Secondo Netflix il pubblico può capire benissimo da solo cos’è ‘The Crown’ | Rolling Stone Italia
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Secondo Netflix il pubblico può capire benissimo da solo cos’è ‘The Crown’

Niente disclaimer introduttivo per la serie, nonostante le richieste di molti. C’è ancora chi pensa che gli spettatori non siano, in fondo, così scemi

Secondo Netflix il pubblico può capire benissimo da solo cos’è ‘The Crown’

Olivia Colman (alias Elisabetta II) e Josh O’Connor (il principe Carlo) in ‘The Crown 4’

Foto: Netflix

Netflix non metterà davanti a The Crown un disclaimer che indichi che la serie è un’opera di finzione. La piattaforma ha dichiarato in una nota ufficiale che quella che viene presentata come “una serie drammatica” è, appunto, una serie drammatica. Stop. «Siamo fiduciosi che i nostri iscritti capiscano che questo è un lavoro di fiction liberamente ispirato a eventi storici. Perciò non aggiungeremo nessun disclaimer».

Era stato il Segretario di Stato britannico per la cultura Oliver Dowden a chiedere che fosse aggiunto un disclaimer all’inizio della quarta stagione di The Crown. Fino ad ora, non c’era stata nessuna richiesta di esplicitazione del fatto che la serie di Peter Morgan, showrunner e principale sceneggiatore, sia un’opera romanzata. Ma la nuova stagione arrivata a novembre su Netflix (e subito in testa alle visualizzazioni) tocca punti nevralgici della recente Storia inglese.

In particolare, due figure su cui i sudditi di Sua Maestà si dividono ancora oggi: Margaret Thatcher e Diana Spencer. Molti conservatori hanno criticato il ritratto che ha dato Gillian Anderson della prima, mentre la Lady D di Emma Corrin è finita nel mirino del fratello della fu principessa del Galles, Charles Spencer: «Penso che sarebbe di grandissimo aiuto se all’inizio di ogni episodio di The Crown ci fosse un cartello introduttivo con scritto: “Quello che vedrete non è vero, ma è basato su fatti realmente accaduti”. Temo che altrimenti molti spettatori lo possano guardare come se fosse il Vangelo».

Ma Netflix non ci sta. Forse c’è ancora qualcuno che pensa che il pubblico ce la possa fare da solo.