothers hanno dichiarato che il successo di questa serie è dato dall’incontro tra l’ordinario e lo straordinario: «Amo questa definizione, è quello che provo a trasmettere come attore. Hopper è uno qualunque, ha suoi i problemi, fa degli errori, è cattivo con i bambini senza una ragione, ma durante la vicenda esce il suo lato straordinario».

Che cosa hanno significato gli anni Ottanta per Harbour? «La pubertà!» risponde senza pensarci nemmeno mezzo secondo. Applausi. «Sono nato nel 1975, nel 1984 avevo 9 anni, ero un po’ più giovane dei ragazzi di Stranger. Ma sono cresciuto in quel periodo, mi sento vicino a Will perché tra i miei amici ero il più nerd: adoravo i videogame e Dungeons & Dragons». Harbour ha passato la sua infanzia tra film come Indiana Jones, i Goonies, E.T.: «Credo che i Duffer abbiamo davvero catturato la magia che c’era in quelle pellicole. Le produzioni che escono al cinema oggi invece sono troppo commerciali». Una delle cose più belle della serie è l’attentissima ricostruzione degli Eighties: «Il telefono con il filo lunghissimo incuriosisce un sacco i fan più giovani, non hanno idea di cosa sia quell’aggeggio ed è bello dare loro una lezione di storia».

L’altro pezzo fortissimo dello show sono i ragazzini: Mike, Will, Dustin, Lucas e ovviamente Eleven. Harbour scherza anche sul rapporto con la talentuosa Millie Bobby Brown: «In realtà quella fortunata è lei perché ha avuto la possibilità di lavorare con me!», ma si sente anche responsabile nei confronti dei bambini, un po’ come uno zio brontolone: «Sono diventati così famosi, il mondo si è innamorato di loro e questa cosa mi terrorizza. Vorrei che Millie diventasse la nuova Meryl Streep: è molto dotata e carismatica ma devo spronarla, spingerla oltre. I ragazzi non devono fermarsi al fatto che sono adorabili, sono protettivo perché voglio pensare che quando sarò all’ospizio loro mi porteranno gli Oscar che avranno vinto».

Prima di Jim Hopper l’attore ad Hollywood aveva interpretato praticamente solo bad guy: «Credo che ci sia qualcosa di me che spaventa, forse lo sguardo, non so. I Duffer hanno visto nella mia anima qualcosa di eroico, qualcosa che gli altri studios non percepivano. E mi hanno cambiato la vita scegliendomi, anche se magari non avevo un nome abbastanza importante. Netflix pensa fuori dagli schemi, è iniziato un Rinascimento per la tv. E sì, volevo dire Rinascimento perché siamo in Italia». La platea ride, David pure, fortissimo. Ma quanto si diverte a promuovere Stranger Things?

Alla fine si rivolge alla platea: «Posso chiedervi un favore? Voglio fare un selfie con il pubblico, Potete far finta di essere molto entusiasti di aver visto la serie?!». Come se bisognasse fare finta…