«Una delle cose da sapere su Sean Combs è che lui si filma sempre», spiega Alexandria Stapleton, regista di The Reckoning, la docu-serie Netflix in quattro episodi che prova a mettere ordine in trent’anni di accuse, potere, contro-narrazioni e immagini che, ironia della sorte, Diddy ha spesso girato da solo. Proprio da lì arriva il materiale più clamoroso: le telecamere entrano nella suite del Park Hyatt di New York il 10 settembre 2024, sei giorni prima dell’arresto. Un Combs nervoso, ipercontrollante, chiede al suo avvocato Marc Agnifilo non solo strategie legali, ma esperti di “media e propaganda” per influenzare la narrativa online: Instagram, TikTok, gli stessi luoghi dove per anni ha costruito la propria immagine pubblica. «Tu non hai fatto nulla di sbagliato e sei a New York per dimostrarlo», prova a rassicurarlo Agnifilo. «Non sta funzionando. Mi sembra di aspettare l’inevitabile», risponde Combs, quasi fosse un presagio.
La storia dietro quelle riprese è a sua volta un caso nel caso. Michael Oberlies, videografo personale di Combs per due anni, ha spiegato a Rolling Stone US che il girato è finito alla produzione non per una “controversia sui compensi”, ma perché un freelance, incaricato di sostituirlo per tre giorni, ha consegnato i file senza autorizzazione. Stapleton ribadisce che Netflix li ha ottenuti «legalmente» e che hanno «contattato più volte il team legale di Combs per un’intervista, senza ricevere alcuna risposta». La squadra di Diddy, invece, parla di violazioni di copyright, «filmati rubati» e strategie legali che «non erano destinate alla visione pubblica».
Secondo gli esperti citati sempre da Rolling Stone però eventuali rivendicazioni difficilmente reggerebbero: il “fair use” tutela la pubblicazione di materiale protetto quando la finalità è giornalistica o di cronaca. E inoltre il Primo Emendamento garantisce ai media il diritto di diffondere informazioni di interesse pubblico ottenute da fonti che hanno violato la legge, purché gli outlet non abbiano partecipato alla violazione. «Immagino che la maggior parte dei giornalisti non rivelerebbe comunque le proprie fonti», ha commentato 50 Cent, produttore della serie.
E non sarebbe la prima volta che Diddy tenta di rimuovere riprese compromettenti. In una testimonianza resa durante un procedimento federale, un ex addetto alla sicurezza ha raccontato che, nel 2016, Combs avrebbe pagato 100 mila dollari per ottenere e far scomparire un video di sorveglianza in cui aggrediva Cassie Ventura. È una dichiarazione emersa nei documenti giudiziari, non un fatto provato in tribunale, ma ritorna nel mosaico raccontato dal documentario.
The Reckoning parte dalla sua infanzia per poi arrivare all’inizio della carriera di Diddy, ricostruendo anche la tragedia del 1991 al City College di New York: un evento charity co-organizzato da Combs che attirò più di cinquemila persone in uno spazio progettato per poco più di duemila, con un bilancio finale di nove morti e decine di feriti. Nel 1998 un giudice ritenne Combs e Heavy D responsabili al 50% del disastro. Da lì, la serie ripercorre il suo ruolo nella guerra tra East Coast e West Coast: centrale nella Bad Boy Records accanto a Notorious B.I.G., mai incriminato nei casi Tupac Shakur e Biggie, ma perennemente lambito da teorie investigative e testimonianze controverse. Nella serie ci sono un audio inedito di Keefe D, attualmente in attesa di processo per l’omicidio di Tupac, e riprese inedite di quello di Biggie, da un’auto parcheggiata accanto alla sua.
Il racconto attraversa anche episodi noti agli addetti ai lavori: le minacce con una mazza da baseball ai dipendenti per ottenere le loro quote della Bad Boy (come ricorda l’ex socio Kirk Burrowes) le numerose accuse di violenze sessuali, il rapporto con Ventura e il modo in cui gestiva o controllava ogni relazione personale o professionale. The Reckoning ricostruisce, in modo approfondito e senza sensazionalismi, il pattern che emerge dalle testimonianze, dalle denunce e dai materiali d’archivio: un comportamento segnato da dominio psicologico, manipolazione, controllo dell’immagine e, in alcuni casi documentati, violenza. Un modello che ha toccato artisti della Bad Boy, collaboratori, amici e diverse donne della sua vita personale e professionale.
In un passaggio particolarmente inquietante, Combs reagisce in tempo reale alla causa per molestie presentata da Dawn Richard: prima esplode, poi ordina al team (incluso il figlio Justin) di recuperare vecchie interviste in cui l’ex artista di Danity Kane e Diddy-Dirty Money parlava bene di lui. Subito dopo chiama Kalenna Harper chiedendole una smentita immediata. I procuratori hanno definito questi episodi potenziale pressione sui testimoni; la difesa di Combs respinge.
«Can’t stop, won’t stop», amava ripetere Diddy per spiegare la sua etica del lavoro. Ma The Reckoning sembra essere per lui punto di non ritorno: il paradosso perfetto dell’era dell’auto-narrazione, in cui un artista che ha filmato ossessivamente se stesso finisce incastrato proprio (anche) da quel materiale. Ne esce un confronto serrato tra ciò che Combs voleva mostrare e quello che il mondo ha iniziato a vedere. Se i tribunali hanno già parlato, con l’assoluzione dalle accuse più gravi e la condanna a 50 mesi per trasporto a fini di prostituzione, qui si consuma un’altra inevitabile resa dei conti: quella tra Combs e la sua stessa immagine. E con le telecamere che, per la prima volta, non controlla più.














