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Suzanna Son, just her imagination

Ha rubato la scena a Charlie Hunnam (e a noi il cuore) in 'Monster , La storia di Ed Gein', e ora si prepara a un debutto musicale. Abbiamo chiacchierato con lei, facendoci trasportare nel suo mondo
Suzanna Son

Foto: Jameson Baldwin

Non bisogna esitare per indicare il trio di giovani attrici che, a Hollywood, si sono prese tutto: Zendaya, Margaret Qualley e Sydney Sweeney. Tuttavia c’è un altro trio, classe 1995, pronto a rubare l’inquadratura alle colleghe: Rachel Sennott, Ayo Edebiri e Suzanna Son. Noi oggi parliamo di e con quest’ultima, che oltre che attrice è pure cantante, e che ci auguriamo diventi il prossimo grande nome dello showbiz. Due film e due serie tv all’attivo, un album in uscita. Pochi lavori? No, il preludio a un grande salto, semmai.

La tagline di Taxi Driver recita: “In ogni strada di questo Paese c’è un nessuno che sogna di diventare qualcuno”. D’accordo, prendere Travis Bickle come esempio può non sembrare la scelta migliore, ma le parole calzano a pennello. Nel 2018, a Los Angeles, fuori da un cinema, dopo la proiezione di Don’t Worry di Gus Van Sant, il regista futuro premio Oscar Sean Baker ferma una ragazza e le chiede se è interessata a girare un film. Un classico di LA: può cambiare tutto in un istante.

Tuttavia, la traduzione di quell’istante in fatti concreti ha richiesto del tempo. Due anni dopo, il regista di Anora torna finalmente a farsi vivo con Red Rocket, perfetto esordio cinematografico per Suzanna Son, visto che riesce a mostrare anche le sue abilità musicali con una bellissima cover di Bye Bye Bye degli NSYNC.

Seguono quindi alcuni episodi in The Idol, controversa serie tv HBO di e con The Weeknd, a cui Son collabora anche con tre tracce per la colonna sonora. E arriviamo così al cambio di marcia di quest’anno con due titoli firmati Netflix. Prima Fear Street: Prom Queen, piacevole slasher movie ambientato negli anni Ottanta (ma il principale motivo per vederlo è proprio lei), poi il ruolo di Adeline Watkins in Monster – La storia di Ed Gein.

Chi la segue sui social da tanto, come me, conosce bene anche le sue doti di cantante. Performance brevi e intense ci hanno fatto capire che la sua non era una passione, ma una necessità artistica e terapeutica. E quest’anno le cose sono state fatte proprio per bene anche su questo fronte. Sono infatti usciti Ana, Coraline, Pockets Full of Posey e Apology No. 5, i primi singoli del suo album di debutto, previsto per il 2026.

Eccoci qui, dunque, insieme a Suzanna. Spirito caleidoscopico e tormentato, mai banale né artefatto: una scheggia impazzita piena di emozioni e irriverenza.

Foto: Jameson Baldwin

Megan in Fear Street: Prom Queen, Chloe in The Idol, Strawberry in Red Rocket e Adeline Watkins in Monster. Quattro ruoli – che potrebbero sembrare pochi – che sei riuscita a rendere peculiari. Considerando anche ciò che vediamo sui tuoi social, sembra che ci sia molto di te in questi personaggi. Quale ruolo ti senti più vicino? E quale ti sei divertita di più a interpretare?
Strawberry di Red Rocket è sicuramente il personaggio che più si avvicina a una versione passata di me. La storia che Sean ha raccontato era molto vicina a ciò che stavo vivendo nei miei primi vent’anni, quindi era impossibile non attingere a quella parte della mia vita. In lei c’è un’ingenuità che riconosco subito, quasi come vedere un vecchio diario prendere vita. Adeline invece è stata la più divertente da interpretare. Adoro muovermi tra oscurità e umorismo (non a caso Suzanna è nata il 31 ottobre, nda).

Un album in uscita e un ruolo importante in una serie tv di alto profilo lo scorso ottobre. Sembra davvero che tu stia per fare un grande passo. Cosa ti aspetta adesso? Puoi darci un indizio?
Mi piacerebbe moltissimo fare un musical, prima o poi. L’idea mi entusiasma e allo stesso tempo mi terrorizza, il che di solito è un segnale che dovrei proprio provarci. Non so mai davvero per cosa sono “giusta” finché non ci entro, quindi cerco di non rinchiudermi in schemi predefiniti. Quanto al futuro… sto semplicemente cercando di seguire le cose che mi spaventano, nel modo migliore. Non so se mi spiego. Voglio continuare a crescere, a sorprendermi e a scegliere progetti che mi facciano sentire fuori dalla mia comfort zone. È lì che avviene tutta la crescita.

