L'importante è l'aspetto mentale. Thierry Donard racconta "Don't Crack Under Pressure" | Rolling Stone Italia
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L’importante è la mente. Donard racconta “Don’t Crack Under Pressure”

«Ho visto la tecnologia cambiare. E anche il mondo», dice il regista francese

Jesse Richman sul set di "Don't Crack Under Pressure"

Jesse Richman sul set di "Don't Crack Under Pressure"

Come si sta sotto pressione? È più importante il fisico o la mente? Ad ascoltare Thierry Donard, la mente. E direi che possiamo anche fidarci. È lui a firmare Don’t Crack Under Pressure, la prossima incredibile testimonianza dal mondo degli action sport. Da oltre trent’anni il regista lavora dietro la macchina da presa in ogni angolo del mondo, a cogliere le evoluzioni di alcuni dei talenti più puri. «Mi concentro sempre sulla parte mentale e psicologica. Li scelgo per la loro umanità», dice. E oltre a mostrare loro, racconta anche delle evoluzioni del mondo, testimone del cambiamento climatico. Di location sparite.

Don’t Crack Under Pressure di La Nuit de La Glisse è in arrivo in alcune selezionate sale cinematografiche d’Italia (l’elenco completo sul sito di Nexo Digital) il 14 e il 15 dicembre, distribuito da Nexo Digital con il sostegno di TAG Heuer e in collaborazione con Radio Deejay, Rolling Stone, MYmovies.it. Qui una clip esclusiva.

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Com’è andata la realizzazione di questo film?
Ho fatto quello che volevo fare da tanto tempo, scavare più a fondo del solito, entrare nella testa delle persone. Questa è la parte più importante. La spinta verso l’estremo, l’esperienza. Uno dei migliori atleti che lavora con noi vuole restare anonimo. Non lo fa per sponsor, soldi o fama. Lo fa solo per andare verso l’estremo, per provare questa esperienza con noi.

Avete avuto delle new entry quest’anno?
Beh, c’è un’italiana, Silvia Moser di Cortina d’Ampezzo, che non ha avuto nessun complesso di inferiorità a girare con i migliori rider del mondo. Non è un cosa facile: spesso le persone si sovrastimano, pensano di essere pronte fisicamente e poi crollano mentalmente. Soprattutto con i rider più giovani. Per questo mi concentro così tanto sulla parte mentale e psicologica. La loro umanità è quello che me li fa selezionare.

E bisogna fidarsi della tua esperienza…
Il mio primo film è del 1982, quindi ormai è parecchio tempo che sono sulle scene.

E in tutto questo tempo quanto è cambiata la tecnologia per le tue produzione?
Molto! Ora ci sono camere molto piccole che ti permettono di catturare le parti più intime, ci sono action cam che riescono a filmare in 4K. Ecco, parlando di questo, è la prima volta che giro in 4K, una qualità superiore, e anche i cinema che proietteranno questo film saranno supportati da questa tecnologia. Non ho fatto cose tipo slow motion: quattro o cinque anni fa gli americani hanno iniziato a produrre tutto al rallentatore, facendoti perdere il senso della realtà. Non è quello che voglio fare. Voglio che tutto sia reale. Voglio che la gente sappia chi è quello che ha davanti mentre guarda i miei film.

Oltre a questo avrai visto anche il mondo cambiare…
Sì, alcune location sono scomparse. Alcuni ghiacciaci sono spariti, alcuni luoghi dove andavo spesso, oggi non esistono più. La neve arriva più tardi: non trovi niente a dicembre, gennaio o febbraio. Le condizioni migliori che abbiamo trovato quest’anno sono arrivate dopo una settimana di neve in aprile! Ci siamo dovuti adattare, tutta la natura sta cambiando molto. Gli oceani sono più caldi. Tieni conto che la stagione delle onde migliore per noi è sempre stata tra maggio e luglio, adesso ci sono grandi onde anche a ottobre e novembre. Completamente inaspettate.

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