David 2018, il cinema italiano merita di più | Rolling Stone Italia
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David 2018, il cinema italiano merita di più

Cinque statuette per 'Ammore e Malavita' dei Manetti Bros. Vince Napoli, vincono le donne. Ma la cerimonia non è all’altezza. Peccato.

I Manetti Bros con il David per il miglior film. Foto IPA

I Manetti Bros con il David per il miglior film. Foto IPA

Ha vinto Napoli, hanno vinto i Manetti Bros (ve l’avevamo detto!), ha vinto Spielberg (lui vince sempre) ma, soprattutto, hanno vinto le donne, che hanno anche sfilato con la spilletta di Dissenso Comune, l’appello nato sull’onda di MeToo e Time’s Up, insieme ai colleghi uomini.

Peccato, però. E non per il cinema italiano, che è in gran forma. Peccato perché la cerimonia per la 68esima edizione dei David di Donatello (tornati ad essere targati Rai) non è stata in grado di celebrarlo come avrebbe dovuto. Era troppo lunga anche se, paradossalmente, andava di fretta: in molti si sono chiesti se Carlo Conti avesse lasciato il forno acceso a casa. Zero suspense e modalità lista della spesa, per la serie: “finiamo la pratica e tutti a nanna”. Così Roberto Pedicini, la voce del cinema italiano, ci legge la favola della buonanotte.

Peccato, perché gli ospiti c’erano, la qualità dei film c’era, i grandi temi c’erano, l’innovazione c’era. Lo ha ricordato – benissimo – alla fine anche la nuova presidente dell’Accademia, Piera Detassis: “Voglio che il David rappresenti la diversità del cinema italiano e voglio che il David sia di tutti voi”.
Peccato, davvero.

Carlo Conti che annuncia “Vai RVM” per far partire la clip. Carlo Conti che ad ogni artista che ritira il primo David della carriera dice: ”E speriamo che sia il primo di una lunga serie”, praticamente il nuovo “Anche a te e famiglia”. Carlo Conti che fa le domande (e che domande…) a Steven Spielberg e Diane Keaton in italiano. E quando è salito Pierfrancesco Favino sul palco (o era Fru?) per premiare la miglior regia, tutti abbiamo sperato che ci rimanesse per salvare la situazione. Ma il peggior scivolone della serata, quello davvero imperdonabile, è stato l’inesistente ricordo degli artisti scomparsi nell’ultimo anno: tre nomi pronunciati in fretta e furia prima di lanciare il tg. È ovvio che non si possono fare confronti, ma agli Oscar quest’anno c’era Eddie Vedder che cantava Room at the top di Tom Petty. Così, per dire.

Cortellesi & Friends

Per fortuna c’è Paola Cortellesi, che mette in scena la versione riuscita del momento sanremese contro la violenza sulle donne. È un monologo di Stefano Bartezzaghi che sottolinea come alcuni termini al maschile declinati al femminile cambino e diventino luogo comune ed equivoco, lieve ammiccamento verso la prostituzione. “Un cortigiano è un uomo di corte, una cortigiana è una mignotta. Un passeggiatore è un uomo che cammina, una passeggiatrice è una mignotta” E così via. “Per fortuna sono solo parole” afferma l’attrice. Poi la Cortellesi viene raggiunta da Jasmine Trinca, Giovanna Mezzogiorno, Isabella Ragonese, Claudia Gerini, Serena Rossi e Sonia Bergamasco che ripetono le frasi che spesso ritornano quando le donne sono vittime di violenza: “Se l’è cercata”. “Sono solo parole. Certo, se le parole fossero la traduzione dei pensieri.. allora sarebbe grave: un incubo”.

Steven Spielberg e Federico Fellini

Grazie Steven. E non solo per i tuoi film, ma perché ci hai ricordato quanto è grande il nostro cinema. E quanto eravamo avanti negli anni ’70, quando Lina Wertmüller è stata la prima donna ad essere candidata all’Oscar come miglior regista. E grazie per il tuo racconto emozionato su Federico Fellini: “Era il 1971, la mia prima volta fuori degli USA: arrivo in Italia per presentare Duel. Alla reception dell’Hotel Hassler c’è Fellini che vuole complimentarsi con me per il film. Mi ha portato in giro e ho visto Roma attraverso i suoi occhi, non me lo scorderò mai. Ho fatto una foto con lui e quell’immagine è nel mio ufficio da 45 anni”. Praticamente Spielberg ha confessato di essere stato il Dawson Leery di Federico Fellini. Lungo, ma bello.

Jasmine e il femminismo non stereotipato

Sì, Carlo Conti ha detto: “E speriamo che sia il primo di una lunga serie” anche a Jasmine Trinca quando ha ritirato il David come miglior protagonista. Dopo il trionfo a Cannes, l’attrice vince per Fortunata: “Una donna e una mamma”, sottolinea. “Quando ero piccola il maestro Antonio mi ha fatto fare il lupo alla recita e non Cappuccetto Rosso, al miniclub poi ero Nino Frassica e non la ballerina di Cacao Meravigliao. Io chiedevo: “Perché?”. “Perché tu sei tutto. Un esempio di femminismo non stereotipato che mia madre mi ha insegnato e che io spero di trasmettere a mia figlia. Sii forte, coraggiosa e libera, bella di mamma”.

La grande bellezza di Montaldo e Carpentieri

Stefania Sandrelli si commuove davanti alla standing ovation per il premio alla carriera, ricorda Mastroianni e consegna il David come non protagonista a Giuliano Montaldo. Il regista e attore viene accompagnato sul palco dal giovane Andrea Carpenzano, protagonista insieme a lui di Tutto quello che vuoi ed è un momento bellissimo.”Ho iniziato 68 anni fa come attore in Achtung Banditi di Carlo Lizzani. 68 anni dopo mi ritrovo qui come attore. Probabilmente se avessi preso un premio allora, forse non avrei fatto la vita faticosissima del regista ma quella noiosa dell’attore che, quando ha finito la sua parte, va a russare dentro la roulotte”. Avere 88 anni e la simpatia di Montaldo. Oppure averne 74 di anni e La Tenerezza di Renato Carpentieri: “Volevo dire due cose. La prima è che la tenerezza è una virtù rivoluzionaria. C’è anche la cortesia, ma nella cortesia c’è un pizzico di ipocrisia. La seconda cosa è che rischiare ogni tanto fa bene. 28 anni fa Gianni Amelio mi ha preso per il primo film e adesso mi ha voluto per il secondo. Bisogna correre rischi, ci sono un sacco di attori bravi”.

Ha vinto Napoli, dicevamo: Ammore e Malavita miglior film (migliori musiche per Pivio e Aldo De Scalzi, miglior canzone originale con testo di Nelson), ma anche Gatta Cenerentola, il primo cartoon mai preso in considerazione dall’Accademia. Ha vinto il nuovo cinema di A Ciambra e di Jonas Carpignano (o era Ghali?!). Ha vinto anche Nico, 1988 dedicato all’icona dei Velvet Underground, dopo i Velvet Underground. Hanno vinto le donne con Diane Keaton che canta la canzone di Tre soldi nella fontana, Claudia Gerini che si commuove e Anselma Dell’Olio che urla: “La regia è femmina!”.

Peccato, però. Perché il cinema italiano merita molto di più di una celebrazione così.