Mark Wahlberg, un eroe del popolo | Rolling Stone Italia
Interviste

Mark Wahlberg, un eroe del popolo

Oltre a essere uno degli attori più pagati di Hollywood è anche produttore di film impegnati come "Deepwater Horizon". Ma a “RS” racconta che non è sempre stato facile

Mark Wahlberg in "Deepwater Horizon" (2016)

Mark Wahlberg in "Deepwater Horizon" (2016)

George Clooney viene giustamente considerato un produttore filantropo, responsabile di aver dato il via a un certo tipo di cinema dalla coscienza sociale; ma Mark Wahlberg, 45 anni, è uno degli esempi più luminosi di attore-produttore moderno, capace di rivoluzionare tv e cinema prima di tutti gli altri. Per questo motivo scrivere un’introduzione per spiegare chi sia mi sembra riduttivo; così, invece, di accennare le 2 nomination Oscar & Golden Globe come miglior attore-film (The Fighter e The Departed), i grandi film da protagonista (Boogie Nights, La tempesta perfetta, Shooter, Imbattibile, Ted) oppure registi con i quali ha lavorato (Demme, Burton, Fuqua, Scorsese, O’Russell) e ancora i suoi titoli da produttore (Entourage, Shooter, Transformers, Boardwalk Empire, Lone Survivor, Prisoners), preferisco ricordarvi le sue origini, prima come modello di biancheria intima per Calvin Klein, poi come uno dei pochi rapper bianchi – Vanilla Ice l’altro – a.k.a. Marky Mark, capace di ricevere l’ambito disco di platino dopo un solo album. Detto questo, diamo a Mark ciò che è di Mark. Hollywood leading man, padre e marito devoto, non più un party animal, attivo praticante cattolico e filantropo a favore dei ragazzi a rischio, con organizzazioni come la Youth Foundation, i Boys & Girls Clubs of America e The Good Shepherd Center per i senzatetto. Ultimo titolo aggiuntivo, businessman-ristoratore con la catena di hamburger Wahlburgers, fondata con la mamma Alma e il fratello Paul, un vero e proprio impero con 27 sedi sparse in tutti gli Stati Uniti. E io ora Mark ce l’ho davanti ai miei occhi, bello, bravo, buono e pure umile: di chi trae forza dal fatto di sapere di avercela fatta.

Molti dei tuoi ultimi ruoli sono ritratti di persone normali, coinvolte in atti eroici. In questo mondo di odio e violenza, qual è il messaggio che vuoi dare al pubblico?
L’amore vince sempre, per me è più forte dell’odio. Non posso evitare il male che accade nel mondo, ma posso aiutare a diffondere un messaggio positivo. Voglio sottolineare il fatto che alla fine, secondo me, il bene vincerà sempre contro il male. Non sono l’eroe dei miei film, gli eroi sono le persone che interpreto, padri, poliziotti, soldati, uomini che vivono una vita normale, che lavorano e si fanno il culo tutti i giorni per mantenere le proprie famiglie onestamente, senza scorciatoie illegali e immorali. Ecco perché ho deciso di fare un film come Deepwater Horizon.

Deepwater - Inferno sull'Oceano | Trailer Ufficiale Italiano

Quando ti sei interessato al progetto?
Quando ho scoperto che 11 persone avevano perso la vita. Una tragedia, anche se le news parlavano solo di inquinamento. Non fraintendetemi, amo l’ambiente, ma era una storia troppo importante, volevo raccontarla da un punto di vista umano, non come “gabbiano intrappolato nel petrolio”. Il 20 aprile 2010 esplodeva nel Golfo del Messico la piattaforma petrolifera della BP. 500mila tonnellate di petrolio si sono riversate in acqua ininterrotamente per 106 giorni. Volevo onorare la memoria di questi uomini e donne. Inizialmente nessuna delle famiglie voleva partecipare al film. Poi, quando hanno capito che tipo di storia volevamo raccontare, sono stati contenti di collaborare. Sin dall’inizio ho chiesto di lavorare con Mike Williams, il tecnico elettrico responsabile della piattaforma BP. Mike è stato cruciale per rendere la storia il più autentica possibile, oltre al fatto che è stato l’ultimo ad abbandonare la piattaforma.

