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Abbiamo dato i voti alle attrici premio Oscar del nuovo millennio

Dalla famiglia reale britannica fino alla grande Meryl Streep, ecco la nostra lista aggiornata delle donne che hanno convinto l'Academy nel ventunesimo secolo

A differenza dell’Oscar per il Miglior Attore, che ha visto vincitori per due volte Sean Penn e Daniel Day-Lewis, il gruppo delle Migliori Attrici non comprende nessuna doppia vittoria. Questa categoria, invece, ci permette di osservare una sorta di riassunto del meglio della scuola attoriale di Hollywood, con attrici come Helen Mirren, Cate Blanchett, Nicole Kidman, Marion Cotillard – e persino qualche americana.

Quello che è sorprendente, comunque, è che nessuna delle migliori attrici americane ha vinto per la sua migliore interpretazione, rendendo il compito di stilare questa classifica ancora più difficile. Abbiamo quindi scelto di concentrarci sul singolo ruolo e non sulla carriera di ogni attrice. Di conseguenza, questa sarà probabilmente l’unica classifica del Web dove Meryl Streep è all’ultimo posto. Per favore cerca di capire, Miss Streep, che dopo il tuo discorso ai Golden Globes sarai sempre al primo posto nei nostri cuori.

Quindi, senza ulteriori indugi, ecco la nostra classifica delle migliori attrici Premio Oscar del ventunesimo secolo.

16. Meryl Streep, The Iron Lady
Meryl Streep è la più grande attrice della sua generazione – diavolo, potrebbe essere la migliore attrice di diverse generazioni. Ma questo non significa che non possa aver commesso qualche passo falso; quello che è incredibile è che l’Academy non se ne sia mai accorta. La sua Margaret Thatcher, l’ex Primo Ministro Britannico che fatica ad accettare il proprio invecchiamento, è più una caricatura che una vera e proprio interpretazione. The Iron Lady è un biopic assurdamente poco ispirato, incapace di catturare l’essenza di una donna influente e divisiva, dalla grande forza di volontà, con una sceneggiatura senza profondità che ha tirato fuori il peggio della Streep, un’interpretazione tecnica ma priva di sentimenti.

15. Sandra Bullock, The Blind Side
Una delle storie più importanti degli Oscar 2010 è sicuramente stata il ritorno di Sandra Bullock, l’attrice che dopo le difficoltà di inizio decennio ha ritrovato il successo sia di pubblico, grazie ad una commedia romantica (The Proposal), che di critica, grazie alle incredibili valutazioni della sua performance in The Blind Side. Questa ondata positiva ha alimentato la sua vittoria dell’Oscar, ma guardando in prospettiva è facile vedere come la sua interpretazione dell’insolente Leigh Anne Tuohy non fosse niente di più che un divertissement folk senza grande profondità. Il suo ruolo, inoltre, è perfetto per capire cosa non vada in tutta la pellicola: è l’ennesima storia Hollywoodiana di un bianco privilegiato che impara una grande lezione sulla vita dopo aver aiutato un povero ragazzo di colore.

14. Nicole Kidman, The Hours
Non ci sono molte discussioni: dal 1999 al 2004 Nicole Kidman è stata la migliore attrice del mondo, ha lavorato con i migliori registi mettendo in fila una serie di performance che definiscono un’intera carriera: Eyes Wide Shut, Moulin Rouge, The Others, Dogville, Birth. Il ruolo che le ha fatto vincere l’Oscar, la malniconica Virginia Woolf di The Hours, è solo ben interpretato – con grande tristezza, disperazione e sofferenza, ma anche soffocato dalla solennità che il regista Stephen Daldry mette sempre nel suo lavoro. In altre parole, il basso piazzamento della Kidman in questa classifica non è tanto indicativo della sua performance quanto della qualità del film. Per molti altri attori The Hours avrebbe rappresentato il punto più alto della carriera.

