«Io con il rap non c'entro un cazzo», Tommaso Paradiso intervista Fabri Fibra | Rolling Stone Italia
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«Io con il rap non c’entro un cazzo», Tommaso Paradiso intervista Fabri Fibra

Nel nuovo disco di Fibra c'è anche il suo amico Tommaso Paradiso. Per noi si è calato nei panni di intervistatore e, soprattutto, confidente

«Io con il rap non c’entro un cazzo», Tommaso Paradiso intervista Fabri Fibra

Fibra e Tommaso fotografati da Alessandro Treves

A Milano è pomeriggio e fa caldo (“L’estate comincia adesso / Ma tu vuoi correre / C’è l’Apocalisse in centro”, canta Tommaso nel pezzo con Fibra, Pamplona). I due si vedono, si abbracciano, sembrano volersi bene – tra musicisti si sa che non è facile – ma soprattutto parlano tra loro come non avrebbero mai fatto con nessun giornalista. Tommaso Paradiso intervista Fabri Fibra: una seduta di analisi allargata a spettatori non paganti e, ora, a voi che leggete.

Paradiso: Io sono pronto Fabri, eh!
Fibra: Eccoci.

Paradiso: Stavo ascoltando il tuo disco per l’ennesima volta, e c’è un problema. C’è una canzone – Stavo pensando a te – che ha questo effetto: l’ascolti mille volte e non vai mai oltre. Nel tuo modo di scrivere, nel rap in generale, non ti manca fare più spesso una canzone d’amore come questa?
Fibra: Deve venire la musica giusta. Quel pezzo lì è un po’ alla Thegiornalisti. La base è arrivata da Fish, era inizialmente per Emis Killa, ma lui in quel periodo non stava scrivendo: ne arriva una così ogni 50 anni nel rap italiano. Quando è arrivata, ho capito che avrei dovuto fare una cosa sentimentale.

Fabri Fibra fotografato da Alessandro Treves

Paradiso: Tu hai difficoltà a scrivere cose sentimentali, canzoni d’amore all’italiana?
Fibra: È difficile, Tommy, cazzo. Io mi sono stupito ascoltando il vostro disco, perché ci sono molti momenti sentimentali, li tiri fuori così spontaneamente. Scrivere è difficile, io fatico tantissimo per trovare le parole giuste. Quindi, grazie a Dio, mi è venuta giusta! Poi, quando è arrivata quella base, mi sono impegnato sul serio, ma generalmente nel rap le basi sono tutte incazzate: avessi dieci basi così, proverei a fare dieci pezzi tutti così.

Paradiso: Attenzione, quindi questa canzone è falsa? Non provi davvero queste cose per una persona.
Fibra: No, anzi, è fin troppo vera. Non c’è una storia in particolare, è la sensazione che hai quando pensi alle storie finite da tanto. A 40 anni ne ho tante, quindi le ho buttate tutte dentro.

Paradiso: La cosa speciale di questa canzone è il sapore nostalgico, una cosa che da un rapper non ti aspetteresti mai.
Fibra: A me viene bene il rap. In questo pezzo io sono partito dal ritornello, lì mi partiva un pensiero nostalgico. Stavo pensando a te, a te chi?

Paradiso: Quindi, quella “te” esiste?
Fibra: Sì, avevo il ritornello, ma non avevo le strofe. Dovevo scrivere cose che sentivo, ho fatto una prima stesura ed era brutta. Poi ho litigato con la mia ragazza, l’estate scorsa. Se n’è andata di casa e lì ho vissuto il ritornello. È andata così: avevamo un cane che non era nostro, e ha cominciato a cagare e pisciare per tutta casa. Stavo impazzendo, abbiamo litigato e sono andati tutti via. C’era un vuoto, un’assenza. Pensavo di aver fatto una cazzata – poi alla fine sono tornati tutti – ma per un poco ho pensato: “Cazzo, che figata stare a casa da soli. Che figata andare al mare, mentre gli altri lavorano”. Visto che la strofa era di 32, la divido in due parti. Le prime 16 dicono: che figata. Poi realizzo che sono solo, quindi le altre 16 diventano: che fastidio. “Che fastidio guardarti mentre vado a picco, che fastidio le lasagne riscaldate nel micro”, le ho mangiate davvero, proprio quella sera che se ne era andata.

