‘Oppenheimer’, ovvero: come Christopher Nolan ha imparato ad amare la bomba | Rolling Stone Italia
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‘Oppenheimer’, ovvero: come Christopher Nolan ha imparato ad amare la bomba

Poche ore prima dell’annuncio dello sciopero degli attori, abbiamo incontrato gli interpreti di uno dei titoli più attesi dell’anno: Cillian Murphy, Robert Downey Jr., Matt Damon e Emily Blunt. E ovviamente il regista-demiurgo di questo biopic colossale

‘Oppenheimer’, ovvero: come Christopher Nolan ha imparato ad amare la bomba

Robert Downey Jr. è Lewis Strauss in ‘Oppenheimer’ di Christopher Nolan

Foto: Universal Pictures

Gli ultimi saranno i primi, ma non in questo caso. Nel senso che gli ultimi sono gli ultimi, e parlo degli spettatori italiani che hanno dovuto aspettare oltre un mese per poter godere dell’ultimo spettacolare film di Christopher Nolan. Oppenheimer, nelle nostre sale dal 23 agosto (negli USA è uscito il 20 luglio scorso), è la solita opera intimista, girata in tre camere e cucina, dal budget indipendente e con attori esordienti di belle speranze, un prodotto tipicamente nello stile del regista britannico. Si fa per scherzare, naturalmente, perché il buon Nolan non ci riesce, a fare una cosa piccola piccola. Oppenheimer è un biopic, ma dell’uomo che ha inventato la bomba atomica o, meglio, che ha messo insieme il gruppo di scienziati provenienti da tutto il mondo che ha portato alla realizzazione del primo ordigno nucleare della Storia. Strutturato su due diversi piani temporali e altrettanti punti di vista, quello del protagonista e della sua nemesi Lewis Strauss, senatore che ordì il complotto contro di lui per screditarlo agli occhi del governo americano e del mondo intero.

Il film racconta anche i turbamenti e le ombre, più che le luci, di un uomo che verrà ricordato per l’eternità come un portatore di morte, ma che in realtà ha passato tutta la vita successiva al Progetto Manhattan e alle stragi di Hiroshima e Nagasaki a battersi per una regolamentazione dell’arsenale militare tra i blocchi. Tratto dalla poderosa biografia dal titolo American Prometheus di Kai Bird e Martin J. Sherwin (in italiano uscito come Oppenheimer – Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica), il film può contare su un cast stratosferico, con Cillian Murphy nei panni di Robert J. Oppenheimer, Emily Blunt e Florence Pugh le sue consorti, Robert Downey Jr. l’acerrimo nemico e Matt Damon che tratteggia mirabilmente il generale Leslie Groves, che scelse Oppy per dirigere il programma segreto.

Proprio l’eterno sodale di Ben Affleck ci ha detto che Oppenheimer è stata l’unica deroga che ha potuto concedere a una promessa fatta alla moglie, quando lo abbiamo incontrato insieme al resto del cast un paio di giorni prima l’inizio dello sciopero degli attori. «Le avevo promesso, di fronte alla nostra terapista, che avrei rallentato e mi sarei preso del quality time da passare con la famiglia. Avevo posto solo una variabile, nel caso avesse chiamato Chris per offrirmi una parte in un suo film. La terapista aveva chiesto quante probabilità ci fossero perché potesse accadere, e io le ho risposto poche, anche se con Chris non si può mai sapere, di solito appare dal nulla. E così è successo, io ero entusiasta e anche mia moglie, a dire il vero».

Altrettanto felice della telefonata è stato Robert Downey Jr., che a dire il vero era piuttosto preoccupato. «C’era stata la possibilità di poter lavorare con lui ai tempi della trilogia di Batman, ma come puoi immaginare la cosa non era fattibile per varie ragioni. Quindi, oltre a vivere come tutti sotto la minaccia continua di un’apocalisse nucleare, ho vissuto per molti anni con il cupo presagio che non sarei mai stato chiamato da Chris Nolan. E invece eccomi qui, con la fortuna oltretutto di avere lavorato con persone con cui volevo dividere una storia da molto tempo. È stata una grande avventura».

