Valeria Bilello, la gentilezza è un atto punk | Rolling Stone Italia
Interviste

Valeria Bilello, la gentilezza è un atto punk

Con la protagonista di 'Aiuto! È Natale!', il Christmas movie di RS Productions, abbiamo parlato delle festività, della fama, delle sfide e delle urgenze morali di oggi. Ne è uscito un manuale di 'Psicologia Spicciola Secondo Valeria', come scherza lei

Foto: Mirko Morelli. Jumpsuit: Giorgio Armani. Shoes: Salvatore Ferragamo

Ci siamo. Siamo arrivati in quel periodo dell’anno dove ovunque ti giri c’è un vischio, o un Babbo Natale, o una cavolo di Jingle Bells sparata “a volume discoteca”. Da qui al 31 dicembre gli unici trend topic che vedremo saranno: #cenoni, #regali e il temibilissimo “Che fai a Capodanno?”. Sarà per questo se un po’ (anzi, no: tanto) abbiamo invidiato la famiglia protagonista di Aiuto! È Natale!, il film di Kristoph Tassin (prodotto da RS Productions e Paradox Studios Italia e distribuito da RS Productions) nelle sale dal 30 novembre. Loro, infatti, di Santa Claus e dei suoi elfi giocondi non vogliono nemmeno saperne. Per un trauma che non sveliamo (no spoiler, è la nostra promessa ora e per sempre), il protagonista Adam (Nathan Cooper) non intende festeggiare, tanto che costringe la moglie (Valeria Bilello) e i figli a fuggire dalla città e aprire i regali il 26 dicembre. La pellicola rientra nel filone delle storie natalizie per ragazzi: è una storia leggera, pensata per un pubblico di famiglie con bambini e sì, alla fine pure qui salta fuori Babbo Natale, anche se in una versione più moderna, grazie anche alla presenza del premio Oscar Richard Dreyfuss. Detto questo, la storia vanta però almeno due grandi meriti. Il primo, lo abbiamo detto, è di far compiere ai protagonisti quello che noi non possiamo fare. Il che è assai catartico. Il secondo è approfondire di più la questione “a Natale siamo tutti più buoni”. Qui infatti il vero tema non è tanto fare del bene al prossimo ma essere gentili: un valore incarnato dalla protagonista Valeria Bilello e che probabilmente è la vera, attuale urgenza morale. «Anche se forse oggi, tra social, polemiche e hater, la prima grande sfida è tornare a… essere intelligenti», aggiunge l’attrice ridendo.

Come darti torto…
Navigavamo già in pessime acque prima della pandemia, poi, quando è esploso il Covid, è emersa una cattiveria, per via delle costrizioni imposte per arginare il virus. Ormai la gentilezza è diventata un atto punk. Guarda, io quando vedo delle persone cortesi, e che lo sono in modo del tutto gratuito, quasi mi commuovo.

I gentili sono i nuovi panda?
Esatto!

Aiuto! È Natale! | Trailer Ufficiale

Com’è che ci siamo ridotti così? Cosa ci è successo, secondo te?
La verità è che gli esseri umani riescono a dare qualcosa all’altro solo quando sono a posto loro. Ah, scusami, una precisazione: questa è “Psicologia Spicciola Secondo Valeria”.

Va benissimo, procedi pure.
Ok, allora continuo. Se le persone si sentono mortificate, scoraggiate o private di qualcosa, scatta un sentimento brutale di rivalsa verso l’altro. Oppure sono così svuotate che non riescono comunque a offrire nulla. Ecco, oggi versiamo proprio in questa condizione: la vita è diventata dura e vale un po’ per tutti, non è una questione di classi sociali. Anche solo rispetto a qualche anno fa c’è molta meno spensieratezza e più solitudine. Incombe un senso di difficoltà che fa fatica ad andare via.

Nel film il tuo personaggio incarna, di fatto, il valore della gentilezza. Sei tu la vera star?
In realtà per me entrambi i genitori sono fighi, perché sono due giovani adulti che cercano di allevare al meglio i propri figli.

