Otto attrici italiane (più un attore) per una 'Diva!' | Rolling Stone Italia
News

Otto attrici italiane (più un attore) per una ‘Diva!’

Alla Mostra del Cinema è stato presentato il documentario diretto da Francesco Patierno su Valentina Cortese

Il cast di 'Diva!'. Credit: Fabrizio Cestari

Il cast di 'Diva!'. Credit: Fabrizio Cestari

Otto attrici italiane (più un attore) per raccontare una Diva!: Valentina Cortese. Il film, diretto da Francesco Patierno, è un’operazione art-house, indie, fuori dagli schemi che nasce da un’idea di Daniele Orazi (anche produttore) ed è basato sull’autobiografia Quanti sono i domani passati, pubblicata in occasione dei 90 anni di questa icona ancora troppo poco conosciuta del nostro teatro e del nostro cinema.

Dietro l’immagine-simbolo dell’interprete col foulard che le copre i capelli, c’è la storia appassionante di una donna, della sua vita straordinaria e dei suoi grandi amori. «Facendo ricerca ho scoperto che Valentina era stata nominata all’Oscar per il suo ruolo di Severine in Effetto notte di François Truffaut e che la Bergman, vincitrice della statuetta quell’anno, non ringraziò perché secondo lei il riconoscimento doveva andare alla Cortese» spiega Orazi «Piano piano si sono uniti al progetto degli amici per quel che riguarda il reparto tecnico, tutti premiati con il David di Donatello. E infine ho chiesto a questo gruppo straordinario di attrici: “Vi va di rischiare come me?”.

Valentina Cortese

Valentina Cortese

Isabella Ferrari, Greta Scarano, Carolina Crescentini, Barbora Bobulova, Anna Foglietta, Silvia D’Amico, Carlotta Natoli e Anita Caprioli si calano nei panni della Cortese, mentre Michele Riondino è Giorgio Strehler.

Francesco Patierno
Di Valentina Cortese conoscevo solo la classica foto con il foulard in testa poi ho letto la sua autobiografia e sono entrato nel suo mondo pieno di colpi di scena: dovevo trasferire il mio stupore allo spettatore. Ho usato un meccanismo che sto affinando da Napoli ’44: quello della narrazione non lineare che alterna passato e presente e che confonde i due piani. Inoltre adoro lavorare con la musica, non amo le didascalie, preferisco la contaminazione, la rottura. Volevo che fosse la pancia delle attrici a parlare, volevo che tirassero fuori il loro essere donna perché Valentina è soprattutto una grande donna. Il cinema ha conservato gran parte della sua magia, quella di portare lo spettatore in altro mondo: sembra che lo status di “divo” sia riservato a certi attori americani, ma fra 30 anni guarderemo ad oggi e ne salteranno fuori molti di più.

Barbora Bobulova
La mia Valentina Cortese è testarda e se penso a una suggestione musicale per lei mi viene in mente qualcosa di epico, tipo Morricone: nel film racconto la sua avventura hollywoodiana. Mi sarebbe piaciuto vivere in quegli anni, in quel luccichio molto mondano e divino sì, ma anche sano. Oggi la parola “diva” sta scomparendo dal vocabolario, chi sono i divi oggi? Solitamente nel nostro mestiere tendiamo a dimenticarci della camera mentre qui la richiesta era proprio quella di guardare in questo buco nero che cerchiamo di sfuggire.

Anna Foglietta
Valentina Cortese è “la star”, non ne esistono più di personaggi così: la osservo e mi chiedo come possa essere felice una persona che dedica la propria esistenza al cinema. Certo, parliamo di un altro cinema, era come se il confine non esistesse. Come donna invece mi diverte tantissimo il suo modo di essere “stella” con quel foulard, quella voce melliflua e rotta. Musicalmente Valentina è il melodramma, é una grande eroina pucciniana. Io racconto la Cortese-Severine diEffetto Notte di Truffaut, su cui si basa tutta la mia formazione: è un pezzo di cinema altissimo, ogni attrice dovrebbe vederlo per capire la varietà di registri che ci può essere in un’unica scena. La mia Valentina è fragile, ha gli attacchi di panico perché Truffaut le chiede di improvvisare, mi fa molta tenerezza.