13. Kate Winslet, The Reader
Nel 2005, in un episodio della serie di Ricky Gervais Extras, Kate Winslet ha interpretato una versione satirica, codarda di se stessa mentre lavora ad un film sull’Olocausto, perché “è un Oscar garantito.” Alcuni anni dopo l’attrice si è ritrovata a vincerlo davvero l’Oscar per aver interpretato una donna Tedesca degli anni 50 che inizia una relazione con un teenager (David Kross) … e si, era anche complice dell’Olocausto. Si tratta di una coincidenza? «Questo per me non è mai stato un film sull’Olocausto», diceva l’attrice a proposito di The Reader. «Quella è solo parte della storia e ne è una sorta di sfondo… Ma per me si è sempre trattato di una storia d’amore estremamente non convenzionale». La Winslet non ha tutti i torti, ma è anche vero che il soffocante buongusto del film rende difficile credere che qualcuno potesse parteciparvi senza pensare a vincere qualche premi. La Winslet, come prevedibile, offre un’interpretazione straziante, ma si tratta comunque di una parte dimenticabile in un film dimenticabile.

12. Reese WItherspoon, Walk the Line
Stand By Your Man era una canzone di Tammy Wynette, ma è comunque perfetta per la June Carter di Walk the Line, la donna che amava Johnny Cash ma che temeva le conseguenze del suo stile di vita e del suo alcolismo. Reese Witherspoon incarna queste emozioni in un film che è sia una biografia che un dramma romantico, e lo fa con una franchezza che aiuta anche l’interpretazione di Joaquin Phoenix. Come capiterà spesso in questa lista, questa non è l’interpretazione più potente di Reese Witherspoon, ma Walk The Line le ha permesso di vincere con un ruolo molto vicino alla sua personalità concreta e senza compromessi.

11. Hilary Swank, Million Dollar Baby
«Non so cosa ho fatto nella mia vita per meritarmi tutto questo», ha detto Hilary Swank nel suo discorso di accettazione dell’Oscar vinto per Million Dollary Baby. «Sono solo una ragazza cresciuta in una roulotte con un sogno». In un certo senso, questo la rende molto vicina al suo personaggio Maggie, una ragazza che fuggita dalla solitudine del Missouri arriva a Los Angeles per diventare una campionessa di boxe con gli allenamenti del duro allenatore interpretato da Clint Eastwood. Questo è il secondo Oscar dopo Boys Don’t Cry del 1999, e in entrambi i film l’attrice fa molto più di quanto le descrizioni delle sue performance possano lasciar intendere: grinta, audacia, coraggio. L’Academy ha spesso premiato interpretazioni di personaggi in difficoltà, e qui Hilary Swank è riuscita ad affondare dentro la disperazione di Maggie, dentro la sua forza di superare tutti gli ostacoli che la separano da quello che vuole per sé stessa. Il che rende il suo crudele destino ancora più insensato e tragico.

10. Marion Cotillard, La Vie en Rose
I cinefili ricorderanno sicuramente Marion Cotillard per film come Big Fish e A Good Year, ma l’attrice non si è mai imposta sulla scena prima della sua interpretazione di una turbata Edith Piaf in La Vie en Rose. Questo è un bioclip musicale dall’impostazione anti-cronologica, che racconta una cronaca emotiva più che giornalistica, e l’interpretazione della Cotillard è altrettanto avventurosa, perfetta per rappresentare il talento tumultuoso di una cantante e delle emozioni che l’hanno sia ispirata che distrutta. Dopo La Vie en Rose, la Cotillard ha spesso interpretato la donna misteriosa, il classico love interest americano, ma la durezza che ha portato alla Two Days, One Night del 2014 mostra come il dolore liquido della Piaf è qualcosa che l’attrice è in grado di comprendere e portare nel suo lavoro.

9. Charlize Theron, Monster
In un altro tempo e con altri presupposti, forse la vita di Aileen Wournos non si sarebbe rivelata così tragica – forse non avrebbe portato così tanta tristezza a tutti quelli che hanno incrociato la sua strada. Ma questo è il mondo in cui viviamo, e Monster ritrae questa prostituta-serial killer in tutto il suo tormento e rabbia. L’interpretazione di Charlize Theron è riuscita a farci voler bene a questo personaggio. E’ davvero facile sminuire la sua vittoria dell’Oscar – la solita attrice glamour che si rende brutta per provare le sue capacità drammatiche, no? Ma questo non basta a spiegare la profondità che la Theron ha portato nel ruolo, il senso di lotta interiore nella testa della Wournos che cerca di rifarsi una vita con una nuova amante (Christina Ricci) mentre uccide i suoi amanti in un assurdo modo per rifarsi sugli abusi subiti da bambina. La Theron non ha cercato di spiegare la Wournos, e questo rende Monster un film difficile da guardare: è possibile che la Wuornos stessa non riesca a convivere con la massa di demoni che la infestano.

