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Lupita Nyong’o: l’orrore è dentro di ‘Noi’

L’attrice premio Oscar racconta i segreti di 'Us', il nuovo film di Jordan Peele ('Scappa - Get Out'), uno dei registi più originali di Hollywood. E come è possibile ridere anche su un set da incubo

Foto Claudette Barius/Universal Pictures

«Leggere la sceneggiatura mi ha terrorizzato», dice Lupita Nyong’o, protagonista con due ruoli nel nuovo film di Jordan Peele, Us (in Italia tradotto come Noi), in uscita nelle sale italiane il 4 aprile. Nyong’o interpreta una mamma gentile e, contemporaneamente, il suo doppelgänger armato di forbici (Winston Duke, collega di Nyong’o in Black Panther, interpreta il papà e il rispettivo doppio). Una sfida piena di difficoltà, soprattutto quando in scena ci sono entrambi i personaggi. Tuttavia, dice l’attrice, l’esperienza è stata “assolutamente soddisfacente”. Ecco cosa ci ha raccontato del film, e del lavoro sul set con il regista visionario Jordan Peele.

Jordan vi ha chiesto di guardare 10 film horror (da Shining a Babadook) per preparare questo lungometraggio. Cosa ricordi di quell’esperienza?
Jordan rende davvero omaggio al genere e al canone dei film horror. Per me è stato utile sapere su che tipo di vocabolario, estetica e stile lavorasse. Questo è quello che ho assorbito da quei film. Quindi non si tratta di note sulla recitazione di per sé, ma sulle cose che influenzavano il mondo che stava creando, perché l’universo di Us è interamente frutto dalla mente di Jordan e, per fare il mio lavoro come attrice, dovevo tempestarlo di domande. Il punto di partenza della mia ricerca era la mente di Jordan. Dovevo provare a entrarci in tutti i modi possibili. E questo includeva passare molto tempo a parlargli, a fare domande per chiarire, roba di questo tipo. E poi, ovviamente, era importante guardare quei film.

Quali sono i contro e forse i pro dell’interpretare questi personaggi molto diversi che devono interagire tra loro?
La prima ragione per cui ho accettato di lavorare a questo film è Jordan Peele. E appena mi ha offerto il ruolo ho detto “sì” ancor prima che mi spiegasse di cosa si trattava. Ho letto la sceneggiatura in un colpo solo e alla fine ho realizzato che le mie spalle erano tesissime per l’ansia, ero spaventata. E poi Jordan mi ha dato l’opportunità di interpretare due personaggi. È stato eccitante per me impersonare entrambe le parti, due ruoli estremamente diversi. Era come se Natale fosse arrivato in anticipo. E poi ho iniziato a lavorarci su, e mi sono resa conto di quanto sia faticoso interpretare due personaggi con il tempo di preparazione che ci vorrebbe per uno. Quindi la sfida più grande è stata dividere in due la mia mente e il mio focus, perché ovviamente sono abituata a concentrarmi su un’unica prospettiva. È stato davvero difficile. E poi la questione tecnica, stare sul set e di fatto recitare con me stessa, ho dovuto dormire parecchio per riuscire a farlo bene, che è l’ultima cosa che fai quando interpreti due personaggi. Dovevo concentrarmi parecchio perché ogni volta dovevo essere pienamente nel personaggio e anche avere una sorta di esperienza extracorporea e prendere appunti mentali per quando interpretavo l’altro.

Uno dei tuoi personaggi è davvero terrificante. Per interpretarlo, hai cercato dentro di te qualcosa di spaventoso?
Beh, sì. Sai, ho dovuto esplorare gli angoli più oscuri del mio essere per interpretare un personaggio così terrificante. Ma definire il mio personaggio spaventoso, o cattivo, mi intimidiva, sono parole debilitanti. Quindi ho cercato di andare oltre, perché in questi film “il male” è così grande che sembra intoccabile. Cercare di incarnare un concetto del genere può essere scoraggiante, quindi ho deciso di investigare le motivazioni emotive del mio personaggio, così da amplificare le sfumature del suo carattere.

Jordan ha detto che nonostante questo film non parli di razzismo, avere una famiglia di colore al centro della storia è comunque una presa di posizione politica.
Sì, sono d’accordo. Il tema razziale è irrilevante rispetto all’esperienza che vive quella famiglia, ma il fatto che la famiglia stessa esista, soprattutto in un genere come l’horror, è una presa di posizione politica. Il tema che trattiamo nel film, invece è un’altra cosa. E raccontare l’esperienza di gente di colore senza collegarla al loro essere di colore è una boccata d’aria fresca. Alla fine, se Jordan sceglie protagonisti di colore è solo per aumentare la nostra percezione, per farci capire meglio come sono queste persone. Anche se il razzismo non è il tema del film, la storia si presta a spiegare i paradigmi di questo Paese.

Eri un’ammiratrice di Jordan. Cosa hai imparato lavorando con lui?
Fare parte del team che ha trasformato in realtà l’immaginazione di Jordan è stato fantastico. Lavorare con lui è sempre stata una gioia, anche all’inizio. Una delle cose che lo rende un regista grandioso è la sua compassione, e le sue incredibili capacità comunicative. In tutti i passaggi della produzione del film, Jordan è sempre stato attento a informare tutti su quello che stava accadendo. È così che ti senti parte del progetto, finisci per fare il tifo per lui e per tutto il film. Per me è diventato tutto molto personale, e credo sia lo stesso per gli altri.

Mi ricordo quando l’ho incontrato per la prima volta, eravamo a pranzo. Era un incontro preliminare, e non sapevo ancora di cosa parlasse il film. Jordan mi ha fatto una domanda che nessun regista mi aveva mai fatto. Mi ha chiesto quale fosse il mio processo, voleva sapere cosa volessi da un regista. “Di cosa hai bisogno?” Io mi sono messa a piangere, e quando abbiamo finito il film me l’ha ricordato. Ho pianto perché quelle sono domande che di solito fanno gli attori. Jordan vuole andare incontro ai suoi attori, e li dirige cercando di trovare il modo per farli lavorare al meglio. È anche un mimo grandioso, come sappiamo dal suo passato nella comicità. È stato utile, soprattutto nelle scene in cui interpreto entrambi i personaggi, perché io ne facevo uno e lui l’altro. È stato incredibile vederlo lavorare. Si adatta molto facilmente, e credo che sia la sua elasticità di attore a renderlo un regista così visionario.

Il suo background da comico si è manifestato in altri modi?
È bravissimo a rompere il ghiaccio. Abbiamo lavorato a un film davvero spaventoso, ma ricco di spunti comici. E ovviamente, il tipo di horror di Jordan è ricco di commedia, e lui ha un talento naturale per queste cose. Riesce a vedere comicità anche nei momenti più traumatici, è un grande talento. Jordan gira i film che gli piacerebbe vedere in sala. È sempre pieno d’entusiasmo… a ogni take, ogni scena diceva: “Questa è la mia preferita”. È entusiasmante lavorare con chi ama davvero quello che sta facendo. Ti senti come un bambino in un negozio di caramelle. È un sollievo, perché nonostante sia un professionista, non perde mai il senso del gioco. Anche questo lo rende un grande regista: riuscire a inseguire il divertimento. È questo il suo segreto. Insegue il divertimento.

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