Hai appena finito le riprese di Patriots Day, film sull’attentato terroristico alla maratona di Boston. Quanto è importante per te raccontare questa storia nel modo più veritiero possibile?
Quando hanno saputo che sarei stato il volto di questa storia, mezza Boston si è presentata a casa di mia madre per raccomandarsi di raccontare la loro versione. È una città piccola, l’attentato ha coinvolto praticamente tutti quelli che ci vivono. Molti mi hanno criticato, perché dicevano che era troppo presto per fare un film su questa tragedia. Io, in realtà, credo che sia già troppo tardi. Il nostro messaggio deve essere chiaro, soprattutto nei confronti dei terroristi. Il bene trionfa sempre sul male. Quando ho visto Patrick Downes passare il traguardo con la sua gamba protesica, mi sono messo a piangere. Dovevo fare il film per questa gente, perché non hanno mai smesso di lottare, e le loro storie possono ispirare milioni di persone. Peter Berg era la persona giusta per dirigerlo, perché sa quanto sia importante raccontare queste storie in modo accurato. Per me era importante evidenziare i momenti eroici di gente comune.

Quando avevo 12 anni, fumavo già in casa, canne incluse

È risaputo che da giovane non eri esattamente un chierichetto e infatti sei finito in prigione. Com’è successo?
Quando avevo 12 anni, fumavo già sigarette in casa, canne incluse. I miei genitori si erano separati quando ne avevo 11. Non mi hanno costretto a studiare, e infatti ho smesso dopo il primo anno di liceo. Anche loro non avevano studiato, se andavo a lavorare e portavo a casa dei soldi per loro non un problema. Erano tempi diversi. La vita era dura, in famiglia eravamo in tanti, 9 figli, i miei lavoravano costantemente per pagare spese e affitto. Io ero sempre in strada, ho sempre avuto problemi con la polizia, odiavo gli sbirri. Poi la sera dell’8 aprile 1988… Mi sono avvicinato a un vietmanita che viveva nel mio quartiere per rubargli delle birre, minacciandolo con una mazza da baseball. L’ho colpito, è caduto per terra. Sono scappato, ma qualcuno mi ha visto e ha chiamato la polizia. Ho cercato di nascondermi e alla fine ho picchiato un altro uomo che voleva fermarmi… E ha perso un occhio. Non avevo neanche 17 anni. Mi hanno processato come adulto e condannato a due anni di prigione per tentato omicidio. Ho fatto 45 giorni nella prigione di Deer Island House a Suffolk County. Sapevo quello che mi aspettava, tre dei miei fratelli avevano fatto le mie stesse cazzate. Mia sorella è stata rinchiusa talmente tante volte che abbiamo perso il conto. Poi un giorno, in galera, ho visto mio fratello Donnie in televisione che ballava con i New Kids on the Block. Ho deciso che, quando sarei uscito, avrei cambiato vita. Ho iniziato a pregare, e non ho più smesso.

Quanto è importante la religione nella tua vita?
È tutto. Dopo famiglia e amici di infanzia, la fede è stata la mia salvezza. Ho lavorato duro per essere dove sono. Sono un uomo del popolo, blue collar guy come si dice a Boston, non certo un fighetto da Ivy League. Sono ricco, ma non dimentico le mie radici. La mia vita non è stata facile. Sono fedele a mia moglie e alla mia famiglia. Non vado in chiesa tutti i giorni, ma inizio sempre la mia giornata con una preghiera, 20 minuti di raccoglimento, per esprimere la gratitudine per tutto quello che ho. Prego per mia madre, mia moglie, i miei figli, i miei fratelli e le loro famiglie. E chiunque sia stato bravo con me, prego per i miei vicini di casa e i miei colleghi di lavoro. Ho una vita molto regolare. Vado a letto alle 8 di sera. Mi alzo alle 4 del mattino e vado in palestra. Quando si svegliano i miei figli, ho già fatto 3 ore di workout e sono dietro i fornelli a preparare la colazione.

