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Tessa Thompson, in ascolto

L’attrice di ‘Thor’ e ‘Westworld’, a Venezia 79 anche come giurata della sezione Orizzonti, è protagonista (insieme al suo vero cane!) di ‘The Listener’ di Steve Buscemi, colpo di fulmine delle Giornate degli Autori. L’abbiamo incontrata

Foto: Gianluca Minchillo

«Non ci ascoltiamo più gli uni con gli altri, nella vita quotidiana. Questo è un film sull’ascolto e su varie solitudini», racconta Steve Buscemi, regista di The Listener, scritto dall’italiano Alessandro Camon. Ambientato quasi in un’unica stanza, è tra i migliori film delle sezioni collaterali della Mostra di Venezia. Narra la storia di Beth, volontaria di una helpline telefonica che, causa pandemia, risponde da casa sua. Per una notte, fino alle prime luci dell’alba del giorno dopo, assistiamo e ascoltiamo il suo lavoro e le situazioni complesse, delicate e di dolore che affronta. A dare volto, corpo e voce a Beth è un’ottima Tessa Thompson, anche co-produttrice del film. L’unica altra presenza visibile in campo: il cane del personaggio, che è in realtà proprio il cane di Thompson. Gli altri attori coinvolti sono le voci telefoniche spesso registrate nella stanza accanto. L’abbiamo incontrata alla Mostra del cinema di Venezia, dove il film chiude le Giornate degli Autori e dove lei è stata anche invitata come giurata della sezione Orizzonti.

Per un’attrice abituata a set affollati, com’è stata l’esperienza “in solitaria” di The Listener?
Unica. All’epoca stavo girando la serie Westworld, però ci hanno dato una settimana di pausa. Il film di Steve lo abbiamo girato in sei giorni, proprio in quel periodo. È stato intenso: il mestiere dell’attore è fatto di “ascolto”, anche per questo un personaggio del genere resta dentro di te.

Beth però non è del tutto sola in scena, c’è… il cane.
Sì, il mio vero cane Coltrane! Nella sceneggiatura originale l’animale domestico di Beth era un gatto. Steve mi stava mostrando diverse foto di gatti, chiedendomi cosa ne pensassi, e ha notato il mio cane spaparanzato sul divano. Di solito si dice che la personalità di chi ha un gatto è molto diversa da quella di uno che possiede un cane, e il mio personaggio era stato scritto “con gatto”. Il mio cane però è un tipo molto sensibile (ride, nda)! È il suo primo film, è piuttosto timido. All’inizio ero preoccupata che le macchine da presa potessero spaventarlo, ma non è accaduto. Mi ha aiutata a farmi sentire a casa.

Tessa Thompson in ‘The Listener’ di Steve Buscemi. Foto: Giornate degli Autori

Per preparare il personaggio hai incontrato vere volontarie di linee telefoniche di aiuto?
Più che vere volontarie ho telefonato a molte di loro. Ho davvero chiamato diverse helpline telefoniche. È l’aspetto che mi ha aiutata di più a entrare in Beth. Non sapevo se fingermi qualcun altro, inventarmi storie, poi ho preferito raccontare loro cose non inventate e personali. Quel genere di ricerca mi ha destabilizzato, perché ero partita con intenti antropologici e invece ho scoperto profondità umane e di reale ascolto e comprensione, che mi hanno detto molto di me…

Beth svolge questa attività come volontaria?
La maggior parte degli operatori delle helpline telefoniche è composta da volontari. Molti di loro hanno davvero subìto esperienze traumatiche in passato. Poi ho seguito dei corsi di formazione: sono straordinari. A volte ti dicono qualcosa di loro, ma sono lì soprattutto per ascoltare.

Non credi che la pratica dell’ascolto dell’altro stia venendo meno nella società contemporanea?
Purtroppo penso di sì. Vorrei pensarla diversamente, ma è una società in cui siamo annientati da un eccesso di comunicazione fasulla a scapito di vere interazioni fra le persone. Abbiamo perso attenzione, interesse e perfino curiosità verso gli altri.

Che tipo è Steve Buscemi?
Sono sempre stata una sua grande fan. È un attore che ascolta gli attori. In questi giorni di Mostra sono stata spesso in giro insieme a lui, ed è impressionante vederlo interagire con chiunque lo fermi. È una vera fonte d’ispirazione per tante persone. Quando mi ha contattato per parlarmi del progetto ho pensato fosse un film difficile, ma a cui non potevo non prendere parte. Per me Steve era e rimane una leggenda (sorride, nda). Sono passata dalla narrazione di non umanità e robot di Westworld all’universo di una persona che ascolta il dolore degli altri e convive con il proprio.

Un’ultima curiosità: com’è stato il primo giorno di riprese per Coltrane?
Facile, perché doveva stare acciambellato sul divano, la cosa che gli riesce meglio! Potremmo dire che si è preparato una vita intera per quel ruolo (ride, nda). Tutta la troupe e le persone coinvolte sul set lo hanno riempito di regali e merchandising da film famosissimi…

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