Adam però fa un discreto casino…
Ma ha una sua funzione. Attraverso di lui emerge molto bene come, anche da adulti, ci sia il rischio di trascinarsi dietro i traumi infantili/adolescenziali subiti da bambini. Se non ci si prende cura delle cose che da giovani ci hanno ferito, rischieremo poi di replicarle, un po’ come accade ad Adam nei confronti della figura paterna, che non c’era mai per Natale. Ho incontrato tanti adulti come lui e io stessa sono stata così, per certi aspetti. Sì, certo: anch’io ho dovuto fare i conti con il lato oscuro dell’adolescenza.

Esattamente in cosa consiste per te?
Quando ero ragazza la domenica, soprattutto d’inverno, era il giorno più brutto della settimana. Non vedevo l’ora di tornare a scuola. Col tempo ne ho capito le ragioni, ma tuttora con la domenica ho un rapporto controverso, o quantomeno di grande, grandissima malinconia.

Foto: Mirko Morelli. Jumpsuit: Giorgio Armani

Nel film Malcolm, ossia il bambino che viene eletto il più gentile del mondo, dice di ispirarsi a Babbo Natale perché “lui dona liberamente, senza fare domande a nessuno”. Oggi invece si tende a selezionare chi è degno di amore e rispetto: la gratuità, questa sconosciuta?
Sì, è come se oggi uno dovesse sottostare a una serie di prove prima di meritarsi di essere amato o diventare amico di qualcuno. Per fortuna non vale per tutti, però effettivamente questa dinamica ha preso piede. Inoltre c’è da dire che in età adulta è più complicato farsi nuovi amici: da studenti e da ragazzi è più facile ì, anche perché poi ti puoi giocare le building memories.

Che sarebbero?
Le esperienze condivise in gioventù funzionano da potente collante: con gli amici storici continui a intrattenere un rapporto anche se si creano pochi ricordi nuovi. Invece le conoscenze che partono da zero, in età adulta, sono più complesse: siamo tutti presi dalle nostre agende strapiene o dai vari problemi quotidiani. È davvero raro trovare un amico da grande.

A te è successo?
Qualcosa di buono c’è stato. Ho conosciuto nuove persone che sono ovviamente diverse dalle amicizie storiche: quelle che chiami e già ti metti a ridere solo da come dici “Ciao!”. Sono rapporti, diciamo così, un po’ più istituzionali: ci si incontra per pranzi e per cene e si chiacchiera della vita adulta. Non scatta mai il mitico: “Ma ti ricordi?”.

Invece come sei messa a spirito natalizio?
Mmm… diciamo che il 25 dicembre è un po’ come la domenica: è una festa che tira fuori il mio lato oscuro adolescenziale. Detto questo, c’è un lato buono di questa ricorrenza, che mi diverte molto: fare i regali. Sono bravissima a trovarli, raramente sbaglio il dono.

Be’, pure ricevere regali non è male.
Sì, ma farli mi diverte di più.

Sei di quelle che fanno l’albero già a ottobre?
Dipende. Alterno fasi in cui inizio molto presto ad altre dove nemmeno lo faccio.

Foto: Mirko Morelli. Suit: Giorgio Armani. Shoes A.Bocca

Ammettilo: quando lo fai, lo fotografi e lo posti sui social?
No, quello mai. Ma solo per un motivo: i miei alberi sono immancabilmente bruttarelli. Non so perché ma o si stortano, o una lampadina si fulmina, o in un secondo cadono tutti gli aghi… un disastro!

Tornando al film, in Aiuto! È Natale! la famiglia protagonista è tutto fuorché da Mulino Bianco e, a più riprese, si ribadisce che “l’amore non è semplice”. Una liberazione dai soliti cliché?
Assolutamente. Persino la pubblicità si è accorta che la famiglia del Mulino Bianco non esiste più e devo dire che alcune alternative, molto più moderne, sono vincenti secondo me. Oggi esistono famiglie allargate, arcobaleno, d’elezione… Quello che fa veramente la differenza è che in casa regni la serenità e che i genitori siano in grado di educare al rispetto verso l’altro.