Foto: Jameson Baldwin

Dopo il tuo primo incontro con Sean Baker sono passati due anni prima che tornasse da te per Red Rocket. In quel periodo hai mai pensato di rinunciare?
A dire la verità, in quei due anni non stavo inseguendo la recitazione in senso tradizionale. Non correvo da un provino all’altro e non passavo il tempo a fare self tape. Stavo semplicemente vivendo la mia vita, che con il senno di poi era molto in stile Red Rocket. Quindi non c’era davvero niente a cui rinunciare, perché il percorso non era ancora iniziato. Però non ho mai mollato una piccolissima scintilla di speranza: che Sean potesse farsi vivo. Continuavo a dirmi: “Se quella mail arriva, devi essere pronta”. Così, anche mentre la mia vita era incasinata e molto reale, c’era una parte segreta di me che restava vigile. Per questo a chi sta inseguendo i propri sogni ma si sente bloccato dico: a volte stai facendo il lavoro di base senza accorgertene. A volte vivere, vivere davvero, è ciò che ti prepara. Non devi essere perfetto, impeccabile o sempre in movimento. Resta aperto, pieno di speranza, e fidati: il momento giusto può trovarti anche nei tuoi momenti più inaspettati.

Da dove è arrivata l’ispirazione per il tuo nuovo album?
L’album nasce dagli anni che ho trascorso soprattutto dentro la mia immaginazione. Sono sempre stata una persona molto introspettiva, quindi molte di queste canzoni somigliano all’aprire la porta di una casa in cui ho abitato per tutta la vita. È il mio primo disco e in un certo senso è solo l’inizio: sto appena sfiorando tutto ciò che vorrei esplorare. Sento che questo lavoro è davvero il capitolo di apertura.

Se dovessi descriverti con un piatto e una bevanda, quali sarebbero?
Cereali all’orario sbagliato. Tè caldo e uno shot di tequila.

Foto: Jameson Baldwin

Sei sia cantante che attrice. Una cosa non esclude l’altra, anzi, artisti leggendari come Frank Sinatra, Cher e più recentemente Lady Gaga lo dimostrano. Nel tuo lavoro, uno dei due ambiti è più importante? Interagiscono tra loro o li tieni separati?
Adoro quando le due cose si intrecciano, ma non deve mai essere una forzatura. La recitazione influenza assolutamente il mio songwriting: prendo le emozioni che ho dovuto tirare fuori sul set e poi torno a casa a scrivere per liberarle. È quasi come riciclare le emozioni della giornata trasformandole in qualcosa che appartiene a me.

Quale momento è stato più emozionante per te: essere sul palco al concerto di The Weeknd nel 2023 o scoprire che avresti fatto parte del cast di Monster?
Ero sicuramente più felice di essere stata scelta per Monster. A quel punto avevo molta più sicurezza in me stessa. Lo show di The Weeknd è stato incredibile, ma a dire la verità ero troppo spaventata per riuscire a godermelo appieno.

Un film e una canzone che ti fanno stare bene sempre, ti ispirano, non invecchiano mai, qualcosa che ami così tanto che nessuno può criticare.
Matilda 6 mitica è sempre stato un comfort movie per me, nostalgico e malinconico nei modi migliori. Casimir Pulaski Day di Sufjan Stevens non invecchia mai: mi colpisce ogni volta. Questi due titoli, per me, sono intoccabili.

Foto: Jameson Baldwin

Chi sono i tuoi modelli nel mondo del cinema e della musica?
Nel cinema, persone come Helena Bonham Carter, Winona Ryder e Lily Gladstone: ognuna ha un’anima unica sullo schermo. Nella musica, mi ispiro a chi scrive d’istinto, quindi Mitski, Dijon e Cat Power.

Dopo Red Rocket, hai mai temuto di essere incasellata in un certo tipo di ruolo?
Non avevo paura del tipo di ruolo in sé. La mia vera paura era che Red Rocket restasse l’unica occasione in cui qualcuno avrebbe deciso di scommettere su di me.

C’è un film in cui a volte ti immagini nel ruolo da protagonista? Io ti vedrei bene al posto di Emma Stone in La La Land.
Onestamente… no. Non mi immagino nei ruoli degli altri. Parte del divertimento, per me, sta nel vedere cos’hanno fatto con quei personaggi: questo mi ispira, più che l’idea di sostituirmi a loro. Se devo immaginare qualcosa, sono ruoli che ancora non esistono: qualcosa di un po’ strano che alla fine si adatta a me in modi imprevedibili.

Foto: Jameson Baldwin

Il tuo ultimo singolo, Apology No. 5, continua lo stile dei tuoi lavori precedenti: la tua voce guida un percorso musicale delicato, con alti e bassi, accompagnata da chitarra classica o pianoforte. Ascoltando le tue canzoni, ho notato un’altra cosa che hanno tutte in comune: i testi parlano di dolore, rimpianto e momenti difficili. Queste emozioni sono il carburante principale della tua creatività?
Sicuramente sono una parte importante, ma non l’unica. Trovo più facile mettere in parole le emozioni più forti: sono i sentimenti più complessi quelli che chiedono di essere scritti. Non scrivo però per restare nel dolore: scrivo per capirlo o per lasciarlo andare. Quando la canzone prende forma, quel sentimento si è di solito già trasformato in qualcos’altro.

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