Riassunto delle puntate precedenti, che forse già sapete: nei giorni scorsi, è uscito un nuovo spot del brand American Eagle con protagonista l’attrice Sydney Sweeney. Lo slogan recita: “Sydney Sweeney has great jeans“. Un gioco di parole apparentemente banale tra “jeans” e “genes” (geni) che però ha scatenato un putiferio online.
Frasi come “I geni sono trasmessi dai genitori ai figli, determinando tratti come il colore dei capelli, la personalità e persino il colore degli occhi” – ironicamente in risposta ad altre del tipo: “I miei jeans sono blu” – hanno sollevato accuse di eugenetica, nei commenti online alla campagna pubblicitaria.
Per alcuni, frasi come queste risulterebbero razziste: hanno a che fare con il suprematismo bianco e con un ideale di bellezza ancora eurocentrico, se non semplicemente stereotipato (bello = capelli biondi e occhi azzurri).
C’è addirittura chi ha accusato la stessa Sweeney di essere nazista (!): sappiamo dove possono arrivare i commenti online.
Il caso è subito diventato una battaglia tra la destra conservatrice (che difende lo spot: vedi la posizione del senatore Ted Cruz) vs. cultura woke. Ovviamente si è speso pure il Presidente Trump, che non perde occasioni come questa per dire la sua, tramite il portavoce della Casa Bianca, Steven Cheung, che ha definito le razioni contro lo spot come risultato della cancel culture; la stessa – sostiene lui – che ha portato alla seconda vittoria di The Donald.
E adesso? Mentre la protagonista dello spot tace, è arrivata nelle ultime ore la risposta di American Eagle. “Sydney Sweeney Has Great Jeans è, e sarà sempre, una questione di jeans”, scrive l’azienda in un post Instagram. “I suoi jeans. La sua storia. Continueremo a celebrare il modo in cui tutti indossano i loro jeans AE con sicurezza, a modo loro. I jeans fantastici stanno bene a tutti”. Basteranno queste parole, al “popolo del web”?
