Olivier Assayas: «Hollywood non mi avrai e che noia l’indie rock!» | Rolling Stone Italia
Interviste

Olivier Assayas: «Hollywood non mi avrai!»

Il suo ‘Personal Shopper’ è appena arrivato nelle sale e noi ne abbiamo approfittato per incontrare il regista più ricercato di Hollywood

Kristen Stewart in Personal Shopper. Copyright Carole Bethuel

Kristen Stewart in Personal Shopper. Copyright Carole Bethuel

Il cinema è un luogo fisico, mentale, onirico, sensuale. Lo sa bene Olivier Assayas che percorre generi e ispirazioni alternando un’eleganza eterea nei movimenti di macchina e una potenza narrativa e visiva rara. Lo sa bene anche quando sperimenta con la musica sulle sue immagini, creando una sorta di jazz audiovisivo che riesce a lui e pochi altri. Ecco, di questo jazz emozionale Personal Shopper è un esempio brillante, coraggioso, diverso. Storia di fantasmi ma anche di una giovane donna che deve ritrovare se stessa, di uno smartphone che diventa il veicolo di una relazione pericolosa e di una danza di corpi e capi d’alta moda: al centro l’arte di un regista raffinato e pop e una Kristen Stewart mai così brava, bella, libera.

Ne parliamo sul retro del cinema Nuovo Sacher, in una chiacchierata sotto il sole di Trastevere, dove, come direbbe lui “la linea tra visibile e invisibile è più difficile da vedere”.

Personal Shopper è uno strano oggetto cinematografico. Come nasce?
Come spesso mi accade, questo film è nato come un progetto sperimentale, non definito e definibile. Sapevo dall’inizio che si sarebbe incentrato su una sola protagonista, con personaggi periferici a giostrargli intorno, che avrebbe avuto come nucleo narrativo qualcosa di astratto, quella sottile linea di comunicazione tra il visibile e l’invisibile, la tensione tra la nostra vita materiale e quella dell’immaginazione. Tutto attraversato dalla tecnologia degli smartphone per capire come possa penetrare nelle nostre vite. Fino alla fine ho pensato che potesse durare 40 minuti, che fosse un corto o mediometraggio. Solo quando è finito in mano a Kristen Stewart tutto è cambiato e abbiamo capito insieme che poteva essere un film più classico. Si fa per dire.

Visibile, invisibile, immaginazione, realtà. Praticamente il cinema?
Non è il cinema, è la vita. Siamo tutti dipendenti dalla tensione tra il mondo fisico e quello della nostra immaginazione, spesso più reale di quello che percepiamo con i sensi. Il cinema è un modo di esplorare la percezione, un qualcosa di complesso da vivere e percorrere che spesso trova in un’arte come questa uno strumento d’analisi perfetto, profondo.

Kristen Stewart in Personal Shopper. Copyright Carole Bethuel

Kristen Stewart in Personal Shopper. Copyright Carole Bethuel

Lo sa vero che con lei, in due film, la star Kristen Stewart diventa umile e piuttosto vessata assistente di stelle del cinema? Cos’è, un contrappasso per punirla per aver fatto Twilight?
Non è un caso. E’ un elemento fondamentale del nostro rapporto, anche se l’ho capito solo ora. E’ chiarissimo che in questo film io e Kristen sanciamo quanto sia fondamentale lei e non la star, che rimane nel film, ma da qualche parte, nascosta. Lei è più leggera, liberata dal peso della fama, il suo corpo è libero. Ne aveva bisogno e a me interessava solo ciò che c’era dentro di lei, non la sovrastruttura dello show business che gli si è cucita addosso in questi anni. Mi interessava lei, chi era, esplorare Kristen e lo ha sentito, si è liberata. Da qui è sorta, secondo me, anche una forma di frustrazione, perché era tanto tempo che desiderava uscire da ciò che gli altri vedevano e forse neanche lei lo sapeva davvero.

Si è creato un rapporto potente fra voi due. Non l’abbiamo mai vista così. E soprattutto com’è riuscito a insegnarle ad andare in motorino a Parigi? Era una controfigura?
Altro che controfigura, a Parigi è lei che guida lo scooter. Un’ora di training e il giorno dopo stavamo già girando quelle scene, è un portento anche in quello (in verità fa sbandate paurose – ndr). Kristen è come una ballerina, ha una consapevolezza del proprio corpo straordinaria, emozionante. Anche nello stappare una bottiglia o nell’aprire o nel chiudere una porta, lei inventa un movimento, un modo di farlo che coinvolge immediatamente lo spettatore, che ne cattura l’attenzione. Solo in un’altra attrice ho trovato una tale intelligenza in scena, una così grande capacità di essere coscienti del proprio corpo nell’inquadratura: Asia Argento.

