«Chiediamo che venga ritirato l’invito alla Mostra a Gerard Butler, Gal Gadot e a qualunque artista e celebrità che sostenga pubblicamente e attivamente il genocidio. E che quello spazio venga invece messo a disposizione di una nostra delegazione che sfili sul tappeto rosso con la bandiera palestinese».
Questo il nuovo messaggio fatto pervenire dal gruppo di artisti, giornalisti e attivisti riunito sotto la sigla Venice4Palestine, che già qualche giorno fa aveva indirizzato una lettera aperta alla Biennale di Venezia che esortava le istituzioni e la Mostra del Cinema a prendere una posizione più netta nel condannare le azioni di Israele in Palestina.
«Vorremmo dare più risonanza a quei pochi spazi del festival dedicati alla Palestina affinché ci sia un sottofondo costante di dissenso nei confronti delle prese di posizione occidentali e nello specifico del Governo Italiano», così si legge nella caption del primo post Instagram della pagina, @venice4palestine, condiviso cinque giorni fa. «Quello che sta accadendo in Palestina non può richiamare artistə e giornalistə a impegnarsi solo in una narrazione episodica (due film, uno in Concorso a Venezia 82 e uno alla Gda) e non può ridursi a manifesti e proclami ignavi, imprecisi, retorici, in cui non si fanno chiaramente i nomi degli oppressi, ovvero del massacrato popolo palestinese, e del suo oppressore, ovvero il carnefice Stato di Israele».
«Mentre si accendono i riflettori sulla Mostra del Cinema di Venezia, rischiamo di vivere l’ennesimo grande evento impermeabile a tale tragedia umana, civile e politica. Lo spettacolo deve continuare, ci viene detto, esortandoci a distogliere lo sguardo – come se il “mondo del cinema” non avesse a che fare con il “mondo reale”. E invece è proprio attraverso le immagini, realizzate da colleghә, magari amicә, che abbiamo appreso del genocidio, delle aggressioni violente e anche omicide a registә e autorә in Cisgiordania, della punizione collettiva inflitta al popolo palestinese e di tutti gli altri crimini contro l’umanità commessi dal governo e dall’esercito israeliani. Quelle immagini che in questi mesi sono costate la vita a quasi 250 operatorә dell’informazione palestinesi», questo parte del testo contenuto nella lettera aperta, che si può sfogliare integralmente qui.
«In risposta alle dichiarazioni spesso tiepide, vaghe o, peggio, comode espresse dagli organi di potere, dell’informazione e della cultura, rivendichiamo una posizione chiara e priva di ambiguità: è tempo non solo di empatia ma anche di responsabilità. La semantica, il linguaggio, le parole e le immagini, non sono accessori, specie per chi crede nell’arte: sono una forma di resistenza fondamentale e necessaria. Altrimenti dovremmo arrenderci all’evidenza che essere cineastә o giornalistә, oggi, non ha più alcun senso».
Tra i firmatari della lettera, Marco Bellocchio, Laura Morante, Abel Ferrara, Alba e Alice Rohrwacher, Toni e Peppe Servillo, Matteo Garrone, Valeria Golino, Fiorella Mannoia, Ken Loach, Anna Foglietta, Mario Martone, Carlo Verdone. Dalla pubblicazione del 22 agosto, le adesioni a Venice4Palestine sono rapidamente aumentate, contando oggi 1.500 sostenitori.
Il nuovo messaggio del gruppo è arrivato ieri, condiviso congiuntamente sui social dalle Giornate degli Autori e dalla Settimana Internazionale della Critica. Butler e Gadot, di cui Venice4Palestine chiede il ritiro degli inviti per partecipare alla Mostra, saranno presenti a Venezia per il film di Julian Schnabel The hand of Dante, presentato fuori concorso. I loro nomi sono stati indicati in quanto Butler, nel 2018, partecipò a una raccolta fondi a sostegno dell’esercito israeliano; Gadot, invece, di nazionalità israeliane, prestò servizio nelle forze armate del suo Paese dal 2005 al 2006, divenendone anche istruttrice di combattimento.
Non c’è ancora stata una risposta ufficiale della Biennale a quest’ultima richiesta. «La Mostra è sempre stata nella sua storia un luogo di confronto aperto e sensibile a tutte le questioni più urgenti della società e nel mondo. Quest’anno accade con il film The voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Hania, che ricostruisce gli ultimi momenti di vita di Hind Rajab, la bimba palestinese di cinque anni che il 29 gennaio 2024 restò intrappolata in un’auto sotto il fuoco delle forze israeliane a Gaza, implorando aiuto, parlando al telefono con gli operatori della Mezzaluna Rossa». Così la Biennale si era espressa a seguito della lettera aperta degli scorsi giorni.
Pur sottolineando l’apprezzamento per la presenza di The voice of Hind Rajab, Venice4Palestine ha rinnovato le richieste di un’azione più incisiva ed esplicita, ricordando come nella risposta di Biennale non fossero mai citate le parole “Palestina” e “Israele”. Il gruppo ha poi ribadito il suo sostegno alla manifestazione «STOP AL GENOCIDIO – PALESTINA LIBERA che si svolgerà il 30 agosto al Lido di Venezia, promossa da moltissimi gruppi politici; collettivi e associazioni del veneziano; regionali e nazionali – e sostenuta dalla rete Artisti #NoBavaglio e da tante realtà e firme del cinema. Auspichiamo che la Biennale trovi la formula più adatta per favorirne lo svolgimento».
