Ronn Moss: «Io a Sanremo? Mai dire mai» | Rolling Stone Italia
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Ronn Moss: «Io a Sanremo? Mai dire mai»

L’ex Ridge Forrester racconta il nuovo album 'Sunrise Trip Love', ci parla di Sanremo, del suo rapporto con l'Italia e di 'Beautiful': «Per me era intrattenimento, non lo vedo come un grande fenomeno culturale»

Ronn Moss: «Io a Sanremo? Mai dire mai»

Ronn Moss

Foto: Harry Langdon/Getty Images

Tutti lo conosciamo per il ruolo del celeberrimo Ridge Forrester nella soap opera dei record Beautiful, ma Ronn Moss quella fase della vita l’ha già archiviata. Ora l’ex bassista dei Player – che incisero il successo internazionale Baby Come Back – ha deciso di darsi alla musica a tempo pieno. L’incontro col produttore Tiziano Cavaliere è stata la chiave di volta per realizzare l’album Sunrise Trip Love. Ne parliamo col diretto interessato che ha un atteggiamento serafico, un po’ da guru.

Che significato ha, per te, la musica?
Per me la musica è una questione di vibrazioni. Ogni cosa, nell’universo, produce delle vibrazioni e delle particolari frequenze. La musica è l’insieme di queste vibrazioni e frequenze che portano alla felicità e influiscono positivamente sulla psicologia delle persone. La musica parla a ogni parte del nostro corpo.

Quali sono state le tue ispirazioni?
La mia musica prende ispirazione dai classici e dal jazz, ma anche dal rock’n’roll. Le band e i cantanti che hanno influenzato la mia persona. Insomma, la lista è lunga, ma se devo farti un nome ti dico i Beatles. Loro sono tra le persone che mi hanno portato a voler diventare un musicista.

Tra le tante tematiche del disco ci sono anche i soldi e la politica. Che mi dici a riguardo?
La politica è molto importante per capire quello che fanno o non fanno i governi. Le persone devono stare attente: noi abbiamo il potere di decidere chi mettere o no come rappresentanti di uno Stato.

Questo lato politica. E lato soldi?
Per me i soldi sono come l’acqua: entrano ed escono. I soldi sono solo energia.

La title track racconta la tua storia?
Una piccola parte. Per la mia storia dovrei scrivere dei libri, forse un giorno dovrò trovare il tempo per farlo. Questa canzone parla di intensità emotiva. Mi sono detto che non posso fare qualcosa solo un po’, il che significa farlo solamente al massimo. Ma già parlarne significa molto.

Il brano che ti rappresenta di più?
Non posso dirtelo: è tutto diverso, ma non è totalmente una rappresentazione di me.

E cos’è allora?
È la rappresentazione delle energie che scorrono attraverso di me. Quindi non ho intenzione di possedere tutti i flussi creativi, a volte arrivano semplicemente da un’altra dimensione: sono il mezzo con cui questa poetica esce fuori. A volte è intenzionale, a volte mi appaiono le canzoni in sogno. Mi sveglio e scrivo il testo, così come la musica. È la parte intangibile e inesplicabile di questo lavoro.

Nell’album c’è il pezzo Io che amo solo te di Sergio Endrigo. Conosci la musica italiana quindi… ma perché scegliere proprio questa canzone?
Ascolto random e sporadicamente la musica di Sergio Endrigo, Lucio Battisti, Lucio Dalla e, recentemente, Vasco Rossi, che mi ha molto appassionato. Le melodie italiane mi catturano e mi diverte suonare in Italia. Ho scelto Io che amo solo te perché il motivo mi ha rapito. E sono contento di averlo fatto.

Io Che Amo Solo Te

Tra le nuove leve ti piace qualcuno?
Non li conosco. È un processo lungo.

È vero che vorresti suonare con Vasco Rossi?
È più che altro un sogno, ma quando si sogna bisogna farlo in grande.

Al Festival di Sanremo ci andresti?
In passato mi è stato proposto un paio di volte, ma non ero disponibile. Mi hanno chiesto di partecipare, ma non era il momento giusto perché impegnato in altri progetti. È una possibilità, mai dire mai.

Facciamo un passo indietro: il più bel ricordo e quello più brutto legato alla tua militanza nei Players?
Suonare per 250mila persone come opening act di Eric Clapton è il ricordo più bello. C’era una bellissima energia e non mi ero mai esibito davanti a tanta gente. Il ricordo più brutto è quando ci siamo lasciati. È stato come un divorzio.

Cosa ti ha dato Beautiful?
Mi ha dato la possibilità di conoscere tanti Paesi, di viaggiare e vedere e conoscere tante persone meravigliose che sono i fan che seguono la soap.

Cosa ti ha tolto?
Il tempo. Gran parte delle mie giornate erano dedicate alla serie. È stata una mia scelta, ma tutto quello che fai ha sempre un prezzo da pagare. Questo è stato il mio.

Pentito di aver lasciato la soap?
Assolutamente no. L’ho lasciata più tardi di quando avrei realmente voluto, ma alla fine la mia uscita è coincisa con tante opportunità che mi ha dato l’universo.

Cosa rappresenta Beautiful come fenomeno culturale?
Non posso rispondere, non sono la persona adatta. Per me era solo intrattenimento, una distrazione dai problemi. Gli spettatori trovano uno svago, ma non lo vedo come un grande fenomeno culturale. Mi ha solo dato bei ricordi e fatto conoscere belle persone.

Come musicista hai pagato il prezzo di fare una soap?
No. Ognuno si può esprimere come vuole. Io ho il cappello dell’attore ma anche quello del musicista e del produttore. Ho solo lavorato di più per far vedere che sono anche un cantante.

Motivo?
In molti Paesi mi conoscevano solo come attore. Spero che le persone che vedono Beautiful amino i miei brani.

Ora che farai?
Un tour per l’Italia e poi Finlandia, Bulgaria, Malta e spero anche il Regno Unito, a Londra.

Cosa rappresenta per te l’Italia?
Un Paese che ha creato una simpatia e un grande amore negli anni. C’è una connessione, gli italiani mi hanno accettato nelle loro famiglie per tanti anni e provo una grande gratitudine. Questo album è un ringraziamento per chi ha visto Beautiful, con l’augurio che siano interessati a questo nuovo lato di me.

Oggi come ti senti?
Lo stesso di quando ero un bimbo, una persona che ama questa parte della sua vita, perché le persone che vengono al mio concerto per vedere Ridge escono avendo conosciuto Ronn.

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