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Nuovo Cinema Indie: Margherita Vicario e Carlo Cresto-Dina

Dalla Berlinale ai tre David di Donatello, dopo il successo di ‘Gloria!’ la regista e il suo produttore raccontano l'importanza di preservare la "biodiversità dell’ecosistema cinema", per non limitarci a "commedie tratte dai bestseller dell’autogrill"
Margherita e Carlo Cresto-Dina ritratti per il nuovo numero di Rolling Stone. Foto di Gioele Vettraino per Saccage Agency

Foto: Gioele Vettraino per Saccage Agency

POV: Marco Bellocchio consiglia “con emozione” di andare a vedere il tuo primo film. E infatti, dopo il concorso alla Berlinale (raro per un’opera prima), i tre David di Donatello vinti (miglior esordio alla regia, canzone, ARIA!, e compositore), il lungo viaggio nei festival internazionali e la distribuzione estera, Gloria! è diventato un vero e proprio caso. Ma soprattutto ha segnato l’ingresso di Margherita Vicario nel cinema d’autore. Come energia travolgente, come linguaggio unico, come immaginario già inconfondibile. «Per me è un film cantautorale, perché il cantautore deve cercare di mettere la propria autenticità in ogni sillaba. E c’è la stessa ossessione per il dettaglio che ho quando scrivo una canzone», spiega Margherita. «Poi i compromessi esistono, nella musica ancora di più. Mi sembra invece che il cinema indipendente possa avere una voce totalmente autonoma. Magari dico così perché è il mio primo film, ma è stato un esperimento molto libero e allo stesso tempo molto accudito, da me e dai miei produttori. Mi sembra che la specificità di tempesta, di Carlo stesso, e quindi di una società di produzione indie, stia proprio nel curare ogni minimo aspetto. Questo film l’abbiamo fatto davvero insieme».

Carlo è Carlo Cresto-Dina, fondatore di tempesta, una sorta di rabdomante gentile della produzione indie. «Gloria! è firmato da tre persone come produttori: Valeria Jamonte, Manuela Melissano e il sottoscritto», ci tiene a sottolineare. «Non è un contentino, è veramente un lavoro di gruppo. tempesta esiste grazie a queste professioniste che lavorano con me, che sono delle macchine da guerra intelligentissime. Siamo abituati a dire “un film di”, e va benissimo per vendere. Quello che spesso dimentichiamo, però, e che non si insegna ai giovani registi e alle giovani registe, è proprio la dimensione eminentemente collettiva del cinema». E Gloria! è un lavoro di squadra partito da un’intuizione, anzi due. Prima quella di Carlo su Margherita: «A noi capita spesso di essere proattivi, di identificare qualcosa che ci piace e andarlo a cercare, magari anche in luoghi non immediatamente scontati. Ho visto il videoclip di Per un bacio, che è proprio anche una storia, un musicarello. L’ho cercata e le ho chiesto se le andasse di fare un film insieme. Lo sognava fin da bambina».

E poi, ovviamente, quella di Margherita sul progetto: «Sono riuscita a portare la mia idea fino in fondo senza modificarla, anche grazie a una buona dose d’incoscienza, che poi è una forma di coraggio. Prima della scrittura, avevamo deciso che doveva essere un film per tutti, nel senso più nobile del termine. Una storia lineare e semplice, perché in un film musicale conta più il come del cosa. Insomma, una fiaba (tenetelo a mente), ma con un meccanismo un po’ più complesso e raffinato sotto». Per dirla con Cresto-Dina: «Ha funzionato l’idea di provare a fare un film “di contrabbando”. Come nella canzone di De André, Khorakhané, dove gli zingari nascondevano i diamanti dentro il pane. Proviamo a produrre titoli larghi, energici, che cerchino un pubblico che al cinema non ci va o che lo fa raramente. Gloria!, ed è tutto merito di Margherita, riesce però anche a far passare delle istanze che riguardano la rabbia femminile, perché queste ragazze, veri e propri geni, sono state chiuse nelle loro stanze, ignorate e maltrattate per 300 anni».

