Cospiration Drama: Archeologia (e nascita) di un nuovo genere TV - Carlo Freccero | Rolling Stone Italia
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Cospiration Drama: Archeologia (e nascita) di un nuovo genere TV

Nel panorama piatto della tv generalista la fiction reintroduce quel pensiero critico che l’informazione ufficiale ha ormai eliminato

The Night Manager - Foto via Facebook

The Night Manager - Foto via Facebook

Accanto alla vita privata e agli spazi limitati in cui si svolge (la casa, il bar, il corso dello struscio, lo stadio), abbiamo una vita sociale che si anima sempre più in uno spazio virtuale. Al di là del nostro privato, siamo membri di una o più collettività. Siamo cittadini italiani, ma anche europei, appartenenti alla Nato, firmatari di accordi internazionali, partigiani di questo o quel partito, sostenitori di una convinzione religiosa o paladini del laicismo. Abbiamo insomma una vita individuale e una vita sociale. Ma con la completa mediatizzazione della nostra vita aggregata, questa dimensione sociale si è sempre più allontanata dalla nostra vita vera e viene condivisa soltanto attraverso i filtri della comunicazione: giornali, televisione, Internet.

Per chiarire: una volta la vita privata e la sua vita sociale si svolgevano nello stesso spazio, la piazza, il municipio, la chiesa. Oggi la vita sociale è evaporata nella versione spettacolare che ci rimandano i mezzi di comunicazione e verso cui ci sentiamo estranei come di fronte a una rappresentazione. Non è casuale che la problematica politica sia stata, di fatto, espulsa dalla vita di tutti noi. E non è casuale neanche che mai come oggi la propaganda abbia preso possesso dell’opinione pubblica. Oggi la televisione è puro spettacolo. E anche i telegiornali devono prima di tutto intrattenere, fare infotainment, cioè informazione/spettacolo come i reality e i factual. L’immagine attuale dell’informazione televisiva è rassicurante. C’è il gossip, la politica come spettacolo. E tutti i generi dell’intrattenimento. È vero che ogni tanto fa irruzione la violenza, la guerra, il male. E questa violenza e questo male sono così estremi da eccedere le nostre stesse capacità di comprensione. Ma sono in qualche modo sterilizzati nella misura in cui vengono proiettati all’esterno di noi. Il male sono gli altri, i nemici, gli zingari, l’Isis, gli stranieri, gli estranei. La linea di separazione tra il bene (noi) e il male (gli altri) è così netta che, nonostante la visione falsamente tranquillizzante di un mondo quotidiano dedicato al bricolage, al gossip e all’esibizione di status, viviamo in un costante stato di accerchiamento e di insicurezza per la nostra incolumità, perché quello che è fuori può sempre raggiungerci con l’immigrazione e distruggerci con il terrorismo. L’affermarsi di un nuovo medium come Internet ha costruito un universo alternativo a quello televisivo, una sorta di mondo duplex, rovesciato, dominato dal complottismo. Qui i cattivi siamo noi, o le nostre istituzioni. E il fatto che le notizie non ci raggiungano in automatico, con un flusso continuo, come in televisione, ma siano frutto di ricerca individuale, conferisce al tutto credibilità. Perché, in qualche modo, siamo noi a fare emergere la notizia. Non voglio schierarmi da una parte o dall’altra. Voglio capire come questi mondi paralleli si intersechino e come arrivino a coinvolgere il nostro privato, le nostre credenze ed emozioni.

Questo punto di incontro è oggi la fiction. Se la televisione è in grado solo di comunicarci un’informazione manichea, dove noi e gli alleati siamo buoni, e il resto del mondo cattivo, la fiction ci incarica di reintrodurre in televisione il complotto, la complessità, la critica. Abbiamo visto come con House of Cards ci sveli gli intrighi della politica. Un altro serial come The Night Manager ci svela invece la corruzione e l’ambiguità delle istituzioni. All’inizio abbiamo anche qui buoni e cattivi: la funzionaria materna e incinta dei servizi segreti britannici che lotta per consegnare alla giustizia il cattivo mercante di armi, il quale, trincerandosi sotto la copertura di aiuti umanitari, fornisce armi a Paesi canaglia e al terrorismo. La serie sembra quasi prendere spunto da una notizia circolata a lungo sul web, per cui un camion di aiuti umanitari sarebbe stato filmato mentre distribuiva armi all’Isis. Nel corso della storia si capisce che solo la base dell’antiterrorismo vuol sradicare il male. Il traffico di armi è protetto da tutti i quadri superiori e viene tollerato, perché il trafficante di armi è persona gradita e funzionale alla politica dell’alleato statunitense. Nel panorama piatto della tv generalista la fiction reintroduce quel pensiero critico, quel dubbio e quella denuncia che l’informazione ufficiale ha da tempo eliminato. E il complotto diventa genere fiction.

L’articolo è stato pubblicato in versione integrale su Rolling Stone di luglio/agosto.
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