È morto all’età di 88 anni Goffredo Fofi, critico, saggista, intellettuale per natura “contro”, ma capace di dialogare e cambiare il mainstream.
Autarchico, libero, contro la cultura dei consumi e l’omologazione culturale, ha sempre indagato il rapporto tra realtà e cultura, in particolare il cinema.
Nato nel 1937 a Gubbio, nel 1955 lascia l’Umbria per Palermo, per seguire il filosofo e attivista Danilo Dolci. Lo affiancherà nelle sue battaglie a fianco dei disoccupati, nella lotta alla mafia e nei cosiddetti “scioperi al rovescio”.
La sua carriera di critico ha inizio nel 1960 a Parigi, dove lavora per la rivista di cinema Positif. Rientrato in Italia, fonda insieme a Piergiorgio Bellocchio e Grazia Cherchi i Quaderni piacentini e scrive la sua grande inchiesta giornalistica, poi pubblicata da Feltrinelli: L’immigrazione meridionale a Torino.
Fondare riviste che animano il dibattito culturale e politico resterà la sua cifra. Nel 1967 fonda a Torino Ombre rosse, rivista di cinema molto vicina ai movimenti studenteschi e operai, e trent’anni più tardi, nel 1997, la rivista letteraria Lo Straniero, con il relativo Premio Lo Straniero. Il suo ultimo impegno è stato come direttore editoriale delle Edizioni dell’Asino.
Nel corso della sua lunga vita di critico, ha collaborato con i quotidiani Avvenire, il manifesto, Il Sole 24 Ore e l’Unità e con le riviste Confronti, FilmTv, Internazionale e Panorama.
Il suo nome sarà sempre legato, nel mondo del cinema italiano, alla rivalutazione di Totò, attore sempre snobbato in vita dalla critica cinematografica. Dopo che Pier Paolo Pasolini lo volle in Uccellacci e uccellini (1968), Fofi pubblicò Totò. L’uomo e la maschera, che resta forse il suo saggio più noto, e uno dei testi cardine della critica cinematografica italiana.
Poco dopo la notizia della sua morte, è arrivato il ricordo dell’amico Marco Bellocchio: “Uno scrittore, un critico geniale, esagerato qualche volta nel condannare e nell’esaltare, ma anche capace di ricredersi, di cambiare idea, altra grande qualità. È morto povero, altra rarità di questi tempi, rifiutando la Bacchelli e vivendo fino alla fine del proprio lavoro”.








