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Chi sono le facce che in questo 2021 hanno sfondato gli schermi (di cinema o tv ormai non fa più differenza)? Ecco i nostri preferiti. A partire dall’italianissimo Filippo Scotti: la sua splendida interpretazione di Fabietto, l’alter ego di Paolo Sorrentino nel film più doloroso e personale del regista, ha conquistato il premio Mastroianni a Venezia 78. E visto il clamore internazionale per <em>È stata la mano di Dio</em> sicuramente non finisce qui. Prossima tappa – incrociamo le dita –: Oscar. Debuttare da protagonista con Sorrentino non è da tutti. Nei panni di Sorrentino, poi, non ne parliamo.
Classe 1994, formazione da ballerina prima di intraprendere la carriera da attrice, Margaret è figlia di Andie MacDowell. Ma, soprattutto, è uno dei talenti della Young Hollywood che conta sempre di più. Dopo il debutto in <em>Palo Alto</em>, opera prima di Gia Coppola, e il ruolo nella serie <em>The Leftovers – Svaniti nel nulla</em>, è Quentin Tarantino a darle la benedizione definitiva: in <em>C’era una volta a… Hollywood</em>, Qualley è indimenticabile: nella parte di Pussycat, una delle giovani hippie della Manson Family che cerca di sedurre Cliff Booth, lo stuntman interpretato da Brad Pitt. Ed è anche protagonista di una scena cult in cui il regista scatena tutta la sua celeberrima fissazione per i piedi. La consacrazione di pubblico arriva nel ruolo della giovane madre in distress della miniserie <em>Maid</em>. Ma è solo l’inizio.
Notevole doppietta d’auteur per Benjamin Voisin: prima <em>Estate ’85</em> di François Ozon, coming of age balneare e queer in cui è un perfetto “bello e dannato”; poi <em>Illusioni perdute</em> di Xavier Giannoli, in cui incarna nientemeno che uno dei più amati e popolari antieroi di Honoré de Balzac. Presentato a Venezia 78, è il passaggio a lead assoluto che lo consacra (non solo) ai festival. Il Cassel del futuro? Noi ci scommettiamo.
All’attivo aveva tanto teatro. E un solo film – <em>Oslo, 31. august</em> di Joachim Trier – distribuito su scala internazionale. Poi lo stesso Trier la richiama per <em>La persona peggiore del mondo</em>, e tutto cambia: è il titolo (bellissimo) che le fa meritare una giusta Palma d’oro per la migliore interpretazione femminile a Cannes. 34 anni, una vaga somiglianza con Dakota Johnson, talento da vendere: sarà l’habituée dei festival che verranno?
Forse avevate già visto Eduardo Scarpetta in <em>Capri Revolution</em> di Mario Martone, o più probabilmente nell’<em>Amica geniale</em>, dove interpreta (benissimo) Pasquale Peluso. Di certo quest’anno non potete averlo perso in <em>Carosello Carosone</em>, il biopic lieve, scanzonato e privo dei soliti cliché sul genio napoletano. Dove Eduardo regge sulle spalle tutto impersonando meravigliosamente il fenomeno musicale Carosone e l’uomo Renato. Il nostro è l’erede della dinastia teatrale degli Scarpetta-De Filippo (e ha pure prestato il volto a Vincenzo Scarpetta in <em>Qui rido io</em>), ma anche basta. Ha una faccia pazzesca ed è, semplicemente, un talento purissimo. Aspettiamo <em>Le fate ignoranti – La serie</em> a ulteriore conferma.
Lo “scopritore di volti” Barry Jenkins (vedi il Trevante Rhodes di <em>Moonlight</em> e la KiKi Layne di <em>Se la strada potesse parlare</em>) colpisce ancora. E trova, per il ruolo insieme fragile e feroce di Cora nella miniserie fanta-storica <em>The Underground Railroad</em>, la rivelazione Thuso Mbedu. 30 anni (incredibile ma vero), non era stata ancora utilizzata in questo modo. Sembra la parabola di Lupita Nyong’o in <em>12 anni schiavo</em>: e sappiamo come è andata a finire.