Kristen è come una ballerina, ha una consapevolezza del proprio corpo straordinaria, emozionante

L’impressione è che questo film rappresenti una piccola rivoluzione nel suo cinema. E’ così?
Io ho la necessità fisica ed emotiva che il vento e la sintassi dei miei film siano sempre qualcosa di diverso, di altro. Qui, ad esempio, è lo spazio mentale individuale su cui si concentra la mia opera, un sentiero che ho sperimentato poco in precedenza e che di fatto ha riscritto anche la mia normale relazione con gli attori. Per me Kristen è una coautrice di Personal Shopper a tutti gli effetti, senza di lei non sarebbe stato lo stesso. Forse non l’avrei neanche fatto.

L’impressione è che sia cambiato anche il suo rapporto con la musica
Ho sempre utilizzato molto indie rock nei miei film, perché rappresentava sperimentazione e novità, vibrazioni diverse. Ma ora è ovunque: è nell’ascensore come nell’aereo che decolla e atterra, persino nelle commedie più stupide ci sono i complessi underground. L’indie rock, purtroppo, è diventato convenzione e quindi ho preferito andare altrove, su una sperimentazione sonora che andasse in altre direzioni. Io non ho pregiudizi, nel cinema come nella musica, quando inizio un film non so dove e come agirà la musica, è il montaggio lo spazio in cui anche lei prende vita. E provo, senza recinti, anche per 15 o 20 volte ad abbinare scene e note. Anche perché per me la musica non è mai illustrativa, è un elemento fondamentale e fondante dell’opera visiva. Infatti sono soddisfatto solo quando l’immagine, con la musica, sembra diventare migliore.

Mi interessava la dimensione del desiderio, sessuale, fisica mediata da un telefono

Lei fonda il suo cinema sulla contraddizione. Qui il corpo è centrale, come l’erotismo. Eppure non c’è un contatto, o quasi.
Mi interessava la dimensione del desiderio, sessuale, fisica mediata da un telefono. La conversazione con gli sms è una scena di seduzione interessante per l’attrazione sconosciuta e astratta che esce fuori da quell’oggetto, una dimensione importante per noi, visto che internet, la comunicazione con un ignoto, la proiezione dei nostri e gli altrui fantasmi e immaginazioni sono al centro del nostro mondo ora.

Sbaglio o il suo cinema è di coloro che si perdono e hanno l’ansia di ritrovarsi? E gli unici a vincere sono quelli che si rassegnano a non farlo
Io ho sempre bisogno di fare dei film che finiscano dove possa cominciare un’altra storia. Mi piace pensare che il protagonista abbia sorpassato la sua linea d’ombra e io abbia raccontato il modo in cui può ricominciare a ricostruirsi in modo più pacifico ed equilibrato. Non a caso il film, come Sils Maria, finisce con una porta aperta.

Kristen Stewart in Personal Shopper. Copyright Carole Bethuel

Kristen Stewart in Personal Shopper. Copyright Carole Bethuel

 

Lei è un regista troppo americano per essere europeo e troppo europeo per essere americano. E’ d’accordo con questa definizione?
E’ una definizione perfetta per me. Hollywood l’ho provata e l’ho sperimentata e quel sistema così coercitivo e frustrante non lo sopporto, perché la posizione del regista è un impiegato degli studios. Io non posso funzionare così, per me la cosa più importante è la libertà, la libertà di creazione. Fuori dal cinema veramente indipendente, quando ambizioni e produzioni diventano più grandi, lo spazio per l’autore è minimo. Non escludo di girare in America presto o tardi, ma lo farò all’europea. Niente X-Men per me, insomma.

Però le star americane cercano lei
Sì le star americane vengono da me perché sentono quest’assenza di libertà, perché anche loro ne hanno bisogno. Ormai Hollywood è quasi esclusivamente industria, ossessionata dal controllo, dal mercato in cui i fattori legali, finanziari e tecnologici sono predominanti rispetto a quello umano. E gli interpreti sono i più sensibili a questa invasione e provano a ritrovare spazio, libertà e piacere del lavoro qui in Europa. Magari con me!

Dica la verità, il sodalizio con Kristen Stewart durerà a lungo, vero?
Lavoreremo di nuovo insieme, presto. C’è un progetto, un’idea ma ancora troppo giovane per poterlo formulare. Ma a Kristen Stewart non rinuncio, hai ragione.