Luca Barbareschi vs attrici: «Chi denuncia molestie cerca pubblicità». La replica: «Parole ignobili» | Rolling Stone Italia
#MeToo

Luca Barbareschi vs attrici: «Chi denuncia molestie cerca pubblicità». La replica: «Parole ignobili»

Il collettivo Amleta, che si batte contro la disparità e la violenza di genere nell'industry, ha risposto alle parole dell'attore e regista sul #MeToo: «Nessuna è diventata famosa dopo aver denunciato. È un atto di coraggio e generosità, un grande rischio»

Luca Barbareschi vs attrici: «Chi denuncia molestie cerca pubblicità». La replica: «Parole ignobili»

Foto: Federica Di Benedetto

«Le attrici che denunciano molestie cercano pubblicità», ha dichiarato ieri Luca Barbareschi in un’intervista a Repubblica dal set di The Penitent, il nuovo film tratto pièce di David Mamet e di cui è regista e protagonista.

Parlando dei racconti di alcune interpreti all’associazione Amleta, che da mesi raccoglie le storie di chi è stata palpeggiata, molestata, abusata, corteggiata senza consenso sopra e dietro il palco, ha affermato che gli viene «da ridere. Perché alcune di queste non sono state molestate, o sono state approcciate in maniera blanda. Altre andrebbero denunciate per quando si son presentate sedendo a gambe larghe: ‘Ciao che film è questo?’. Non ho mai avuto bisogno di fare trucchi per scopare, ho detto: ‘Amore chiudi le gambe, interessante, ma ora parliamo di lavoro’ Succede anche questo».

«Duecentoventitré denunce non le abbiamo inventate. E chi si è esposta ha sempre corso un grande rischio, altro che pubblicità. Le sue parole sono gravissime, offensive, ignobili», risponde Cinzia Spanò, attrice e presidente di Amleta. E sui social il collettivo precisa: «Non esiste un’attrice che sia diventata famosa denunciando una violenza. Al contrario, l’esposizione in quest’ambito è un atto di grande coraggio e generosità verso tutte le altre. Un’attrice che si espone è consapevole di correre un grande rischio, è proprio per questo che riusciamo a procedere con le denunce soltanto nel 5% dei casi. Ma anche questo tabù si sta infrangendo. Sempre più donne si espongono, perché vogliono proteggere anche tutte le altre e sono protette da tutte le altre. Non ci potete zittire tutte».

«In una riga Barbareschi liquida come ‘una carrellata di finte denunce’ quelle venute alla luce grazie al lavoro di Amleta» scrive l’associazione. «Barbareschi forse si crede Dio e la sua esperienza e il suo percepito vengono da lui confusi con la verità per tutti e tutte noi. Noi al contrario abbiamo verificato che le donne che si decidono a denunciare hanno elementi, prove, testimonianze che confermano quello che dicono. Lo stereotipo che le donne mentano è molto radicato e di solito è alimentato da chi vuole mantenere intatto un sistema di potere e di oppressione. Non è basato su un’analisi della realtà ma sul nulla».

L’attore e regista diceva di aver letto «puntate su di loro, ho trovato che un giusto pensiero diventa qualcosa di modaiolo. L’attrice che si fa pubblicità, la cosa va avanti per dieci puntate poi finisce, ma non si risolve il problema». E ancora: «Secondo me Amleta dovrebbe esser ‘largo’ riguardare non solo le attrici, che sono una piccola comunità. Il problema delle molestie è grave e generale, riguarda la commessa del negozio che deve subire per non perdere il posto», affermava ancora Barbareschi.

La replica: «Questo è puro mansplaining misto a benaltrismo. Uomini come Barbareschi tendono a spiegarti tutto, anche come devi fare la femminista. Specifichiamo che Amleta è un’associazione di attrici, che monitora e agisce nel proprio contesto lavorativo. I dati e le fattispecie in nostro possesso riguardano solo le attrici. Quindi noi non scegliamo di parlare di attrici perché vogliamo escludere tutte le altre. Al contrario, evidenziando e denunciando la violenza in un contesto in cui gli stereotipi hanno più contribuito a normalizzarla, la usiamo come lente di ingrandimento per ciò che accade a tutte le donne».

E poi: «Ci sentiamo profondamente connesse alla lotta di tutte e sottolineiamo in ogni intervista che la violenza permea qualsiasi ambito lavorativo, ma dobbiamo segnalare che alcune particolarità della nostra professione espongono maggiormente le attrici», spiega Amleta. «Primo fra tutte il fatto che le attrici lavorano col corpo, poi le attrici lavorano con una materia psichica che necessita dell’abbassamento di molte difese e la creazione di un legame di fiducia con chi le guida, le attrici sono lavoratrici precarie a vita e fanno continui colloqui di lavoro (provini) che sono – dati alla mano – i momenti in cui maggiormente si concentrano gli abusi, le giovani attrici vengono bombardate sin dalle accademie con una retorica che riguarda la professione, una retorica vecchia e ridicola che è ora che tramonti per sempre (alcuni esempi dalle testimonianze arrivate a noi: ‘l’attrice deve essere un po’ ‘putt4n4’, ‘l’attrice deve essere un ‘po’ perversa’, ‘ti spoglieresti? sei abbastanza coraggiosa per farlo? dai fammi vedere che sei una brava attrice’. E scemenze di questo tipo)».

Il collettivo conclude chiedendo «l’introduzione del reato di molestia sessuale sui luoghi di lavoro, uno strumento che sarà fondamentale per tutte le lavoratrici di tutte le professioni. I diritti delle donne sono diritti umani. La violazione dei diritti umani all’interno dell’ambito della cultura dovrebbe essere considerata gravissima. Invece abbiamo ancora chi cerca di mantenere intatto un sistema di potere che si basa sull’oppressione. Barbareschi si rassegni, non sono più i tempi. Dopo le denunce di qualche mese fa molte cose stanno già cambiando. Il #metoo non è un momento: è un movimento. Stiamo incontrando chi si occupa dei provini, delle produzioni, del lavoro sul set. Stiamo stilando linee guida, spingendo per l’applicazione di protocolli già esistenti ma mai resi operativi, stanno avvenendo molte cose, spinte in avanti da tutto un mondo che si sta compattando e unendo nel contrasto alla violenza».