Roberto Benigni, 65 anni di Piccolo Diavolo! | Rolling Stone Italia
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Roberto Benigni in 10 scene essenziali

In occasione del compleanno del Piccolo Diavolo, ecco le nostre interpretazioni preferite

Roberto Benigni in 10 scene essenziali

“Ridi sempre, ridi, fatti credere pazzo, ma mai triste”. Roberto Benigni è l’attore brillante italiano più famoso al mondo, l’unico che si è portato a casa un Oscar da protagonista, oltre che quello per il miglior film con La vita è bella. Prima Sophia Loren che urla “Roberto! Roberto!”, poi Benigni che per festeggiare sale in piedi sulla poltrona di Steven Spielberg e saltella fino al palco a ritirare la statuetta: “Lascio l’Oscar qui, ma voglio portarmi a casa tutti voi. Questo è un momento di gioia e vorrei baciarvi uno per uno”. In attesa di rivederlo nei panni di Geppetto in Pinocchio di Matteo Garrone, abbiamo scelto le nostre 10 scene preferite dalle sue pellicole.

“Berlinguer ti voglio bene” di Giuseppe Bertolucci (1977)

“È come prima di farsi la prima sega, che si viene a letto da sé: ‘Dio bono, cosa m’è successo?’. ‘Niente, o fanciullo, sei venuto: quello che non funzionava, ora funziona, godi!'”. Il comunismo secondo Mario Cioni.

“Tu mi turbi” di Roberto Benigni (1983)

Primo episodio del suo esordio alla regia: il pastore Benigno incontra Giuseppe e Maria che gli chiedono di fare da baby sitter al figlio: “È dura la vita Gesù, oggi per andare avanti bisogna fare miracoli proprio. Un consiglio: non ti occupare di politica. Religione? Peggio ancora”. E poi: “Se uno ti dà uno schiaffo su una guancia, tu dagli un cazzotto sulle gengive e stendilo”.

“Non ci resta che piangere” di Roberto Benigni e Massimo Troisi (1984)

“Santissimo Savonarola, quanto ci piaci”. La lettera più divertente del cinema italiano non è l’unica sequenza del film, che unisce il genio di Benigni e di Troisi, ad essere entrata nella storia. Pensate alla dogana (un fiorino!), a Leonardo da Vinci o a “Ricordati che devi morire”.

“Daunbailò” di Jim Jarmusch (1986)

Benigni è amico di Jim Jarmusch e partecipa a diversi suoi progetti: qui insieme a a Tom Waits e John Lurie scatena il caos all’Orleans Parish Prison con la filastrocca I Scream, You Scream, We All Scream for Ice Cream.

“Il piccolo diavolo” di Roberto Benigni (1989)

Il demone dispettoso interpretato Benigni rimpiazza padre Maurizio (Walter Matthau) per la celebrazione della Messa che viene trasformata in una sfilata di moda: “Modello N°4 , Giuditta!” è diventato addirittura un modo di dire. Il piccolo diavolo colpisce ancora.

“La voce della luna” di Federico Fellini (1990)

La voce della luna - Scene del cimitero

“Dopo aver tanto cercato, ho ritrovato Pierino. Proprio lui: leggero, buffissimo, lunare, misterioso, ballerino, mimo, che fa ridere e piangere. Ha il fascino dei personaggi delle fiabe, delle grandi invenzioni letterarie. Rende credibile qualunque personaggio e tutti può abitarli. Amico degli orchi e delle principesse, dei ranocchi che parlano. È come Pinocchio e Giovannin senza paura”, aveva detto Federico Fellini di Benigni nella sua ultima intervista. Per il suo canto del cigno ha voluto lavorare con lui (e Paolo Villaggio): “Questo film è anche il suo testamento sulla nostra società, sul nostro mondo di adesso. Fa vedere il nostro rimbecillimento, la volgarità, e addirittura la nostra fine. Era un amarissimo commento sui nostri tempi, ma fatto con la sua solita bellezza stilistica”, ha ricordato recentemente Benigni.

“Johnny Stecchino” di Roberto Benigni (1991)

“Questa me la prendo io, perché qui è tutto un magna magna”: Dante Ceccherini prova a rubare una banana a Palermo. E succede il finimondo.

“Il mostro” di Roberto Benigni (1994)

Sono tanti gli sketch esilaranti di Loris, il disoccupato che la polizia sospetta essere maniaco sessuale e serial killer a causa di una serie di equivoci: dalla motosega in poi. Ma la sua battaglia contro i condomini e l’amministratore Roccarotta è il massimo: “Vaffanculo alla maggioranza!”.

“La vita è bella” di Roberto Benigni (1997)

Guido Orefice che traduce al figlio, il piccolo Giosuè, le regole del campo di concentramento urlate dalla SS tedesca come se fossero quelle di un grande gioco: “Si comincia, chi c’è c’è, chi non c’è non c’è! Il primo classificato vince un carro armato, vero!”.

“La tigre e la neve” di Roberto Benigni (2005)

A lezione di poesia da Benigni: “Cos’è la poesia/ non chiedermelo più/ guardati nello specchio/ la poesia sei tu!”. Ma anche e soprattutto “Innamoratevi!”.

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