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‘Loki’, il lato cerebrale e ironico del Marvel Cinematic Universe

La nuova serie sul fratellastro di Thor potrebbe raccogliere il meglio dei telefilm procedurali, con due 'detective' dalla personalità opposta. E se sono Tom Hiddleston (who else?) e Owen Wilson... Ecco cosa ci hanno raccontato

Foto: Marvel Studios/Disney+


Il lavoro della Time Variance Authority, l’agenzia al centro della serie Loki (dal 9 giugno, un episodio a settimana su Disney+), è a pensarci bene lo stesso del mega produttore Kevin Feige e di chi, insieme a lui, tiene le fila del Marvel Cinematic Universe: preservare la sacra timeline degli eventi della saga, e con essa il gigantesco e complesso universo supereroico meticolosamente costruito film dopo film; acciuffare qualunque “variante” che rischi di far deragliare il tutto verso territori non autorizzati e ricondurla diligentemente tra gli argini del piano. Pochi mesi fa l’abbiamo visto succedere davanti ai nostri occhi, settimana dopo settimana, con WandaVision, partita come affascinante, e a tratti perturbante, riflessione sul trauma del lutto e sull’evoluzione della famiglia nel formato sitcom, e finita a battaglia di fasci di luce magica nei cieli dell’MCU. The Falcon and the Winter Soldier, nonostante qualche buono spunto iniziale, si è presto dimostrata più simile a un canonico – ma annacquato – film di Captain America che a una riflessione sulla psiche dei supereroi (e meglio tacere sui tanto sbandierati sottotesti politici).

Ed eccoci, adesso, a Loki. Che, come da titolo, resuscita un (anti?)eroe teoricamente morto in Avengers: Infinity War, riacciuffandolo nel marasma di viaggi spaziotemporali di Avengers: Endgame: quando Captain America & soci tornano nel 2012 per recuperare il Tesseract, questo finisce nelle mani del “cattivo” Loki, appena catturato, che ne approfitta all’istante per scappare. La fuga dura pochissimo: ecco intervenire la Time Variance Authority, TVA per gli amici, un’organizzazione segretissima ma potentissima che si occupa appunto di regolare lo scorrere del tempo eliminando possibili pericolosi paradossi.



«Se ben ricordo, quando abbiamo girato Infinity War non sapevamo ancora che avremmo dedicato uno show a Loki», rivela Kevin Feige. «Invece l’avevamo già deciso quando abbiamo girato Endgame, anche se ancora non avevamo stabilito cosa significasse esattamente e dove ci avrebbe portato. Una delle cose che più mi ha divertito è stato intercettare spettatori che uscivano da Endgame convinti che ci fossimo “dimenticati” di chiudere la vicenda di Loki, mentre noi sapevamo benissimo che sarebbe arrivata questa serie su Disney+! Abbiamo però deciso di aspettare a rivelarla al mondo finché non avessimo capito alla perfezione che tipo di serie volevamo fare, e credo che quello che ne è uscito sia molto figo».

«Un misto di piacere e di sorpresa: è stata la mia reazione quando ho saputo che Loki avrebbe avuto una sua serie», ricorda Tom Hiddleston, che ormai, dopo dieci anni e sei film, è quasi un tutt’uno col personaggio. «E ho subito cominciato ad arrovellarmi: la scena della morte di Loki in Infinity War mi era sembrata così definitiva, proprio la fine della sua storia. Ma poi è arrivato il cameo in Endgame e tutti mi hanno rassicurato che da lì avremmo potuto ripartire verso un’infinità di direzioni diverse».

Nello specifico, però, Loki sembra infilarsi in un filone fantascientifico più cerebrale, filosofico e ironico rispetto alla pura azione supereroica della maggior parte del Marvel Cinematic Universe: la TVA è un’enorme struttura iper burocratica che esiste in uno spazio sospeso adiacente al nostro tempo, pronta a intervenire in qualsiasi momento della Storia per catturare varianti impazzite e cancellare ogni deviazione dalla timeline sacra. Ci sono indubbiamente delle vibrazioni alla Terry Gilliam e alla Futurama, si sente un sapore di Guida galattica per autostoppisti e di Doctor Who. O un qualcosa di Rick and Morty, anche perché il capo-sceneggiatore di Loki, Michael Waldron, viene dalla writers room di quel cartoon di culto (e, prima ancora, da quella della geniale sitcom metacitazionista Community, da cui la Marvel ha già pescato, tra l’altro, i fratelli Anthony e Joe Russo registi di Captain America and the Winter Soldier, Civil War, Infinity War e Endgame). «Loki era già, prima ancora di esser scelto per questo lavoro, il mio personaggio preferito del Marvel Cinematic Universe!», conferma entusiasta Waldron. «E sapere che ci sarebbero stati viaggi nel tempo, beh, lo rendeva il mio pane! Grandi opportunità di caos e di divertimento, il sogno di ogni sceneggiatore! Per cui ho fatto di tutto per ottenere quest’incarico, iniziando con l’eliminare i miei nemici uno alla volta» ride. «Io invece ho messo in atto una vera operazione di stalking», interviene Kate Herron, già regista delle serie Netflix Sex Education e Daybreak, che qui firma tutti gli episodi ed è anche produttrice esecutiva. «Appena ho saputo che la Marvel stava progettando una serie su Loki ho detto alla mia agenzia di chiamarli ogni giorno finché non avessero accettato di ascoltare il mio pitch». «E abbiamo fatto bene», ribadisce Feige, «perché il pitch di Kate è stato fondamentale: sapevamo di volere una serie con Tom Hiddleston, sapevamo di volere i viaggi temporali, eravamo grandi fan della TVA dei fumetti, ma è stata Kate a mettere insieme il tutto, a portare un sacco di ispirazioni cinematografiche e a farci guardare al progetto in un modo leggermente diverso, ma nuovo».

