Valeria Solarino: ‘Quando’ è adesso | Rolling Stone Italia
Diritti e rovesci

Valeria Solarino: ‘Quando’ è adesso

L’attrice è protagonista, nei panni di una suora, del nuovo film di Walter Veltroni. Un’occasione per parlare della nostra Storia recente, di diritti, di governi che (non) ci piacciono. E di quello che possiamo fare ora

Valeria Solarino: ‘Quando’ è adesso

Valeria Solarino in ‘Quando’ di Walter Veltroni

Foto: Vision Distribution

Valeria Solarino si è fatta suora. Ma, tranquilli, succede solo al cinema: l’attrice è stata folgorata sulla via di Roma – non altrove – da Walter Veltroni, che l’ha voluta nel suo nuovo film Quando, al cinema dal 30 marzo. Ruolo: quello di suor Giulia. Riepiloghiamo brevemente, e senza spoiler, la trama giusto per farvi capire come c’è finita, Solarino, in abiti monacali. Il protagonista del film è un ex 18enne di nome Giovanni (Neri Marcorè) caduto in coma nel 1984 durante i funerali di Berlinguer e risvegliatosi trent’anni dopo. Quando si ridesta, al suo capezzale non ritrova accanto né la madre, ormai andata via di testa a causa dell’età, né il padre, già passato a miglior vita, né tanto meno i suoi amici (poi capirete…). In compenso ha questa suora, che non ha mai smesso di vegliarlo e che adesso diventerà il suo mentore.

Sbaglio o è il tuo primo ruolo da suora?
Non sbagli e, onestamente, mai nella vita me lo sarei immaginato! La religione è un mondo che non mi appartiene, un po’ per educazione, un po’ per scelta, ed ero molto spaventata da questo ruolo. Avevo anche incontrato una suora per capire meglio il percorso che porta una persona ad abbracciare una scelta così drastica e radicale, ma alla fine della chiacchierata ero uscita con ancora molti dubbi.

Cosa non ti tornava?
Mi fermavo all’abito. Quello, insieme alle regole della vita consacrata, mi apparivano come una chiusura al mondo. Ho cercato quindi un’altra strada e mi sono concentrata più in generale sulle persone che aiutano gli altri: le associazioni di volontariato, e tutti i lavori che hanno a che fare con il sociale… Mi sono focalizzata sulla spinta che li anima e, a quel punto, ho capito che donarsi all’altro non era una chiusura: è un’apertura, un arricchimento vitale.

Valeria Solarino in ‘Quando’ di Walter Veltroni. Foto: Vision Distribution

Quando Giovanni si risveglia sono passati trent’anni e il mondo è radicalmente cambiato. L’impressione però è che non sia andata poi così bene. Non è che abbiamo dormito pure noi, in tutto questo tempo?
Eh, temo di sì. Giovanni almeno ha l’“alibi” del coma: è giustificato per aver dormito. La scena per me più straziante è quando Giovanni sfoglia, sul tablet, le pagine della Storia recente. A ogni immagine non puoi non chiederti come sia stato possibile, ma anche come sia possibile tutto questo ancora adesso. Una delle ultime foto immortala per esempio Carlo Giuliani per terra, in piazza Gaetano Alimonda a Genova: un evento che insieme agli episodi della Diaz rappresenta la sospensione dei diritti umani, ed è successo qui, in Italia, non in un Paese lontano. Un’altra immagine sono i migranti con il salvagente, sperduti in mezzo al Mediterraneo. Forse non ci saremo addormentati, ma di certo molti si girano dall’altra parte e chi cerca di denunciare i problemi viene attaccato.

Il Mediterraneo è ormai diventato un cimitero sott’acqua: è nascosto, ma esiste ed è sterminato. Per certi versi, simboleggia la nostra volontà di non voler vedere?
Sì, ed è per questo che le Ong sono importantissime: oltre a salvare vite, queste navi testimoniano quello che accade nelle nostre acque. Denunciano il numero delle persone scomparse o morte, ed è questo che fondamentalmente dà fastidio al governo. Il fatto che si continui a ripetere che delle persone muoiono in mare e che altre arrivano nel nostro Paese è un problema per la propaganda che hanno invece bisogno di fare. Per questo le Ong vengono ostacolate ed è aberrante.