8. Brie Larson, Room
Per chi come noi ha seguito la carriera di Brie Larson in film indie come Short Term 12 e si è accorto di quanto riuscisse a rubare la scena anche attraverso ruoli minori (guardate Rampart, Don Jon e la serie di film The Jump Street), non è stato difficile rendersi conto che sarebbe stata solo una questione di tempo prima che il suo talento fosse riconosciuto da platee più grandi. La sorpresa è che è tutto successo molto in fretta – ma sul serio, quanto spesso capita di poter vedere interpretazioni come quella della madre-ostaggio di Room? E quante attrici avrebbero potuto donare alla parte grazia e amore materno e, allo stesso tempo, supportare e migliorare anche la performance del co-protagonista Jacob Tremblay? La sua è sia una vittoria che un’incoronazione.

7. Jennifer Lawrence, Silver Linings Playbook
Ormai questo è il settimo anno dell’era dell’amore per Jennifer Lawrence, e non dobbiamo dimenticare il ruolo che ha determinato tutto questo. Riguardate Silver Linings Playbook, dove Jennifer Lawrence interpreta Tiffany, una giovane vedova che lotta non solo con il lutto ma anche con la depressione. Questa descrizione è sufficiente per inquadrare il personaggio, ma non l’interpretazione che l’attrice ha portato sul grande schermo, una donna incendiaria ma fragile che non si rende conto di quello che le sta accadendo – forte della sua sensualità ma spaventata da quello che potrebbe significare innamorarsi di un altro uomo (Bradley Cooper). Nel cinema non è comune proporre un personaggio “difficile” con tutte queste sfumature, e la performance di Jennifer Lawrence sublima quello che è incredibile del suo stile: un senso di urgenza, un senso di realtà che non diventa mai di maniera. Le prime serie critiche all’attrice stiano cominciando ad apparire, ma Silver Linings Playbook è qui per ricordarci che tutta questa eccitazione ha un senso.

6. Halle Berry, Monster’s Ball
La carriera di Halle Berry prima della vittoria degli Oscar, caratterizzata da commedie e dai film sugli X-Men, ha reso ancora più sorprendente per l’Academy l’apparizione delle sue abilità drammatiche, abilità che le hanno permesso di vincere l’Oscar. L’atteggiamento paternalistico dell’Academy, però, non rende giustizia al suo ritratto a tinte forti di Leticia, una Georgiana della working-class che si ritrova a perdere il marito e il figlio, sprofondando in una storia d’amore malata con Billy Bob Thorton, una guardia carceraria razzista. (Il buildup della loro intensa scena di sesso – dove Letitia lo supplica di “farla sentire bene” – rimane una delle visioni più intense del secolo del dolore e della liberazione.) Halle Berry interpreta il personaggio con così tanto orgoglio ferito che è quasi impossibile da guardare, e nell’anno di #OscarsSoWhite è importante ricordare che è l’unica attrice afro-americana ad aver mai vinto il premio.

5. Natalie Portman, Black Swan
Dopo aver passato un anno a studiare il balletto per il suo ruolo in Black Swan, Natalie Portman ci ha regalato uno studio del bene e del male che un’artista può fare a se stessa per superare i suoi limiti e creare qualcosa che resti per sempre. Sia la bellezza che la follia necessarie per inseguire la bellezza sono scolpite su ogni espressione dell’attrice, che fornisce un ritratto spezzato che ti rende schiavo, che ti fa temere che anche l’attrice stessa possa essere spezzata dalla sua performance. Ma Natalie Portman non ha mai vacillato: nella sua carriera, iniziata con la gelida sicurezza di The Professional, Black Swan rappresenta il culmine della contrapposizione tra delicatezza e gelo che caratterizzano le interpretazioni migliori dell’attrice. Questo thriller psicologico rischia spesso di uscire dai binari, ma la Portman è riuscita a dare al film fondamenta emotive fortissime.

