Amadeus risponde all’ambasciatore israeliano: «Richiedere la pace vuol dire seminare odio? Esattamente il contrario» | Rolling Stone Italia
Sanremopolitik

Amadeus risponde all’ambasciatore israeliano: «Richiedere la pace vuol dire seminare odio? Esattamente il contrario»

«Il Festival di Sanremo parla di inclusione e libertà. Qualsiasi guerra al mondo va fermata»

Amadeus risponde all’ambasciatore israeliano: «Richiedere la pace vuol dire seminare odio? Esattamente il contrario»

Ospite di Porta a Porta, Amadeus ha parlato del messaggio di Ghali e di quello «stop al genocidio» che tanto ha fatto discutere in questi giorni. Prima con il messaggio dell’ambasciatore israeliano che aveva detto che Sanremo viene sfruttato per diffondere odio, poi con gli interventi di Mara Venier, accusata di aver censurato Ghali e Dargen D’Amico mentre lanciavano messaggi di pace a Domenica In, causando l’arrivo di un comunicato stampa della Rai letto in diretta (qui tutta la storia). E ieri sera il direttore artistico ha detto la sua rispondendo alle parole dell’ambasciatore israeliano che aveva detto che Sanremo viene sfruttato per diffondere odio: «Rispetto le decisioni di tutti, ma non sono assolutamente d’accordo con questa affermazione, nella maniera più totale. Il Festival di Sanremo non ha mai promosso l’odio, ha sempre parlato di inclusione, di libertà: i cantanti che sono saliti sul palco hanno chiesto la fine della guerra, hanno chiesto la pace, richiedere la pace vuol dire seminare odio? Esattamente il contrario».

«Questo non vuol dire che voi abbiate dimenticato il massacro di 1200 israeliani?», chiede Vespa. «Assolutamente», risponde Amadeus. «La guerra da qualsiasi parte è da condannare, non c’è guerra da un lato o dall’altro, c’è la guerra che va fermata, qualsiasi guerra al mondo va fermata. Mai mi sarei mai sognato di portare l’odio, e così anche in cantanti. Portiamo esattamente l’opposto: i ragazzi in gara fanno messaggi e appelli di pace, di libertà di idee, di pensiero, di uguaglianza di pelle, di valori. A Sanremo nella storia, e senza sembrare presuntuoso, in questi anni, c’è un grande senso di inclusione che va rispettato e mai cambiato, sennò torniamo indietro».