Fibra e Tommaso fotografati da Alessandro Treves

Paradiso: Io mi sono messo a piangere ascoltandola. Ti devo dire una cosa. Sto facendo un sacco di interviste in questi giorni, e la prima cosa che mi chiedono è: come ti sei trovato con Fabri? Il messaggio che colgo di più in giro è che tu prima eri stronzo e adesso non lo sei. (Ride) Chi eri prima e chi sei adesso?
Fibra:: Non mi sono ammorbidito, diciamo che il pop e il rap sono diventati più famosi, quindi vengono capiti di più.

Paradiso: Quando abbiamo cenato insieme al ristorante argentino qualche tempo fa, però, hai parlato di un cambiamento. Ti sei addolcito?
Fibra: Io sono sempre stato morbido, come persona: sono sempre stato mega disponibile, solare. Certo, ci sono state le droghe, che hanno offuscato tutto. Avevo un successo grossissimo, venivo da una fabbrica, sono arrivato a Milano e in quel momento lì sono arrivate le droghe e non capivo più un cazzo. Ero offuscato, la gente mi vedeva e diceva: questo qua è un cattivo esempio. Avevo scritto canzoni esplicite, violente, ma non è successo come per gli attori: De Niro, se fa il cattivo in un film, vuol dire che lo è davvero? Siamo qui a fare l’intervista per questo, no? Se un giornalista mi vuole raccontare, vende le copie se mi fa uscire come una roba oltre i limiti. Ma a me non importa, mi basta scrivere.

Paradiso: Siamo un po’ tutti drogati, di cose diverse. Mi dici quante canne ti fai al giorno?
Fibra: Me ne sono fatta una un’ora fa in bagno. Per adesso basta.

Paradiso: Ma al giorno?
Fibra: Di giorno poche, la notte un casino (ride), una fumeria. Vuoi sapere un numero? Sette. Sette canne a notte.

Paradiso: Io bevo solo, ma non mi drogo.
Fibra: Non è vero, ci siamo infibrati fuori dal ristorante.

Paradiso: Facciamo chiarezza: tu usi la sativa o l’altra?
Fibra: Non l’ho mai capito. Ci sono l’indica e la sativa, una è rilassante e una ti schizza di più. Però funziona quando l’erba è controllata, quella che arriva qua ce la coltiva l’ISIS; è “erba terroristica”. Io per dormire fumo il fumo.

Paradiso: Il cioccolato…
Fibra: Il marocchino, sì. Per registrare, per scrivere, fumo erba.

Paradiso: Siamo su Rolling Stone, scriviamo tutto! Tanto domani legalizzano.
Fibra: A me non me ne frega un cazzo se legalizzano, tanto la trovo uguale. Quando sono andato in California, ho trovato erba così studiata per interagire con il tuo organismo che era fin troppo. Io sono abituato a questa che trovo. È pieno di fumo e di erba a Milano, solo che è droga del crimine.

Paradiso: Ho ascoltato bene il tuo disco, ti conosco attraverso le canzoni. Tu descrivi un certo mondo di cui, credo, non fai parte. Sei dentro o fuori ‘sta roba che scrivi?
Fibra: Io la subisco. Ne faccio parte, subendola, cercando di dare una reazione. Come fai a non farne parte, se sei a casa, guardi la tv e vedi solo quella roba.

Paradiso: Tu guardi la tv?
Fibra: Tantissimo.

Fabri Fibra fotografato da Alessandro Treves

Paradiso: Io ho cantato: “Letto, divano, bagno, letto. Jessica Fletcher in tv”.
Fibra: La decompressione in casa, quando ti annulli, la subisco un sacco. Quando eravamo ragazzini, volevamo fare il cantante per cambiare il mondo, per essere noi a portare le parole. La musica ci ha influenzato così tanto da pensare che non ci fosse nessuno più figo del cantante. Poi ora ti accorgi che quello figo è lo chef, i cantanti non se li caga più nessuno. L’arte in Italia non conta un cazzo, se non fosse per i fan. Tu mandi un messaggio e non viene approfondito. Il mercato è fatto di ormoni, di gruppi teen. L’industria musicale si concentra sui giovanissimi, superati i vent’anni cazzi tuoi se vuoi fare la musica, cazzi tuoi se hai un pubblico. Devi essere veramente motivato per continuare, devi avere una missione.