Perché ti incazzi quando ti chiamano Marky Mark?
Se devo essere sincero, come cantante facevo cagare. Ho fatto tante cazzate nella vita. Sono stato delinquente, rapper e modello. Mio fratello Donnie ha fatto una fortuna con i New Kids on the Block, ed è stato anche generoso a produrre i miei dischi, Music for the People e You Gotta Believe. Ho iniziato la carriera di modello, perché mi avevano promesso la promozione del mio ultimo album, cosa che non è mai successa. Vorrei eliminare le parti inutili del mio passato, non riflettono nulla della persona che sono oggi. In passato sono stato un coglione. Uno dei miei primi ruoli è stato con Leonardo Di Caprio, nel film Ritorno dal nulla. Con lui sono stato davvero un fucking asshole, solo recentemente ho avuto l’occasione di scusarmi. Idem con Kate Moss, che mi ha odiato durante la campagna Calvin Klein. Forse si è offesa, perché le ho detto che non mi piaceva. Era bellissima, ma a me sono sempre piaciute le donne formose, con i seni.

La catena dei ristoranti Wahlburgers, come avete trovato il nome?
Grazie a mio fratello Paul, è il più intelligente della famiglia. Avevamo già un ristorante, Alma Nove, in onore di mia madre e dei suoi 9 figli, ma Paul ha sempre voluto un ristorante dove cucinare qualcosa di più sofisticato di un fast food. È uno chef di talento, stiamo aprendo il nostro primo locale qui a L.A.

Dove?
Su Sunset Plaza, è un posto speciale per me, perché lì ho conosciuto mia moglie. Nel prossimo futuro abbiamo in mente l’Asia, poi l’Europa. Chissà, magari un giorno arriveremo anche in Italia!

Hai anche incontrato il Papa, nella sua visita a Philadelphia. Hai avuto l’occasione di parlargli?
Sì, è stato uno dei momenti più incredibili della mia vita. Mi sono reso conto che non sapeva chi fossi, perché non guarda la televisione. Gli ho detto quanto apprezzo la sua apertura nei confronti di temi difficili come omosessualità e aborto.

Descrivimi la tua relazione con Peter Berg, regista dei tuoi ultimi film.
L’unico problema di Peter è che è di New York! Ma siccome abbiamo lavorato molto insieme a Boston, ho avuto occasione di fargli capire cosa significa essere uno di noi! Abbiamo fatto tre film insieme, nei prossimi 10 anni vogliamo farne altri sei. Siamo fratelli. L’altra sera ho dovuto buttarlo fuori di casa, non voleva andarsene. Ma io vado a letto presto: e lui mi ha guardato come se fossi pazzo.

Come hai cominciato la giornata oggi?
Sveglia all’alba e subito allenamento, ho corso 8 km in un’ora. Sono a stretto regime dietetico, sogno pizza e spaghetti. Il problema è che per Deepwater Horizon ho dovuto ingrassare, poi avevo in programma un altro film per cui dovevo dimagrire parecchio, quindi ho fatto 100 giorni di dieta. Ma il film alla fine è saltato, e Peter mi ha chiesto di riprendere peso per Patriots Day. Ho iniziato a bere e mangiare, poi ho incontrato Michael Bay per Transformers, che appena mi ha visto si è preoccupato perché avevo la pancia. Quindi di nuovo a dieta, adesso ho tre settimane per perdere 10 chili. Insomma, ecco, non è facile.

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