4. Cate Blanchett, Blue Jasmine
Come sarebbe guardare un esaurimento nervoso al rallentatore? Nei nostri peggiori incubi probabilmente assomiglia al tragicomico ritratto di Jasmine che Cate Blanchett ha costruito nella dark comedy di Woody Allen, un film che mostra la sofferenza di una donna oscillando tra l’orrore e la delicatezza. Cate Blanchett non ha mai nascosto i tic e i nervosismi dei suoi personaggi, ma la sua Jasmine, una donna che cerca di ricostruire la sua vita a San Francisco dopo una serie di difficoltà vissute a New York, è un ruolo che richiede un’infinita litania di nervi distrutti, di giustificazioni confuse e di fragile perbenismo, una combinazione che racconta la vita drammatica di una donna che ha toccato il fondo. Vincendo il suo secondo Oscar, Cate Blanchett ha fornito un’interpretazione anche divertente, ma mai qualcosa di cui ridere: il suo crollo nervoso è così intenso che è straziante da guardare.

3. Julia Roberts, Erin Brockovich
Le stelle contano: raramente questo è stato così vero come quando Julia Roberts ha deciso di dedicarsi alla storia di Erin Brockovich, una mamma single che lotta per la sopravvivenza di una piccola comunità della California avvelenata da una gigantesca multinazionale energetica. Con questo non vogliamo dire che Erin Brockovich non sia un film intelligente e interessante, ma è la naturale amorevolezza della Roberts, il suo naturale sex appeal che continuano a elevare il materiale. (Questo, inoltre, potrebbe essere l’unico film di Steven Soderbergh ad appartenere più alla protagonista che al regista.) Insultando vecchi capitalisti, re-inventandosi in una possibile storia d’amore (Aaron Eckhart) e lanciando un’enorme quantità di irriverenza al boss ebete di Albert Finney, Julia Roberts non solo interpreta un ruolo ma esalta la sua stessa personalità.

2. Helen Mirren, The Queen
La qualità fondamentale della Regina Elisabetta II di Helen Mirren è la sua quiete. Ed è proprio con questa leadership quieta che l’attrice riesce a trasmettere tutto quello che è ammirevole e antico della Monarchia Britannica: il conforto della sua esistenza secolare e la sua incredibile miopia. Si tratta di un equilibrio difficile da raggiungere, ma Helen Mirren lo fa perfettamente in The Queen, un documentario apparentemente molto diretto sulla morte della Principessa Diana, nel 1997, che offre uno sguardo dietro il sipario e verso i sentimenti di una donna che aveva regnato, al tempo in cui è stata girata la pellicola, per più di 45 anni. Non si tratta di un facsimile o di una reinvenzione di una delle figure pubbliche più note del mondo, Helen Mirren ha preferito far sì che la sua Elisabetta fosse riservata, misurata, alludendo ad una insensibilità che ha invaso una donna che ha visto così tanta storia passarle davanti da non sorprendersi più di nulla. Mirren ha sempre avuto una certa aria regale, e The Queen rappresenta la sua conquista più grande.

1. Julianne Moore, Still Alice
Nel 1995 Julianne Moore, all’epoca ancora sconosciuta, arriva sulla scena con una delle performance più importanti della storia del cinema in Safe, la storia di una moglie di provincia afflitta da una malattia conosciuta come “l’allergia del ventesimo secolo”, una condizione che la fa praticamente sparire davanti ai nostri occhi. Quasi vent’anni dopo, una volta raggiunta la fama mondiale, Julianne Moore ha proposto un’altra performance incredibile di una donna che si perde in se stessa. Still Alice racconta la storia di una docente di linguistica alla quale viene diagnosticato l’Alzheimer, e l’attrice propone un’interpretazione brillante, una cinquantenne che si rende conto che la sua intelligenza non può salvarla da una malattia che distruggere la sua memoria. Si tratta di una performance con grande forza interiore e contemporaneamente grande fisicità: la paura della donna, la rassegnazione e la rabbia vengono fuori dagli occhi terrorizzati della Moore, ma quello che è davvero incredibile è la sua capacità di esprimere lo svuotamento di una persona una volta piena di vita. Alice è ancora qui, eppure non lo è davvero, e l’attrice onora i misteri di un corpo che ha perso la sua luce interiore ma non la sua anima.

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