Torniamo un attimo alla parola “fiaba”, che Carlo usa per dare la best spiegazione ever di cosa sia un produttore indipendente: «Siamo i custodi della biodiversità dell’ecosistema cinema, perché trovare il nuovo per noi è l’unica possibilità di sopravvivenza. Se hai pochi soldi devi avere inventiva, giocare d’anticipo, capire prima che Margherita Vicario può diventare un nome… Se lasciamo scegliere la grande industria, la cui logica di business consiste nel replicare quello che ha avuto successo, coprirà l’Italia di noccioleti. A quel punto non avremo più le foreste, ma le fiabe nascono proprio nelle foreste, non nelle piantagioni». E allora, dal punto di vista pratico, «bisogna ragionare sulla possibilità degli aiuti strutturali alle imprese e non solo ai progetti, e sul dare una definizione più chiara di che cos’è un produttore indipendente».

La versione di Vicario: «Credo che l’indie sia salvifico in tutti gli ambiti. Perché appartiene più alla sfera dell’esigenza che a quella del mestiere. Poi è difficile mantenere quell’equilibrio tra lavoro e urgenza. Ma altrimenti finiamo tutti a fare commedie tratte dai bestseller dell’autogrill». E cosa cerca un produttore indie in un autore? «Poesia e profezia, intesa come qualcosa di più vicino all’Antico Testamento, in cui i profeti erano degli interpreti del presente», dice Cresto-Dina. «E poi ci sono degli aspetti più personali: se tu stai dieci minuti nella stessa stanza con Margherita, ti rendi conto che ha proprio un’energia che trascina, così come della straordinaria forza evocativa di Alice, anche soltanto quando parla».

Alice è Alice Rohrwacher, la nostra Autrice più internazionale: «Il suo primo film è stato pure il primo film di tempesta, siamo stati fortunatissimi. Ci conoscevamo già: lei aveva fatto una piccola parte di un documentario collettivo che avevo proposto, e già allora non era tanto difficile capirne la straordinarietà. Corpo celeste è nato dalla voglia di lavorare insieme, da cose che ci piacevano: l’idea di un prete da solo la domenica sera in una parrocchia del profondo Sud Italia. Da questa immagine, grazie allo strepitoso talento di Alice, è sbocciato il film. Quando un regista cresce e diventa un nome internazionale, si loda sempre il fiuto – che poi esiste? È fortuna? Un mix? –, ma quello che fa davvero la differenza è il lavoro da lì in avanti, insieme. Ci è successo con Alice, ora con Margherita. E ovviamente con Leonardo».

Leonardo è Leonardo Di Costanzo che, dopo il fuori concorso con Ariaferma nel 2021, quest’anno è (finalmente) in competizione alla Mostra del Cinema. «I suoi film danno un senso a quello che facciamo. Elisa (prodotto da tempesta con Rai Cinema, in sala dal 5 settembre) è un lavoro strepitoso, un thriller morale, un film sulla colpa di un’assassina che però riesce a farti riflettere sulle tue, di colpe. E poi ci sono due attori straordinari come Barbara Ronchi e Roschdy Zem». In questo modo, tempesta ha portato film nel concorso principale di tutti i festival più importanti: Venezia, Cannes, Berlino, pure Toronto. «Insomma, il Grande Slam», sorride Carlo. A proposito di futuro, Vicario sta già pensando a un secondo film (sempre con loro, «non è facile trovare produttori così coraggiosi»), che è la vera sfida, soprattutto quando il primo ha lasciato tanto il segno. «Come mi dice sempre Carlo, dopo Corpo celeste Alice ha fatto Le meraviglie. Io non ho veramente nulla a che spartire con lei, stiamo parlando proprio di una poetessa di un altro mondo, però è anche vero che non è detto che uno debba fare per forza un secondo film peggiore del primo».

Accompagnando Gloria! in giro per il mondo, Margherita ha visto «film talmente assurdi che forse mi sembra più facile altrove mantenere questo spirito fuori dal mainstream, mi hanno fatto venire voglia di essere ancora più fedele a me stessa. Il cinema d’autore dovrebbe essere un po’ più considerato come un esercizio anche di ricerca, mentre in Italia sembra sempre che o spacchi o non esisti. Il problema è che manca un sistema che renda questo lavoro un lavoro, appunto, e non qualcosa di eccezionale».

L’intervista a Margherita Vicario e Carlo Cresto-Dina è tratta dal nuovo numero speciale di Rolling Stone, Il Cinema, in edicola dal 25/08 e acquistabile nello store on-line.

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