Il successo del king indiscusso del musical contemporaneo ( e politico, a Broadway ma ormai pure al cinema) Lin-Manuel Miranda significa anche l’ingresso nello star system di alcuni dei suoi interpreti, su tutti – quest’anno – Anthony Ramos. 30 anni, origini portoricane ma cresciuto a Bushwick è salito alla ribalta per la doppia interpretazione di John Laurens/Philip Hamilton nello show più importante del nuovo millennio, <em>Hamilton</em> appunto. Ed è stato promosso a protagonista in <em>In the Heights – Sognando a New York</em> nel ruolo di Usnavi, il giovane sognatore che risparmia ogni centesimo guadagnato nella sua bodega di Washington Heigths per tornare un giorno in patria, nella Repubblica Dominicana, e riaprire il chiringuito di suo padre.
Certo, quello di Janis in <em>Madres paralelas</em> è uno dei personaggi più belli di Penélope Cruz (che infatti ha vinto la Coppa Volpi a Venezia). Ma non sarebbe così forte sullo schermo se non ci fosse il suo contraltare “teen”: cioè la Ana di Milena Smit (in realtà 25 anni), che spesso e volentieri le ruba la scena. Fino alla trasformazione (anche fisica) che conferma la sua stazza d’attrice. In fatto di attrici Pedro, come sempre, ci vede lungo…
Se <em>Il potere del cane</em> è il film che è, il merito va anche dell’interpretazione di Kodi Smit-McPhee, l’attore australiano classe 1996 che, nei panni di un ragazzino allampanato, tenero e un po’ inquietante, fa da contraltare al cowboy “brutto, sporco e cattivo” di Benedict Cumberbatch. Probabilmente lo ricorderete giovanissimo in <em>The Road</em>, al fianco di Viggo Mortensen, nel remake americano dello svedese <em>Lasciami entrare</em> o nei panni del mutante Nightcrawler nella saga degli X-Men. Kodi è una presenza fragile e ipnotica, intensissima ma quasi immobile per tutto il post-western da camera di Jane Campion. Da premio.
La biografia “ufficiale” è già un pazzo pazzo film coreano: «Si è laureata come modella all’università privata di Dongduk Women’s University» (grazie Wikipedia, sempre). Poi il pazzo pazzo progetto “made in Seoul” è arrivato davvero: cioè il colosso <em>Squid Game</em>, dove, nel ruolo di Kang Sae-byeok, imprime la sua faccia e la sua presenza. E diventa una instant icon globale. La tuta verde e il caschetto fanno il resto (e la storia, anche, di Halloween).
In <em>Lo chiamavano Jeeg Robot</em>, Gabriele Mainetti aveva puntato sulla “gieffina” Ilenia Pastorelli: e aveva vinto (vedi il David come miglior attrice). Per l’attesissima opera seconda, <em>Freaks Out</em>, ha scovato Aurora Giovinazzo: ci sono Santamaria, Castellitto & Co., ma il film, di fatto, è “suo”. E lo sostiene con grinta e carisma. Ah, poi c’è stato anche l’Amazon-teen <em>Anni da cane</em>: una comedy leggera, ma che conferma già la sua capacità di saltare da un genere all’altro.
Due film a Cannes, <em>Scompartimento n.6</em> (poi Grand Prix) e il ritorno di Kirill Serebrennikov, <em>Petrov’s flu</em>. Poi <em>Gerda</em> al Festival di Locarno. E una doppietta anche a Venezia 78: il bizzarro <em>Captain Volkonogov Escaped</em> in concorso e <em>Mama, I’m home</em>, nella sezione Orizzonti. Tutti in questo 2021. Dalla Russia con furore, Yuriy Borisov a neanche 30 anni è il nuovo volto del cinema d‘autore internazionale. Un ‘titolo’ conquistato grazie a personaggi sempre ambigui e un po’ pazzi (ma anche teneri), come il rozzo minatore del film di Juho Kuosmanen, che punta all’Oscar come migliore film straniero.
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