«Stilisticamente, io e la mia direttrice della fotografia Autumn Durald Arkapaw abbiamo guardato ai film noir, credo sia evidente dal modo in cui abbiamo approcciato l’illuminazione delle scene. Anche David Fincher è stato un’influenza evidente, gli spettatori più attenti noteranno qualche easter egg!», spiega Herron. E Waldron aggiunge: «Sì, Fincher moltissimo, c’è indubbiamente qualcosa di Zodiac! Ma c’è anche qualcosa del Silenzio degli innocenti… sono diversi i riferimenti cinematografici specifici cui abbiamo guardato».

Riferimenti che potrebbero far pensare a una serie molto cupa, quando è tutto il contrario: Loki ha una vena ironica molto forte, già presente intrinsecamente nel mondo che mette in scena – immaginate che il potere più grande e invincibile dell’universo fosse custodito in una noiosissima routine da gigantesco ufficio, un po’ alla The Office – e che brilla nel rapporto tra il Loki di Tom Hiddleston (deliziosamente sarcastico fin dalla sua prima apparizione cinematografica) e il co-protagonista Mobius M. Mobius, interpretato da un Owen Wilson in grandissima forma. Mobius è un agente-impiegato della TVA, preciso e diligente ma maggiormente disposto, rispetto agli altri, a piegare qualche regola: per questo convince la giudice Ravonna (Gugu Mbatha-Raw) a lasciargli utilizzare Loki come “consulente” per cercare di catturare un pericoloso e apparentemente imprendibile terrorista temporale.

Gugu Mbatha-Raw (Giudice Ravonna Renslayer). Foto: Marvel Studios/Disney+

«Anche solo vedere quanto si entusiasma il pubblico per un minuto di trailer dà l’idea di quanto far parte del Marvel Cinematic Universe sia un’esperienza unica e travolgente», dice Wilson. «Nella mia vita ho lavorato a moltissimi film, ma non avevo mai visto questo livello di segretezza, mi sento sempre come se camminassi sulle uova… e siccome la Marvel è determinata a non rovinare la sorpresa a nessuno, tendo a stare zitto e non sbottonarmi mai sulla trama! Non ci è voluto molto, però, a convincermi a partecipare: ho ricevuto una telefonata da Kate, talmente dettagliata e appassionata, così stimolante che ho firmato il contratto appena ho messo giù il telefono!».

E meno male perché, visti i primi due episodi di Loki, oltre al world building, l’altro punto di forza dello show sembra risiedere nel rapporto tra il fratellastro di Thor e Mobius. Una relazione che, tra l’altro, è una delle caratteristiche più “televisive” della serie – e lo intendiamo in senso positivo, ancora un po’ scottati dal pasticcio “né carne né pesce” di The Falcon and the Winter Soldier: così come WandaVision si metteva a scavare e a ragionare sulla storia della situation comedy, Loki potrebbe raccogliere il meglio dalla tradizione dei telefilm procedurali, quella in cui due “detective” dalla personalità opposta indagano, tra una battuta e un battibecco, su un appassionante mistero. Certo, il merito va soprattutto alla straordinaria chimica che sembra essersi immediatamente instaurata tra Hiddleston e Wilson. «Prima di cominciare a girare, Tom è stato tanto paziente e generoso da spiegarmi l’intera mitologia dell’MCU e di Loki in particolare», racconta Wilson. «Le chiamavamo “le conferenze di Loki”! Potevo anche fare domande, come a scuola!» ride. «Credo siano state una parte fondamentale nella costruzione del nostro rapporto sullo schermo, perché alcune di quelle conversazioni si “travasavano” con naturalezza nei dialoghi dello show».

Foto: Chuck Zlotnick/Marvel Studios/Disney+

«Beh, è stato interessante ripercorrere sei film e dieci anni della mia vita, e Owen ha fatto delle domande così intelligenti da farmi rileggere alcuni aspetti del personaggio sotto una nuova luce. E poi abbiamo parlato molto di come tutto avesse un po’ un sapore da pièce teatrale, perché ci sono scene di dialogo molto lunghe, in luoghi chiusi», aggiunge Hiddleston. «Sì, ma quella tra Loki e Mobius è anche un po’ una partita a sacchi», interviene di nuovo Wilson. «Non è certo facile stare al passo del dio degli inganni! È stato tutto molto divertente da girare».

«È molto semplice: amo interpretare questo personaggio», conclude Hiddleston. «Mi è sempre piaciuto, e mi sento estremamente fortunato a essere ancora qui e a poterlo ancora fare: ci sono delle potenzialità gigantesche, in lui, ed è per questo che ogni film, ogni puntata, sembra un’esperienza nuova. Questa volta in modo particolare: quello che amo di questa serie è che toglie a Loki tutto ciò che lui pensa di sapere, tutto ciò che gli è familiare. Thor non gli è più vicino. Asgard sembra lontanissima. Gli Avengers non sono nei paraggi, al momento. E Loki stesso è privato sia del suo status che dei suoi poteri. E se togli tutte queste cose, tutte le caratteristiche in cui lui per primo si è identificato nel corso dei film precedenti, cosa resta di Loki? Chi è davvero? Penso che questa sia una domanda davvero affascinante per cui cercare una risposta: cosa rende Loki… Loki? È capace di cambiare, di crescere? E questa esperienza alla TVA gli darà la capacità di immaginare come potrebbe diventare, in cosa potrebbe definitivamente trasformarsi quest’imprevedibile e incostante mutaforma che non si presenta mai due volte allo stesso modo? Spero che il pubblico abbia la voglia e l’entusiasmo di cercare le risposte a queste domande insieme a noi».

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