Anita Caprioli
La caratteristica che più amo di lei è la sua curiosità nei confronti della vita. Volevamo tentare di evocare qualcosa che potesse essere vicino a questa grande donna, Patierno è stato abile nell’utilizzare ognuna di noi per richiamare le sue tante sfumature. Nel film parlo del lavoro della Cortese ne I giganti della montagna di Giorgio Strehler: è uno spettacolo che ho amato, mi sono sentita vicinissima a quella magia, a quella capacità di creare emozioni dal nulla, non solo da attrice ma anche da amante del teatro. La tecnologia ha avvicinato i divi al pubblico, Gable o la Monroe li potevi vedere solo al cinema: all’estero c’è ancora uno star system mentre da noi no perché non c’è un mercato così forte.

Silvia D’Amico
È un’esperienza molto difficile da raccontare: mi sono lasciata attraversare dalle parole di Valentina in maniera pulita, è come se mi fossero entrate dai piedi per percorrere tutto il corpo e uscire dalla bocca. La Cortese che si è impossessata di me è quella che racconta dell’innamoramento per Strehler e per il teatro ( il mio background), per quel mondo che ti lascia libero: è una Valentina che sul palco torna bambina. E la musica dà possenza, dà corpo a tutto, Strehler era un genio in questo senso: io avevo in mente Milva ne L’opera da tre soldi di Brecht. Rimpiango di non aver vissuto quel periodo perché tutti mi tartassano per sbarcare sui social, ma non lo faccio perché è un sistema mi mette a disagio: l’attore ha un mondo, una sua visione della vita che deve essere intima, è già abbastanza esposto quando recita.

Carlotta Natoli
Valentina è un diamante grezzo che a seconda di dove lo guardi ti dà una prospettiva diversa, musicalmente è Wagner. La mia Cortese ha due nature: una ironica, un po’ spavalda, divertita, e l’altra che contiene un doppio: una zona di ombra molto forte (che viene dal trauma dell’abbandono) e insieme un’aspirazione a mordere e gustare la vita. E tutto questo diventa arte. I divi non esistono più perché non c’è più quel cinema, non c’è più quel teatro, non ci sono più quei registi: oggi è una parola vuota. Una diva dev’essere libera di essere diva e il contesto è essenziale: oggi siamo nel Medioevo. Cosa ci rimane? La possibilità di guardare oltre il volgare, proprio come faceva lei.

Michele Riondino
Ero inconsapevole quando mi hanno chiamato per questo progetto ed è stato divertente mettersi in gioco su qualcosa che non si è completamente afferrato. Abbiamo letto diverse lettere tra la Cortese e Giorgio Strehler: si ha la sensazione di un’intimità che va oltre il rapporto sentimentale, più che innamorati erano “amanti” di tante cose. Lei era la musa, lui il pittore. Il nostro mondo è fatto di queste infatuazioni: la finzione pesca dal reale e la realtà dalla finzione. Strehler è stato un innovatore, un folle se consideriamo la nascita del Piccolo e tutto quello che ne è derivato, l’idea di circo: ecco, Giorgio erq un animale da palcoscenico. Adesso c’è un ritorno a divismo 2.0, invece per la mia generazione di attori era forte l’idea di abbattere i propri idoli. Recitare un ruolo significa nascondersi dietro una maschera e questo va contro il narcisismo, io sono più legato all’idea di ricerca. Mentre giravamo stavo studiando Gaber e De Andrè per i miei progetti teatrali: in testa avevo continuamente Io se fossi Dio.

Il cast femminile del film nel pomeriggio sarà alla Lexus Lounge Lido Terrazza Mediterranea per essere premiato con gli Starlight Cinema International Awards.

Altre notizie su:  Venezia 74