'House of Cards 6' è il trionfo crudele di Claire Underwood | Rolling Stone Italia
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‘House of Cards 6’ è il trionfo crudele di Claire Underwood

L’uscita di scena di Kevin Spacey ha regalato alla serie un finale che possa definirsi tale, e una protagonista fredda e sconvolgente come Robin Wright, che ha trasformato il suo personaggio in pura letteratura

‘House of Cards 6’ è il trionfo crudele di Claire Underwood

Ogni sceneggiatore, dopo aver visto la sesta e ultima serie di House of Cards (in Italia trasmessa da Sky Atlantic), dovrebbe augurarsi uno scandalo capace di scompaginare la propria partitura. L’uscita di scena di Kevin Spacey (reo di aver molestato, in più occasioni, dei maschi) ha regalato alla serie che lui stesso con il suo personaggio, il leggendario Frank Underwood, un finale che possa definirsi tale. 

Le serie, il più delle volte, non finiscono. Le serie, negli ultimi anni, si esauriscono. L’atteso finale tv si vede, spesso, al cinema come nel caso del primo film di Sex and the City o quelli di Downton Abbey o Breaking Bad già annunciati. 

La fine di House of Cards si percepisce in tutti e 8 gli episodi della sesta serie perché la scomparsa di Frank Underwood illumina Claire, la moglie del Presidente interpretata da Robin Wright. Il personaggio ombra della serie che racconta la politica più buia, grazie alla morte del maschio dominante, dimostra finalmente di essere più cattiva del marito che si è presentato al pubblico strangolando un cane.

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La cattiveria di Claire è diversa da quella di Frank che si poteva toccare nei corpi, morti, della sua emancipazione. La cattiveria di Claire è sotto la sua carne. Claire combatte contro sé stessa. Il suo presente da virago uccide il suo passato da vittima. 

Questa trasformazione celebrale si riverbera, inevitabilmente, nel corpo. Al capitolo conclusivo della saga Claire ci arriva con un taglio di capelli preciso. La chioma non è raccolta come usava Traudl Junge (l’ultima segretaria di Hitler). La chioma è contenuta in un caschetto militare realizzabile solo con una piega sfinente come solo sa essere una certa politica.

Claire è il suo capo, prima di essere il Presidente degli Stati Uniti, e non risponde alle regole degli altri. In pubblico non utilizza mai un capo maschile, nemmeno la giacca. Il suo armadio è composto da abiti più austeri delle celebri ancelle della serie tratta dal romanzo di Margaret Atwood. Loro, almeno, i contemplano il rosso.

Claire ha un colore suo che sfugge allo sguardo umano. Singolare, a tal proposito, è lo scambio di battute che all’inizio della serie ha con una militare che le chiede rassicurazioni su una missione. La donna che ha paura di non sopravvivere chiede rassicurazioni alla prima donna della Casa Bianca. Crede di vedere una sorella nella donna che prontamente ribatte. “Non mi avrebbe fatto questa domanda – specifica Claire – se fossi stata un uomo”.

Claire, in questi anni, è stata più di un uomo o di una donna. Il Presidente di House of Cards è stata pura letteratura, una particolare forma d’arte che si palesa se e solo se la fantasia prova a superare, per davvero la realtà. 

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