È cambiata la famiglia ma anche la percezione che noi abbiamo di essa: molti hanno paura a sposarsi e mettere su casa. Si preferisce convivere finché dura, e si aspetta ad avere figli. Perché?
Credo sia un timore più dei trentenni, che della mia generazione. D’altronde la precarietà in cui versiamo non aiuta: già è difficile fare progetti per se stessi, figurati per te e qualcun altro. Inoltre il momento storico che viviamo è tale per cui chi vuole mettere al mondo un figlio si fa prima due domande… giustamente.

Tu te le sei fatte? E che risposta ti sei data?
Ci sto ancora pensando! (ride, nda)

La tua famiglia d’origine com’era?
Era tutto e il contrario di tutto: tradizionale e imprevedibile allo stesso tempo. Quest’estate ho letto il libro Niente di vero di Veronica Raimo e mi ha ricordato molto la mia infanzia.

Be’, però i tuoi devono essere stati di ampie vedute visto che ti hanno lasciato lavorare a MTV quando eri ancora giovanissima…
Un genitore lo era, l’altro meno! Non ti dico chi perché preferisco mantenere l’anonimato (ride, nda), però ti assicuro che è stato tutto fuorché “Che bello, vai!”. Uno dei due era contrario, l’altro no, inoltre non ho mai lasciato la scuola, quindi ho fatto un anno da privatista, poi ho dovuto recuperare… insomma, è stata abbastanza tosta. Non solo. Il genitore “oppositivo”, che peraltro di lavoro faceva l’insegnante, ha tuttora dei dubbi sul fatto che io possa svolgere questo mestiere: spera ancora che possa “redimermi” e optare per una professione più convenzionale! (ride, nda)

Quale esattamente?
Devo dire che io soffro della sindrome della dottoressa mancata. Tutte le mie amiche mi prendono in giro perché sono bravissima a fare diagnosi, prevedo cosa mio padre potrebbe avere prima ancora che arrivino le lastre. Conosco tutti i nomi delle medicine, delle malattie… e spesso ci azzecco.

Per gestire la pandemia, dovevano chiamare te, altro che Conte! A occhio saresti stata più brava.
Be’, non ci voleva molto a fare meglio… comunque sono preparatissima anche sulle Sars, perché nel 2019 a New York ho preso la febbre suina. Quindi so tutto.

Quando hai iniziato, sei partita da MTV per poi passare a All Music, che, diciamolo, non era proprio la stessa cosa. Col senno di poi, hai fatto bene o hai fatto male?
Bene! A All Music ho fatto un sacco di cose belle e mi hanno affidato le interviste e i programmi più importanti. Lì ho conosciuto una marea di gente, tra cui il mio primo compagno, Daniel.

A un certo punto, però, hai deciso di puntare solo sulla recitazione. Cosa ti stava stretto della conduzione?
Dopo All Music ho fatto tre cose: un corso di regia, il film di Salvatores (Happy Family, del 2010, nda) e il programma Nonsolomoda. Ecco, quando sono arrivata sui canali generalisti ho capito che quel modo di fare tv non mi piaceva. Anche se il programma era di nicchia, c’erano delle dinamiche legate agli ascolti che a MTV non esistevano. Così sono saltata sul treno di Salvatores per capire com’era il mondo del cinema, e da lì non mi sono più fermata. Nei film posso essere qualcun altro, pur usando delle corde profonde di me stessa. Questa cosa mi piaceva molto anche perché, crescendo, ho maturato un certo pudore: quando debuttai su MTV ero smaliziata ma poi, negli anni, ho sentito l’esigenza di tenere alcune cose per me. Non volevo per forza essere simpatica con le persone che stavano a casa e che nemmeno conoscevo.