Paradiso: Parlavamo di televisione…
Fibra: Sì, la guardi e pensi: ma dov’è la musica? Dov’è un programma musicale? Anche voi, i Thegiornalisti, ma chi ne parla in tv? Solo in radio. Il disco vostro è un disco killer, ha quei suoni che alla radio servono. Fuori, però, a parte i fan nessuno si legge i testi tuoi. Questa cosa qui, due artisti che si intervistano, ma quando la vedi in televisione? Quindi hanno vinto loro, bro’! Tra un po’ chissà chi cazzo ci sarà. Prima guardavamo il video di uno YouTuber, il solito YouTuber, il solito coglione. Che poi è sempre a Parigi, e la città è sempre la stessa: cambia solo il coglione che urla: “Sono a Parigi! Sono a Parigi!”. Ma stai a casa, con quella faccia lì stai a casa!

Paradiso: Mi dici una cosa di cui hai fottutamente paura, nella vita? La morte di una madre, che non ti si alzi più il cazzo…
Fibra: Ne hai dette due belle grosse! La mia più grossa paura è continuare a vivere con la dipendenza della marijuana. Ho un casino, vorrei essere libero adesso. Quando sono in aereo e ho il fumo nascosto, e ho lo spacciatore che mi aspetta e mi devo ritagliare la mezz’ora… Non ce la faccio più, mi sono rotto i coglioni. E per questo, in realtà, vorrei che si legalizzasse. Però, porca puttana, sono tormentato, sono così un 40enne tormentato. Soffro di insonnia da morire, se non fumo non dormo, non mangio, non cago, non scrivo, non ascolto la musica. Questa è la mia grossa paura, vivere con questo problema. Basta.

Fibra e Tommaso fotografati da Alessandro Treves

Paradiso: Nei dischi parli sempre di canne.
Fibra: L’altro giorno ho fatto sentire il disco ad Albertino a Radio Deejay. Ho messo un pezzo e tac, ecco la rima sulla canna. Ne ho messo un altro, ecco ancora la rima sulla canna. Cazzo, in tutti i pezzi c’è una rima così. Sempre. Vedi quanto mi condiziona quella roba? Però è una paura che ho talmente imparato a governare che convivo con questo problema. Quando hai una passione così grossa, un talento da coltivare, ti serve un agente esterno che ti calmi. Purtroppo, nel mio caso.

Paradiso: Per me è l’alcol, per te è l’erba…
Fibra: Se non ce l’avessi, magari berrei, per poter staccare la spina, togliermi le voci della gente dalla testa: i commenti, le critiche, le foto, gli sguardi. Sono tornato a casa e mi sono fatto sette canne per togliermi quelle facce, per avere pensieri miei. Ieri sera pensavo a un ragazzo che – durante uno degli in store che sto facendo per l’Italia – si è fatto cinque ore di fila per parlarmi. Poi mi ha solo detto: “Io non vorrei essere qua”. “E quanto hai fatto di fila?”. “Cinque ore”. “E perché sei qui?”. “Volevo vederti, anche tu non vuoi essere qui”. Lui voleva solo dirmi questa cosa, perché sapeva che mi sarei ricordato solo di lui. Gliel’ho detto: “Tu dici ‘sta cosa perché vuoi che mi ricordi di te, infatti è così!”.

Paradiso: Ti mancherebbero (i giri di promozione, ndr) se non li facessi più?
Fibra: Ma va’! L’ultimo che avevo fatto era stato nel 2012. Io vengo da un’altra generazione, quando ho iniziato a fare musica, nessuno faceva ore di fila, solo al concerto forse. Tutto quello che per noi era da sfigati oggi è diventata una priorità. Uno che si fa cinque ore per una foto, ai nostri tempi sarebbe stato assurdo.

