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Il primo episodio della terza stagione di “House of Cards” vi sorprenderà

Abbiamo visto il primo attesissimo episodio, che da stasera è su Sky Atlantic. Potremmo dirvene molte cose, ma ci limiteremo a questa: attenzione, spoiler

«A questo mondo vi sono solo due tragedie: una è non ottenere ciò che si vuole, l’altra è ottenerlo. Questa seconda è la peggiore, la vera tragedia». Lo diceva Oscar Wilde in uno dei suoi tanti, famosi aforismi. Lui però non è mai stato presidente degli Stati Uniti d’America.

La terza stagione di House of Cards, una delle serie più discusse e seguite del momento, si apre sei mesi dopo gli eventi raccontati nel finale scorso, quando il mefistofelico Frank Underwood prende finalmente possesso dello Studio Ovale della Casa Bianca, suo reale obiettivo fin dal primissimo episodio. Ritroviamo così il presidente Underwood passeggiare in un cimitero per fare visita alla tomba di una persona non ben definita: sarà Doug, il braccio destro lasciato agonizzante in un bosco dalla donna di cui si era invaghito, l’unica persona a poterli incastrare per i crimini commessi? No, la lapide davanti a cui si ferma Frank è quella di suo padre, Calvin T. Underwood. E cosa fa il beneamato presidente Underwood? Ci piscia sopra. Sigla.

Dopo questo folgorante inizio, il resto dell’episodio lascia il protagonista in secondo piano preferendo invece analizzare la figura di Doug, sopravvissuto miracolosamente all’attacco, da cui però è stato gravemente debilitato. È attraverso i suoi occhi che veniamo al corrente di quanto accaduto nei primi mesi del mandato Underwood: nessun appoggio da parte dei repubblicani né tanto meno dallo stesso partito democratico, un indice di gradimento ai minimi storici e un governo che ha portato a termine ben poco. Quello delle elezioni del 2016 per Frank è perciò un sentiero tutto in salita. Per vincere bisogna essere spietati e tagliare i rami secchi, Doug compreso.

Chi si aspettava un ritorno esplosivo che bissasse l’escalation di colpi di scena con tanto di lancio di reporter sotto la metropolitana rimarrà deluso. La premiere, scritta proprio da Beau Willimon, il creatore della versione statunitense, opta invece per un rientro più “dolce” (se la disperazione di Doug può davvero definirsi “dolce”), che si preoccupa più di fornire le coordinate narrative della stagione piuttosto che stupire lo spettatore. Se questo però potrà evitare i giri a vuoto che hanno appesantito la parte centrale del secondo ciclo (ricordate anche voi i confusi e fumosi intrighi con il governo cinese o li avete già rimossi?), la cosa non ci dispiace affatto.

Di sicuro di materiale interessante ce n’è, soprattutto per quanto riguarda Frank e la moglie Claire, vero cuore pulsante della serie, il cui rapporto mostra adesso le prime avvisaglie di crisi. Finché i due resteranno insieme nessuno al mondo potrà fermarli, ma se l’idillio dovesse spezzarsi… beh, allora le pareti della stanza ovale potrebbero macchiarsi di sangue. Il potenziale per rendere questa la migliore stagione di House of Cards c’è tutto.

La peggiore tragedia allora sarà davvero ottenere ciò che si vuole? Credo che Frank Underwood risponderebbe che questo vale solo per i perdenti.

Cinque cose da fare in attesa della terza stagione di “House of Cards”

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