5 buoni motivi per vedere Blade Runner 2049 | Rolling Stone Italia
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5 buoni motivi per vedere Blade Runner 2049

Il 5 ottobre arriva nelle sale italiane il sequel del classico intramontabile di Ridley Scott. Non sapete se andare a vederlo? Ecco qualche consiglio

5 buoni motivi per vedere Blade Runner 2049

“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi”, afferma il replicante Roy Batty in Blade Runner, il capolavoro di Ridley Scott tratto dal Cacciatore di androidi di Philip K. Dick. Un cult cinematografico che vive il suo primo upgrade in Blade Runner 2049, il sequel di Denis Villeneuve in uscita nei cinema italiani il 5 ottobre 2017.

Nella Los Angeles del 2049 l’agente K scopre un segreto che potrebbe minare le sorti della società. L’unica arma contro le mire espansionistiche di Niander Wallace è Rick Deckard, il cacciatore di replicanti scomparso nel 2019.

Interpretato da Ryan Gosling, Harrison Ford e Jared Leto, Blade Runner 2049 continua tra, sguardi orwelliani e scenografie cyberpunk, la saga più avveniristica della settima arte. Un sequel che, trentacinque anni dopo l’originale, riscrive per le nuove generazioni uno dei più grandi classici degli anni Ottanta. In attesa di scoprire come si è evoluto l’universo di Rick Deckard, ecco cinque buoni motivi per vedere Blade Runner 2049:

Il cast di star

Trentacinque anni dopo il capolavoro di Ridley Scott, Harrison Ford torna nei panni di Rick Deckard, il cacciatore di replicanti armato di PKD Blaster. Un antieroe segnato dal tempo ma pronto all’azione che si allea con l’agente K di Ryan Gosling per sconfiggere l’oscuro Niander Wallace di Jared Leto: «Amo gli attori che diventano il personaggio. Ryan Gosling è un artista straordinario, il film pesa sulle sue spalle», ha dichiarato il regista Denis Villeneuve.

Ma i co-protagonisti di Blade Runner 2049 non sono da meno: Robin Wright è il tenente Joshi, Dave Bautista è il replicante Sapper Morton, Ana de Armas è l’affascinante Joi e Sylvia Hoeks è la misteriosa Luv. Un cast che onora gli assenti, e indimenticabili, Rutger Hauer, Daryl Hannah, Sean Young e Joanna Cassidy.

La regia di Villeneuve

Blade Runner 2049, prendendo le distanze dal romanzo di Philip K. Dick, continua la storyline del capolavoro del 1982. Un progetto coraggioso che Villeneuve, supportato da Ridley Scott, ha l’ambizione di rendere reale. Sospeso tra generi antitetici come lo sci-fi, il noir e il dramma, l’universo di Blade Runner è l’espressione cinematografica di Denis Villeneuve. Un genio visionario che ha trasformato Arrival, il più classico degli sci-fi, in un dramma profondo e umano.

Il cult con Amy Adams e Jeremy Renner non è però, secondo Villeneuve, la pietra miliare della sua straordinaria filmografia: «È stato un grande rischio ma la cosa non mi turba. Con arroganza posso dire che Blade Runner 2049 sia il mio miglior film». Considerato il ritorno di Harrison Ford, la produzione di Ridley Scott e lo script di Hampton Fancher, è davvero facile credergli!

La Los Angeles del 2049

Il 2019 concepito da Philip K. Dick nel Cacciatore di androidi e re-immaginato da Ridley Scott in Blade Runner evolve in un sequel cupo e misterioso. Inquadrato dal direttore della fotografia Roger Deakins, il futuro di Rick Deckard è un universo orwelliano ricco di deserti incontaminati, luci al neon e macchine volanti. Un incubo capitalista esaltato dalle atmosfere metropolitane del 2049: «È un mondo diverso dal primo Blade Runner. Il clima si è evoluto in modo disastroso e l’umanità sopravvive in condizioni terribili», ha dichiarato Villeneuve.

Chi si aspetta di vedere Ryan Gosling muoversi tra touch screen futuristici come Tom Cruise in Minority Report dovrà ricredersi perché un blackout ha segnato la fine del mondo digitale e l’inizio di un universo tangibile: «Abbiamo chiesto alla produzione di costruire tutti i set e tutti i veicoli. Questo ha permesso agli attori di concentrarsi sulla recitazione e non sul green screen alle loro spalle», ha continuato il regista di Arrival. Un’ottima premessa per ricreare la distopica Los Angeles ideata dal concept artist Syd Mead nel 1982.

L’interrogativo degli interrogativi

Rick Deckard è o non è un replicante? Un dubbio sollevato nella Director’s Cut di Blade Runner dove un origami a forma di unicorno mette in discussione la natura umana dell’antieroe di Harrison Ford. Nonostante l’età avanzata del cacciatore di replicanti renda (quasi) ovvia la risposta, niente è come sembra nel cinema di Villeneuve. Un autore che ha dichiarato che non uscirà nessuna Director’s Cut di Blade Runner 2049: «Se una sequenza non è nel film, un motivo c’è. Onestamente le versioni estese non sono mai migliori». Tutte le domande che non troveranno una risposta nei centosessanta minuti di Blade Runner 2049 resteranno insolute. Almeno fino al prossimo sequel!

Un sequel meditato

Nei trentacinque anni trascorsi dal cult di Ridley Scott il pubblico si è assuefatto agli universi distopici nati dalle ceneri di Blade Runner. A differenza di Matrix, Ghost in the Shell e di altri film ispirati dal classico del 1982, Blade Runner 2049 è la prosecuzione della storia originale. Un sequel che, dal ritorno di Harrison Ford all’estro artistico di Denis Villeneuve, evita gli errori di Prometheus e Alien: Covenant ripercorrendo la strada di Star Wars: il risveglio della Forza e Mad Max: Fury Road. Riuscirà Blade Runner 2049 a ricreare la distopica malinconia del cult originale? Lo scopriremo il 5 ottobre 2017 quando Denis Villeneuve ci riporterà nell’intramontabile universo di Blade Runner.

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