Sono sempre stato morbido e solare. Poi ci sono state le droghe, che hanno offuscato tutto. Avevo un successo grossissimo, venivo da una fabbrica. Sono arrivato a Milano e non ho più capito un cazzo

Arriva una telefonata: è quello della Universal che comunica a Fabri Fibra di essere al n.1 in classifica. Urla e festa.

Paradiso: Sei ancora davvero convinto di essere il rapper più odiato d’Italia?
Fibra: Sì, perché io con il rap non c’entro un cazzo. Sono il rapper più odiato dai rapper. Perché il rapper italiano è una bruttissima persona: vive nell’ombra di quelli americani, è come il ragazzino che nel campo da calcio vuole imitare Messi. Poi esce dal campo e dice: “Sembravo Messi, eh?”. Ma tu non devi essere Messi, devi essere te stesso!

Paradiso: Ultima domanda. Sei felice?
Fibra: Son felice? Sì, sono felice in questo momento, e ti spiego perché. Innanzitutto perché ci sei tu che ti sei sentito il disco e hai dovuto farmi un’intervista.

Paradiso: Vaffanculo! Testimoni: io ci volo col tuo disco! Non mi sono neanche preparato le domande. E conta che io ascolto di tutto. Ci sono delle canzoni di Gigi d’Alessio che mi fanno piangere, te lo giuro! Io farò le cover di Gigi d’Alessio. Ho riportato Vasco Rossi nell’indie italiano e ora Gigi d’Alessio.
Fibra: Sono contentissimo di questo primo posto in classifica. Sono stato un sacco in studio, a casa a scrivere. Fenomeno l’ho scritta otto volte. Poi a 40 anni, con otto dischi sulle spalle, sentire una rima che si ripete, un concetto già detto, capita spesso. Quindi occorre lavorare tanto, sempre di più. E tu invece come scrivi? Da dove nasce un pezzo come Sold Out?

Paradiso: Eh, dalle donne. Sono sempre le donne. Si parte sempre e solamente dal testo. La musica viene sempre dopo.
Fibra: Porca troia, è il contrario di quello che faccio io. Alla Woody Allen.

Paradiso: Se non ho il testo, non scrivo. Non parte niente. Devo prendere la sbandata per una e poi scrivo le canzoni. Adesso sono felicemente fidanzato, sono innamorato perso e scrivo di tutto. Io ho scritto ‘sta cosa, due ore fa: “Ritornare da te”. Per me adesso la cosa più importante è tornare da lei. Mi bastano queste tre parole per scrivere, ho già la melodia.
Fibra: Ti invidio tantissimo. Sai scrivere pezzi d’amore con una facilità che non ho.

Paradiso: La differenza è che tu stai con una persona da molti anni, io no.
Fibra: Io parlo delle donne partendo dall’ipocrisia. Quello che mi sta a cuore è fare incazzare le femministe, perché le femministe, invece di rompere i coglioni a noi che scriviamo, dovrebbero andare su Instagram, sotto ai profili di tutte le ragazze che si fingono top model, e commentare loro.

Paradiso: Io invidio che tu possa parlare di cose di cui io non posso parlare. Quel flow non potrei mai averlo. Poi, per carità, abbiamo tanti fan in comune, ma se metto “Sì chef!” in una canzone (c’è in “Fenomeno” di Fabri Fibra, ndr) muoio, tu puoi. Non so come farlo in una canzone pop melodica.
Fibra: Per me è lo stesso. Tutto il tuo immaginario è mentale, la mia roba è in televisione. Io descrivo quello che vedo, con la tua musica invece ci dev’essere la magia. Quando canti “La sigaretta nelle dita di seta”, c’è la magia, la gente vuole passare nella tua testa. Chi ascolta me, invece, vuole vedere la mia interpretazione della realtà. Come per dire: guarda quella roba lì! Che merda. Il lusso che ha il rap è questo.