Percepisco una tua spiccata simpatia per la Meloni e il governo in carica…
Questo è il peggio al quale potevamo aspirare, anzi, no: non scrivere così perché in realtà non c’è mai fine al peggio! (ride, nda) Diciamo che sicuramente l’attuale classe dirigente non mi rappresenta minimamente. Tuttavia questa politica sui migranti è stata promossa anche da molti altri in passato: penso per esempio a Minniti, che faceva parte di un governo di sinistra. Sono critica quindi su chiunque prenda posizioni del genere, indipendentemente dallo schieramento politico.

Oggi sembra che il riscatto della politica passi per le donne: sapremo davvero fare meglio?
Proprio perché credo profondamente nella parità tra i sessi, sono convinta che non basti essere uomo o donna per fare meglio. Non ne farei una questione di genere ma di competenza. Non nutro quindi una simpatia per Elly Schlein in quanto donna: mi piace perché dice delle cose nelle quali mi riconosco.

In questi trent’anni, qual è la conquista che abbiamo maggiormente sbagliato a rottamare?
Il senso di comunità. Ormai si è perso: oggi domina un forte individualismo, nessuno fa più parte di nulla e il senso civico è scomparso. Siamo una società governata dal profitto e dall’economia, per cui l’individuo conta nella misura in cui muove una quantità di denaro. Non è dunque più pensabile che esista un ideale perché comanda il denaro e, purtroppo, non c’è soluzione.

Valeria Solarino nel finale del film. Foto: Vision Distribution

Sei un tantino pessimista…
Il mio è realismo. Ti faccio un esempio pratico, senza citare il nome di quest’applicazione. Oggi è possibile comprare beni online, con un click. È comodo ed economico: io lo faccio spesso, come molti altri. Non penso mai che dietro a questo servizio c’è uno sfruttamento e un’azienda che non paga le tasse in Italia perché ha sede in Olanda o altrove, dove fattura. Se io ragionassi da cittadina che fa parte di un sistema e di una società non dovrei comprare mai nulla da loro. Invece…

Non c’è speranza di uscirne fuori?
L’aspetto comunitario sopravvive grazie ai cittadini di buon cuore, al volontariato e alle Ong. Però una società giusta non può reggersi sul volontariato.

Ok, ho ufficialmente l’ansia. Dimmi per favore almeno una conquista che abbiamo fatto, in questi trent’anni.
Be’, sicuramente tutta la parte dei diritti: il divorzio, l’aborto, tutte le varie conquiste sociali. Anche se…

Se?
Il diritto non è mai una conquista definitiva. Va sempre presidiato. Ce lo dimostra la Storia recente: penso all’aborto. Oggi esistono moltissime strutture piene di obiettori di coscienza dove l’interruzione della gravidanza è ostacolata o negata.

Be’, ma anche l’obiezione di coscienza è un diritto.
Non sono assolutamente d’accordo. Se fai il medico devi occuparti di tutto. Per capirci: è come se uno va dal macellaio e questo ti dice “Sono vegetariano”. Che cambi lavoro, no? Per come la vedo io, il medico che si occupa di quel settore deve fare tutto, anche l’aborto. Oppure si deve assicurare che nella struttura ci siano altrettante persone disposte a interrompere le gravidanze.

Veniamo a te. Ho letto che hai ripreso gli studi in Filosofia. A che punto sei?
Mi mancano tre esami alla laurea. Durante il lockdown ne ho dati un paio, ora sto procedendo un po’ a rilento per via dei molti impegni lavorativi.

Scusami, ma chi te l’ha fatto fare di tornare a studiare?
Ogni tanto me lo domando anch’io! Battuta a parte, durante la pandemia ho sentito il bisogno di qualcosa di bello e profondo, in un momento storico dove invece tutto è appiattito. Siamo bombardati da mille notizie ma ci si muove sempre e solo su un piano orizzontale, molto superficiale. La filosofia per me è questo: scendere in verticale, guardare in profondità il mondo.

