Dentro la tana del fenomeno The Jackal: «Non chiamateci youtuber» | Rolling Stone Italia
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Dentro la tana del fenomeno The Jackal: «Non chiamateci youtuber»

I loro video hanno 30 milioni di visualizzazioni. «Il nostro cuore resta in rete», dicono, ma poi sconfinano in cinema e televisione. E ora lavorano a una serie tv

Il collettivo napoletano ha vinto il premio miglior webseries al Gran Galà Cinema Fiction con "gli effetti di Gomorra La Serie sulla gente"

Il collettivo napoletano ha vinto il premio miglior webseries al Gran Galà Cinema Fiction con "gli effetti di Gomorra La Serie sulla gente"

«Prima di tutto possiamo fare un appello? Nel nostro prossimo video vorremmo Tiziano Ferro». I The Jackal sono così: imprevedibili. Ci accolgono nella loro “tana” nel cuore di Napoli – un labirinto di stanze colorate, tra pezzi di vecchi set, attrezzature per il montaggio, strumenti musicali e locandine di film – e in un attimo siamo catapultati nel loro mondo. Fuori, per le vie della città, si festeggia il patrono San Gennaro, ma per gli “sciacalli” è solo un altro giorno di lavoro: «Le idee non si fermano mai e così neanche noi».

Per chi ancora non li conoscesse, sono il nuovo fenomeno del web. Giocano con ironia con gli stereotipi italiani attraverso cui commentano l’attualità, si perdono su Google e citano le grandi pellicole. Li abbiamo visti trasformarsi in Vrenzole, “gay ingenui” e “negri sbiaditi”, provare sulla propria pelle gli effetti della serie tv Gomorra o inseguiti da parcheggiatori abusivi.

Il video “Gli effetti di Gomorra La Serie sulla gente”:

The Jackal - gli effetti di GOMORRA LA SERIE sulla gente #1

I numeri parlano chiaro: mentre il loro canale continua a macinare visualizzazioni – ha già superato abbondantemente i 30 milioni –, nell’ultimo anno sono anche arrivati importanti riconoscimenti, dal Gran Galà del Cinema al Giffoni Film Festival. «Ma non chiamateci youtuber – ci dicono subito –, per noi YouTube è una piattaforma come un’altra per far circolare i nostri filmati». I The Jackal sono molto di più: «All’inizio eravamo quattro amici che si divertivano con una piccola telecamerina, oggi siamo una società di produzione che – oltre ai video che realizziamo per piacere – si confronta tutti i giorni con i clienti che ci contattano per realizzare spot e cortometraggi di ogni tipo».

Tutto inizia intorno al grande tavolo nel salone. Come fate a mettere d’accordo dieci persone?
Siamo prima di tutto amici che sono riusciti a trasformare in lavoro una passione. E siamo diventati una macchina da guerra che si occupa di tutto: dalla regia (Francesco Ebbasta e Giuseppe Tuccillo) alla recitazione (Simone Ruzzo, Ciro Priello e Roberta Riccio), dalle scenografie (Antonella Di Martino) alla postproduzione effettistica e grafica (Alfredo Felco e Nicola Verre), dalle musiche originali (Danilo Turco) alla produzione (Andrea Leone). Funziona perché abbiamo creato un modello: invece di affidarci solo a YouTube, che può premiare magari una realtà come quella del blogger web-star, abbiamo creato una struttura solida, che lavora su progetti anche molto diversi. Tanti nostri colleghi – da Frank Matano a Willwosh e Maccio Capatonda – siccome la Rete non lo permetteva, hanno cercato altrove la propria strada: chi nel cinema, chi in televisione o in radio. Anche per noi è stato lo stesso, ma sempre con il fine di dare vita ad autoproduzioni di qualità.

Il video di “Lost in Google”, Episodio 0:

Lost in Google - Episodio 0

Insomma, sfatate il mito che un buon seguito sul Web sia sinonimo di successo.
Se volete sapere se ci paghiamo l’affitto, la risposta è no. Per ora non basta, forse tra un anno cambierà tutto, invece. Piattaforme come Netflix e Spotify stanno aprendo la strada perché sono la soluzione più logica: se è normale pagare 10 euro al mese per ascoltare tutta la musica che vuoi legalmente, non escludiamo che domani ci possa essere un ventaglio di produzioni nate su e destinate al web, con la possibilità di abbattere i costi di produzione-distribuzione e guadagnare direttamente dal prodotto che fai. La domanda in Italia è già forte ma mancano ancora i mezzi e forse l’intenzione di abbandonare le vecchie logiche dello showbiz. In ogni caso, il cuore resta in Rete anche perché crediamo che questa sia la naturale evoluzione degli audiovisivi.