Paradiso: Tu lo faresti mai il giudice in un talent?
Fibra: Ma me l’hanno chiesto mille volte: mi hanno anche offerto un milione di euro. Io ho detto no, perché, se firmo ‘sto contratto, finisce che te lo devo dare io il milione. Non riuscirei ad arrivare alla fine, alla terza puntata sverrei. Mi prende un attacco di panico, se questi mi urlano, io mi alzo e urlo. Non ce la farei mai. Al massimo a un talent ci vado a suonare. Ho iniziato a scrivere a 17 anni, adesso ne ho 40: non mi merito di finire a sentire gente che non sa cosa cazzo sta facendo. Vedevo quest’anno Manuel Agnelli… Manuel, ma ti sminuisci così? Stai dando opportunità a dei nullafacenti di avere la tua attenzione!

Fibra e Tommaso fotografati da Alessandro Treves

Paradiso: Ma magari tra quei nullafacenti c’è uno come te.
Fibra: Non è vero, perché se hai una cosa dentro non vai a X Factor, la fai comunque. Quel talent è roba vecchia, attaccata alla tradizione italiana. La mentalità è vecchia: il vecchio è quello che non inventa, che ripete e basta. Quello che ti dice: ma non perdere tempo, fai quello che hanno fatto loro e facciamo un sacco di soldi. Questa è la mentalità di Sanremo, poi puoi fare il palco moderno, ma è il principio vecchio. Non è coraggioso. Comandano gli ascolti, io non c’entro niente con l’audience.

Paradiso: Se Rolling non ci dà la copertina, sono delle teste di cazzo!
Fibra: (Rivolgendosi a chi è nella stanza con lui, ndr). Lo vedi che swag che ha lui? Tommaso va così forte, perché si vede che non finge.

In tv mi hanno offerto un milione di euro. Io ho detto no, perchè, se firmo ‘sto contratto, finisce che te lo devo dare io il milione. Non arriverei alla fine, alla terza puntata sverrei

Paradiso: Non fingo?
Fibra: In sette canzoni parli di giri in macchina, che cerchi la chiavata facile, e riesci a passare come innocente! Dici: “Poverino, da solo che cerca di chiavare ubriaco”. Canti: “Mi piacerebbe schiantarmi così canti la mia canzone a vita” e tutti a piangere. Riesci a metterla in questo modo, li hai fregati tutti! Invece sei mega esaltato, le vorresti scopare tutte, ma passi per romantico. Quella roba lì, adesso, non ce l’ha nessuno, bro’! Neanche Vasco la fa più.

Tommaso prende il telefonino e chiama la madre. Le vuol far salutare Fabri, che – un po’ in imbarazzo – scambia due chiacchiere con lei e dice, riferito a Paradiso: “Suo figlio è fantastico”.

Fibra: I tuoi stanno insieme?
Paradiso: Io non ho mai conosciuto mio padre.

Fibra: Questa cosa ci accomuna. Io ci avrò parlato un quarto d’ora in tutta la vita con mio padre. E la nostra musica parte da un vuoto che abbiamo dentro, se tu stai a posto, non te ne frega un cazzo di scrivere. Quando ti manca qualcosa, una zona grigia dentro di te, allora l’arte ti consola.

Paradiso: Se sei completo, se sei felice, non scrivi un cazzo. Devi scrivere di una mancanza.
Fibra: Questa è la chiave dell’intervista. Tutti quelli che vedo là fuori sono completi, non hanno problemi. E dicono a me che ho problemi? La musica si fa se hai problemi, altrimenti di cosa cazzo scrivi? Gli esempi devono essere sempre sorridenti? Ognuno ha i suoi fantasmi, poi puoi non parlarne direttamente. Ma se scrivi, se parli, dimostri che hai questo vuoto. Ci sono le canzoni e c’è il contenuto. La forma ha annoiato.

Paradiso: Hai un odore buonissimo.
Fibra: È Cartier, bro’! Hai un profumo tuo?

Paradiso: No.
Fibra: Io sono andato in fissa, perché volevo un profumo mio, sempre lo stesso.

Paradiso: Tu hai un cazzo di ottimo odore.
Fibra: Allora ti regalo il profumo Cartier