Su quali temi senti che è più giusto battagliare?
Parlare di battaglie suonerebbe presuntuoso da parte mia. Io al massimo parlo con le persone e dico la mia sui social. Non so quanto serva: più che altro mi becco una marea di insulti. Alcuni mi dicono “Pensa a recitare!”, ma fare l’attore non vuole mica dire smettere di essere un cittadino. Comunque, in generale, mi stanno molto a cuore i diritti delle persone che vengono a cercare un futuro in Italia o in Europa.

In questi ultimi mesi, la tua categoria è spesso scesa in campo per dare battaglia. Ripercorriamo velocemente le varie rivendicazioni e per ognuna dimmi se sei d’accordo, in disaccordo o “X” (non rispondo).
Ok.

La prima: Netflix deve pagarvi di più.
È una questione di trasparenza, prima ancora che economica. Il Nuovo Imaie, che si occupa dei diritti degli attori, ha stipulato un accordo forfettario con le piattaforme streaming. L’associazione Artisti 7607, di cui faccio parte, vuole invece avere un rendiconto delle visualizzazioni dei prodotti per passare a un regime di retribuzione più equo, che sia proporzionale allo sfruttamento dell’immagine degli attori.

La seconda: gli americani non vi danno i ruoli che meritate quando vengono a girare in Italia. Ma basta essere italiani per reclamare un posto al sole?
Anche qui, il tema è complesso e delicato perché si parla di coproduzioni. Bisognerebbe verificare il modello di business e i singoli contratti che, se non erro, in linea generale prevedono che ciascun Paese produttore venga coinvolto con le sue maestranze e/o star. Dipende quindi dai casi. Certo, è strano che quando racconti una storia italiana, ispirata a fatti e personaggi realmente accaduti, i protagonisti principali siano tutti americani. Però se il regista ha scelto così…

Infine, il tema hot: le scene di sesso. Sarebbero gratuite ed eccessive. Che ne pensi?
Se la scena è utile al racconto, va bene. Quelle volte che invece mi sono resa conto che la sequenza era gratuita – ed è successo – l’ho fatto presente e ho chiesto di toglierla.

L’ho detto io che sei una battagliera. A proposito, dopo il film sulle arti marziali miste The Cage, hai lasciato la racchetta da tennis per il tatami?
No! Il film, che uscirà prossimamente in sala, è stata una esperienza stupenda ma le arti marziali non fanno per me. Continuo a giocare a tennis, uno sport che adoro perché ha una componente psicologica molto forte. Basta un pensiero, una piccola distrazione, e il colpo esce male.

Valeria Solarino con Marco Giallini in ‘Rocco Schiavone’. Foto: Rai

Altri progetti in arrivo?
Sono in tournée, nei teatri, con Perfetti sconosciuti, mentre in tv mi vedrete, dal 5 aprile, nelle nuove puntate di Rocco Schiavone.

Una serie che, come poche altre, affronta il doloroso tema del lutto.
Perdere una persona così vicina a te, come può essere una moglie, dev’essere un dolore straziante. Capisco quindi che ti possa bloccare, impedire di andare avanti. Io non ho mai provato un’esperienza del genere, ma ho sofferto molto quando mio nonno è morto. Aveva 100 anni, per cui la sua scomparsa è stata qualcosa di naturale ma non per questo meno dolorosa.

Lei crede in Dio?
No, sono atea.

Quindi come ha gestito il lutto?
Sono riuscita a superare il dolore, che era paralizzante, solo pensando a lui come a un ricordo dolce. Sono convinta che il dolore non scompaia nel tempo ed è giusto così: deve rimanere perché fa parte del ricordo. Però deve trasformarsi in qualcosa di positivo: un pensiero dolce che ti accompagnerà per sempre. Quindi, tornando a Schiavone, io credo che il protagonista non debba dimenticarsi della moglie: è giusto che il suo pensiero continui ad accompagnarlo nella vita senza bloccarlo, ma aprendolo verso direzioni persino più belle.