Avete fatto anche un’incursione in televisione. Com’è andata?
Ci siamo divertiti a girare Spin Doctor per il programma Gli Sgommati, in onda su Sky, ma il piccolo schermo è un mondo tutto diverso. Noi siamo abituati a quell’interazione con il nostro pubblico che lì manca e che è, invece, alla base del successo di molti nostri lavori, come Lost in Google. La prima puntata, che racconta di una persona risucchiata dal Web, è stata girata in tre ore a costo zero con attori presi per strada. Per l’ultima, sul set c’erano venti persone. Alla fine Lost in Google era molto di più di cinque episodi, era i commenti dei fan, era il tormentone “quando esce il prossimo?”, era fuori e dentro, un unico pacchetto composto da tutto quello che in un anno è uscito dai social network, da YouTube e dalla vita di tutti i giorni. Un esperimento che non si potrebbe mai replicare in televisione e che non avrebbe neanche senso ripetere tale e quale. Gomorra La Serie – Gli effetti sulla gente, invece, è nata perché Ciro è grande fan della serie e abbiamo girato la prima puntata per farlo sfogare. Poi la buona risposta del pubblico ci ha spinto a chiamare Salvatore Esposito che interpreta il boss Gennaro Savastano, ma non sappiamo ancora se e quando ci sarà un terzo episodio. Noi non puntiamo a fare solo visualizzazioni, non è quello che ci interessa. Ben vengano anche cinema o televisione, ma l’importante è che ogni volta si cerchi sempre di guardare avanti e migliorarsi.

La parodia della pubblicità Lines, firmata The Jackal:

The Jackal - Lines seta ultra (la parodia originale!)

I prossimi progetti?
Tanti, troppi. Commercial, ma soprattutto nostri corti e una serie per la televisione a cui stiamo lavorando. Intanto ci stiamo occupando della distribuzione di Vittima degli eventi, un fan movie liberamente ispirato a Dylan Dog. Abbiamo sperimentato spesso il vero set e stiamo cercando di mantenere questo standard, ma alla nostra maniera. Chi è nato nel mondo virtuale spesso ha un approccio più pratico: quando abbiamo iniziato non avevamo né i soldi né i mezzi adatti e abbiamo imparato ad arrangiarci con quello che trovavamo, sfruttando al massimo la nostra creatività.

Dove trovate l’ispirazione?
Siamo “sciacalli” perché prendiamo spunto da qualsiasi cosa, film, serie tv, soprattutto Die Hard, Breaking Bad, Misfits. Ci piacciono Mastroianni e Leonardo Di Caprio, così come Will Smith e Renato Pozzetto, Monty Python e Michael Mann. E poi mischiamo tutto con la storie di vita vera – galeotta fu quella doccia a Milano da cui nacque Gay ingenui –, altre volte ci concentriamo su contenuti più elaborati come per Il trono di spoiler, oppure ci basiamo su una comicità più visiva, volutamente nonsense, e casi d’attualità.

E Napoli?
È un gigantesco set in movimento, un po’ come il nostro studio che ogni volta cammuffiamo per creare ambientazioni sempre nuove. Quando abbiamo girato Napoli in 4K ci è capitato di trovarci da soli in luoghi in cui eravamo stati in centinaia di occasioni, ma mai in quelle condizioni. Nell’ultimo anno l’abbiamo riscoperta in Io sono molto leggenda, The parker, Vrenzole. Al di là degli stereotipi di cui troppo spesso è vittima, è una città che ci ispira, anche nei suoi temi sociali – i parcheggiatori abusivi, il problema dei rifiuti e della criminalità –, nel bene e nel male. E poi oh, tenimm ‘na pizza…

La domanda che nessuno vi ha ancora fatto?
“Siete soddisfatti?” Non è facile, è un lavoro tosto e senza orari. Può sembrare bellissimo da fuori e lo è, ma dipende da quello che cerchi. Se l’obiettivo non è la semplice visualizzazione su YouTube, devi veramente sudartelo, ma è un’opportunità incredibile.