Hai dichiarato: «Dopo tanti anni sono ancora un volto inedito. Quando la gente mi vede in un film dice “Ah, sì, certo, è lei!”, ma di fatto non mi associa mai a un prodotto mainstream, a un genere preciso o a un ruolo ricorrente». Ne vai ancora fiera?
Sì, secondo me è un vantaggio non essere mainstream perché in Italia, se lo sei, ti fanno fare qualsiasi cosa. Ed è un’arma a doppio taglio. Inoltre mi piace, nel lavoro come nella vita, stare appena sotto il pelo dell’acqua: in questo modo, se sbagli si nota di meno, ma soprattutto puoi permetterti di essere qualcun altro il mese seguente, nel prossimo film.

Guarda che c’è gente che pagherebbe per avere una fama planetaria. A te invece non interessa?
Per l’amor del cielo: no! La notorietà è complessa da gestire, soprattutto quando arriva presto. Nel mio piccolo, per esempio, mi ricordo gli anni di MTV…

Della serie: so cosa vuol dire e anche no, grazie?
Il lavoro ha delle conseguenze. È ovvio che anche adesso, se fai una serie di successo, per un anno la gente ti ferma per strada, ti riconosce. Però ì, a differenza dell’intrattenimento quotidiano, poi c’è una pausa: la riconoscibilità dura il tempo di quel successo, dopodiché se ne riparla alla prossima grande uscita. Se poi fai film per il cinema, vivi nell’anonimato quasi per anni! (ride, nda)

I lavori di cui vai più fiera?
Il film con Liam Neeson Made in Italy e, tra le serie, Sense8: è stato uno dei progetti più interessanti che abbia fatto. Non so se un’avventura del genere mi ricapiterà di nuovo.

Foto: Mirko Morelli. Suit: Giorgio Armani. Shoes A.Bocca

Perché?
La regista Lana Wachowski, che è la stessa di Matrix, è una visionaria. Bravissima. Poi c’erano questi aerei privati che ci portavano da una parte all’altra del mondo, per non parlare delle scene in elicottero: cose che adesso, al solo pensiero, dovrei prendere delle gocce di Xanax sotto la lingua. Ma sai qual è stata la roba più folle in assoluto? Giravamo per tutta la notte e subito dopo questi (la regista e gli altri, nda) partivano per farsi un rave di tre giorni! Pazzesco…

Sul set di Aiuto! È Natale! hai conosciuto anche Richard Dreyfuss: di lui che mi dici?
È meravigliosamente pazzo pure lui: non sai mai quando sta recitando e quando è invece se stesso. Sentirlo raccontare delle sue esperienze con George Lucas e Steven Spielberg è stato meraviglioso. E poi ho conosciuto sua moglie, Svetlana, che era felicissima di fare shopping in Italia. Il film è girato qui da noi. Onestamente, penso che Richard lo abbia girato perché la moglie voleva fare una vacanza in Italia! (ride, nda) Battute a parte, sicuramente ci teneva a interpretare Babbo Natale, ma diciamo che è stato 50 e 50. In parte ha detto sì per ragioni artistiche, in parte per Svetlana.

A proposito di compagni: tu sei stata con il chitarrista degli Interpol Daniel Kessler, l’attore Andrea Bosca e il giornalista Tommaso Labate. Chi dei tre è più rock?
Tommaso Labate.

Sii sincera: è una risposta politica solo perché state insieme?
Non amo parlare degli ex o delle persone assenti, però Daniel, con cui sono rimasta in ottimi rapporti, è una rockstar ma non così rock se, con questo termine, intendiamo la capacità di adattamento alle situazioni e alle persone. Tommaso dove lo metti sta: lo metti a parlare di politica in un circolo per anziani, vince; lo porti a una serata di gala, vince; lo metti con dei capi internazionali, vince. Ovunque lo porti lui si diverte.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Il prossimo anno uscirà l’opera prima di Lorenzo Borghini: un film drammatico, dal titolo Doppio passo. E sarò nel nuovo film di Fausto Brizzi, Da grandi, per poi calarmi nei panni di Elsa Schiaparelli nel docufilm a lei dedicato.

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