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Marilyn, facciamo l’amore!

Il 5 agosto 1962 moriva (in circostanze che restano misteriose) la divina Monroe. Rivediamo le sue scene più cult

Il 5 agosto del 1962 moriva a soli 35 anni – e in circostanze che restano classified – la diva delle dive: Marilyn Monroe. Senza dimenticare i titoli che l’hanno fatta conoscere a pubblico e critici (da Orchidea bionda di Phil Karlson a Eva contro Eva di Joseph L. Mankiewicz) e le opere della – purtroppo effimera – maturità (vedi Il principe e la ballerina, di e con Sir Laurence Olivier), abbiamo scelto i magnifici sette film che ne hanno definito la leggenda. Quando siamo tutti (o quasi) in vacanza, non resta che ripassarli.

Niagara di Henry Hathaway (1953)

Avete tutti in mente la Marilyn più Marilyn di tutte, vale a dire quella della serigrafia di Andy Warhol? Ecco, sappiate che è stata “rubata” a una delle immagini promozionali di questo film. Forse non un capolavoro (ma avercene), di certo il titolo che certifica la Monroe come unica e inarrivabile femme fatale. La instant-diva ancheggiava sui tacchi, tra gli spettatori dell’epoca era una cascata (pardon) di ormoni.

Gli uomini preferiscono le bionde di Howard Hawks (1953)

Uno dei musical più belli di tutti i tempi, uno dei registi più sensazionali di tutti i tempi, uno dei titoli più citati di tutti i tempi. E – nell’avventura vacanziera feat. Jane Russell – un numero onirico-teatrale che contribuisce (anzi: basta) a edificare il Mito: Diamonds Are a Girl’s Best Friend, poi citato a raffica, dalla Madonna di Material Girl alla Nicole Kidman di Moulin Rouge!. Un diamante è per sempre, ma Marilyn di più.

Come sposare un milionario di Jean Negulesco (1953)

Altro giro, altro sogno di “sposarsi bene”. Oggi le femministe insorgerebbero, fortuna erano gli anni ’50 e si poteva (auto)ironizzare grazie a una scrittura infallibile, e meglio se dentro appartamenti mozzafiato vista Manhattan. Accanto a Lauren Bacall e Betty Grable, Monroe è Pola, la svampita miopissima che legge i libri all’ingiù. Adorabile come i suoi occhialoni da gatta.

Quando la moglie è in vacanza di Billy Wilder (1955)

Che fare se lo scapolo per una stagione (Tom Ewell) si ritrova come vicina di casa Marilyn Monroe? Fare andare la fantasia a briglia sciolta. Cosa che fecero le platee dell’epoca, e pure il genio di Billy Wilder, al primo dei due capolavori con la star. Subito indimenticabile: vi basta la gonna sollevata dal vento della metropolitana?

A qualcuno piace caldo di Billy Wilder (1959)

Secondo Billy Wilder, e apoteosi del sodalizio tra regista e diva. Zucchero Kandinsky, il personaggio di Monroe con Lemmon e Curtis en travesti al seguito, è una leccornia per davvero. Soprattutto quando canta classici come I Wanna Be Loved by You o I’m Through with Love. «Nessuno è perfetto»: tranne Marilyn.

Facciamo l’amore di George Cukor (1960)

Un altro (quasi) musical solo apparentemente minore, nella carriera dell’attrice e di George Cukor, che dirige (e che stava girando anche l’ultimo film della diva, rimasto incompiuto: Something’s Got to Give) . L’alchimia tra la nostra e Yves Montand – anche nella vita, pare – è decisamente bollente. E pure qui non si contano le performance di culto: scegliamo My Heart Belongs to Daddy, con collant e golfino a trecce.

Gli spostati di John Huston (1961)

L’ultimo titolo a cui Marilyn prende parte è un’opera “di frontiera” che dire crepuscolare è poco. John Huston – che aveva diretto l’attrice in uno dei suoi primi (e subito memorabili) film: Giungla d’asfalto – la rivuole dieci anni dopo accanto a  due assi altrettanto tormentati: Clark Gable e Montgomery Clift. In quella che è una vera e propria allegoria della fine: The Misfits – e il titolo è già profetico – sarà l’addio al cinema dei primi due. E da quel momento Hollywood non sarà più la stessa.

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