Il deus ex machina di tutto questo è l’uomo che ha piegato i sogni al suo volere, così come lo spazio-tempo e l’energia nella sua forma più pura. Dopo Tenet, che è stata una cocente delusioni per molti, Nolan è tornato a interessarsi alla Seconda guerra mondiale, ma dalla spiaggia di Dunkirk si è spostato nel deserto del New Mexico, per indagare su un’anima divisa in due, tra scienza e potere. «La vita di Oppenheimer ha un’enorme portata drammatica, per questo ho scelto un punto di vista soggettivo, sono entrato nella sua psiche e ho guardato gli eventi attraverso i suoi occhi, cercando di capire cosa lo guidasse piuttosto che giudicarne le azioni. Parliamo di un uomo che si è trovato ad affrontare dilemmi etici di portata inimmaginabile e senza avere realmente una scelta, l’alternativa era l’atomica in mano ai nazisti. Mi sono fatto guidare dalla Storia per fare cinema al meglio, senza rispondere a quesiti morali o puntando il dito, ma abbracciando persone con difetti molto umani».

Cillian Murphy e, sullo sfondo, Emily Blunt in una scena del film. Foto: Universal Pictures

L’uomo scelto per interpretare questo controverso personaggio è Cillian Murphy, che con Nolan aveva già recitato in precedenza, «ma questa volta la mia presenza sullo schermo è decisamente maggiore rispetto alle precedenti occasioni. Come diceva Matt, la proposta è arrivata all’improvviso, come sempre con Chris. Ma questa volta ero quasi sotto shock. Poi Chris è venuto in Irlanda per farmi leggere la sceneggiatura. Quando l’ho finita ho pensato che fosse uno dei copioni più belli che avessi mai letto». Entusiasmo manifestato anche da Emily Blunt, che nel film interpreta la seconda moglie di Oppenheimer, Kitty, inglesissima come il regista e quindi ancora più conscia di quanto il set sia stato davvero speciale. «Basta vedere gli attori che hanno lavorato in questo film per capire la portata di quello in cui sono stata coinvolta. Chris è un regista ambizioso ed esserne consapevoli è inebriante, e questo tratto aumentava il mio desiderio d’incontrarlo, oltre alla sceneggiatura, bellissima, calda, emotiva: non si trattava di un biopic, ma di un horror-thriller. Sapevo che stavo per essere parte di qualcosa di raro».

Tutti entusiasti quindi, e d’altronde, pur con alcuni difetti ormai atavici del cinema di Nolan, a partire dalla martellante colonna sonora presente per 170 dei 180 minuti del film (bravissimo Ludwig Göransson, ma anche meno) per approdare poi alle complicate costruzioni narrative non sempre proprio necessarie, Oppenheimer è forse il primo film di Nolan destinato a durare nel tempo, ben più di Dunkirk e di Inception. Merito di una cosa che in entrambi i casi non c’era, ovvero un reale sentire emotivo, proprio come ha sottolineato la bravissima Emily Blunt; sentire emotivo a cui si era concesso solo in The Prestige, da molti considerato un film minore, in realtà il suo più compiuto sotto tutti i punti di vista.

Oppenheimer arriva in Italia sull’onda di un clamoroso successo commerciale, e questo non può che fare bene anche qui, non c’è migliore pubblicità di un biglietto staccato. E in questo mondo folle, un film che parla di quanto l’ambizione e la follia degli umani finisca con il generare l’annichilimento della stessa razza umana è quanto mai attuale e utile. Non cambierà niente, ma almeno ci si ferma a riflettere per qualche ora su cosa abbiamo rischiato negli ultimi 75 anni, e sul fatto che ancora continueremo a vivere sapendo che in fondo è ogni giorno un colpo di fortuna.