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Se esistesse un metro dello star-system italiano, un solo nome al momento sembrerebbe in grado di superare la misura consentita per ricevere in cambio, appunto, il patentino di star. Miriam Leone – già Miss Italia, conduttrice tv e volto di belle speranze sugli schermi grandi e piccoli – è l'unica "instant diva" italiana in circolazione. Nel giorno del suo 35esimo compleanno, ripercorriamo i ruoli che confermano questa tesi. In attesa di quello che potrebbe segnare la sua consacrazione definitiva: la platinatissima Eva Kant nel <em>Diabolik</em> dei Manetti Bros. Ma per vederlo (purtroppo) dovremo probabilmente aspettare più del previsto…
Il ruolo con cui entra da protagonista nella serialità italiana "adulta" è quello dell'ispettore Valeria Ferro, specializzata in crimini "famigliari". Il poliziesco di Rai 3 è uno dei primi, decisi passi avanti delle produzioni della tv di Stato, verso un racconto più maturo e contemporaneo. Che, grazie anche a una Leone che "scompare" nel personaggio, è arrivato pure alla bolla intellò. Bel colpo.
Un ruolo apparentemente più piccolo, ma che segna l'ingresso di Miriam nel parco dei Grandi Autori (nella fattispecie: Marco Bellocchio). Anche se compare in poche scene, la sua Agnese al fianco del protagonista Massimo/Valerio Mastandrea lascia il segno. Dopo una serie di film più pop per il grande schermo, la prova della maturità con il cinema "alto": ampiamente superata.
Opera prima non passata inosservata (anzi: il risultato al botteghino è stato notevole), è il titolo che più di tutti permette all'attrice di rivelare le sue doti "leggere". Ne esce una specie di <em>screwball comedy (featuring</em> Fabio De Luigi) tra vecchia Hollywood e filmetti all'italiana anni '70 e '80 (vedi anche la fuggevole presenza di Barbara Bouchet). Date a Miriam più commedie: non ve ne pentirete.
Un thriller alla spagnola (alla base c'è <em>Contrattempo</em> di Oriol Paulo) offre a Miriam la possibilità di divertirsi in un ruolo doppio, che gioca con le ambiguità della psiche e del tempo. Accanto a Riccardo Scamarcio, la nostra si trasforma in una femme fatale come non se ne fanno più: inutile dire che regge la parte alla perfezione. Noi ci divertiamo con lei: servirebbe più cinema di genere in questo Paese (e più interpreti disposti ad abbracciarlo).
Il ruolo di una carriera (<em>so far</em>) è, <em>ça va sans dire</em>, quello di Veronica Castello nella trilogia su Mani Pulite "made in Sky" inaugurata da <em>1992</em>. Ma è nell'ultimo (magnifico) capitolo che Miriam definisce per sempre il suo personaggio, donandogli un misto di ferocia e dolenza da equilibrista. E segnando, anche solo con la sua presenza, un decennio di Storia patria: la puntata "femminista" con le colleghe parlamentari è meglio di un editoriale di <em>Repubblica</em>, il giallo erotico su sfondo di Villa Certosa uno dei più precisi racconti del nostro (s)costume negli anni berluscones.
Dopo l’exploit sexy-parlamentare di <em>1994</em>, arriva un film deliziosamente indipendente sospeso tra rom-com e <em>heist movie</em> in cui Miriam sfodera di nuovo le sue doti da <em>comedian</em>. In coppia (perfetta) con Simone Liberati, è una<em> bad girl</em> agli arresti domiciliari che vorrebbe diventare una ragazza perbene, ma continua a sentire il richiamo della malavita. Ma sicuro che sia meglio una rapina al compro oro dell’<em>Inferno</em> di “ciao Dante” (cit.)?
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