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J.J. Abrams e i segreti dell’ultimo ‘Star Wars’

Il regista parla della sfida di portare a termine la saga con 'L'ascesa di Skywalker', delle critiche dei fan e del rispetto dell'eredità di George Lucas

Il regista J.J. Abrams sta cercando di parlare del nuovo Star Wars, ma la macchina produttiva continua a interromperlo. Si trova a Santa Monica, nell’ufficio al primo piano della sede – degna della Fabbrica di Cioccolato di Willy Wonka – della Bad Robot, la sua casa di produzione. Il suo assistente continua ad aprire la porta per passargli degli appunti e il suo iPhone vibra senza sosta per l’arrivo di messaggi apparentemente sempre più urgenti da parte del supervisore agli effetti visivi del film. È appena tornato dai Sony Studios, dove John Williams dirigeva l’orchestra per Star Wars Episodio IX: L’ascesa di Skywalker. Giusto la settimana scorsa, Abrams stava rigirando alcune scene qui alla Bad Robot, all’interno di una stanza dotata di green screen che gli permette la massima flessibilità se deve fare piccole modifiche. È metà ottobre e mancano 70 giorni all’uscita del film.

Episodio IX avrebbe dovuto essere scritto e diretto da Colin Trevorrow, reso famoso da Jurassic World, almeno finché la presidente della Lucasfilm, Kathleen Kennedy, non ha bocciato la sua sceneggiatura. La versione ufficiale parla di una separazione di comune accordo. Questo ha permesso ad Abrams, regista del Risveglio della Forza, uscito nel 2015, di fare il proprio ritorno con il co-sceneggiatore Chris Terrio e di cominciare da zero, ritrovandosi nel caos creativo attuale.

«Credo sia molto più facile che fare l’insegnante», afferma Abrams. «Ma le sfide che si presentano sono notevoli, soprattutto se stai girando con creature non umane. O quando, come è capitato, devi dirigere qualcuno che non c’è più». Tra le difficoltà da affrontare per l’Episodio IX, oltre al fatto di concludere in modo soddisfacente una delle storie più amate del mondo moderno, c’è stata la morte tragica e improvvisa di Carrie Fisher nel 2016. Diversamente da Luke Skywalker e da Han Solo, il personaggio di Leia è ancora vivo nella saga, un problema che Abrams ha risolto attraverso filmati non utilizzati del Risveglio della Forza.

Abrams ha appena siglato un importantissimo accordo di produzione con WarnerMedia, rivale di Disney, che potrebbe permettergli di mettere le mani su Superman, Batman e il resto del pantheon di DC Comics (ci sono parecchi gadget di Superman al piano di sotto). «Non ne abbiamo ancora discusso», dichiara Abrams in maniera non del tutto convincente.



Proprio come per Il risveglio della Forza, hai a disposizione meno tempo di quanto ne avresti voluto. Rispetto a quel film, sei riuscito a capire meglio quanto sarebbe stato difficile?
Non so se lo sapessi con precisione, perché questo film è molto più ambizioso del primo.

In che senso?
È un finale, non un inizio. È la fine non di una sola trilogia, ma di tre. È un film molto più ampio degli altri. Dal punto di vista narrativo, accadono molte più cose da qualunque prospettiva lo si guardi – più effetti visivi, più carne al fuoco. È di gran lunga la sfida più impegnativa che io mi sia mai trovato ad affrontare. È stata durissima dal momento in cui Kathy mi ha chiamato ed è stato impegnativo capire cosa dovessi fare, per quale motivo e in che modo. Ma non devi pensare “Ce l’ho fatta”, altrimenti sei fregato.

Perché questo film deve essere la conclusione della saga di Skywalker?
Già dall’Episodio VII sentivo che la fine stava arrivando. Non ricordo se ne avessimo parlato o meno, ma avevamo la sensazione che questa sarebbe stata davvero la trilogia finale. Chi può dire cosa riserverà il futuro? C’è forse la necessità di fare qualcos’altro con questi personaggi? Non sto lavorando a niente [che riguardi Star Wars], perciò non alludo a nulla. Sto solo dicendo “chissà”, ma sembrava davvero che la fine fosse arrivata.

C’era una certa irriverenza nell’approccio di Rian Johnson a Gli ultimi Jedi: ha in parte stravolto ciò che hai costruito. Per esempio, Snoke sembrava essere il cattivo principale e lui l’ha completamente distorto.
Quando ho letto la sua prima bozza mi sono messo a ridere, perché mi sono reso conto che era proprio la sua interpretazione e la sua voce. Mi sono messo a guardare versioni del film mentre ci lavorava, come se facessi parte del pubblico, e ho capito le scelte che ha fatto in qualità di regista, che probabilmente sarebbero state molto diverse da quelle che avrei fatto io. Allo stesso modo in cui lui avrebbe fatto scelte diverse se avesse girato l’Episodio VII.

Che cosa ti ha sorpreso maggiormente di ciò che ha fatto?
Credo che la cosa che mi ha sorpreso di più sia la malvagità di Luke. Ho pensato: “Non me l’aspettavo”. Ed è innegabilmente questa la cosa più riuscita degli Ultimi Jedi: il costante stravolgimento delle aspettative. È divertente che in quel film accadano così tante cose completamente inaspettate.

In che modo tutti gli snodi della trama hanno influenzato la direzione che hai dato alla storia?
Io e [il co-sceneggiatore del Risveglio della Forza] Larry Kasdan avevamo un’impressione precisa di come potenzialmente potevano andare le cose. Quando ho letto la sceneggiatura di Rian, nulla sembrava privare la storia di quel senso di inevitabilità che pensavo che avrebbe assunto.

Com’è stato lavorare con il tuo co-sceneggiatore per questo film, Chris Terrio?
È una persona davvero brillante e molto colta. Si documenta in maniera impressionante su tutto ciò a cui lavora, spesso porta con sé una pila di libri. È stato affascinante lavorare con una persona così preparata su tutto. Anch’io leggo e guardo un sacco di roba, ma il livello di conoscenza di Chris sfiora quello di Pablo Hidalgo della Lucasfilm, che è un po’ il custode di tutte le informazioni su Star Wars. Ma, proprio come ci si potrebbe aspettare, girare il film non è stato solo discutere della storia, trovare elementi che ci facessero emozionare e utilizzare al meglio il nostro istinto. Era anche dare retta alle aspettative dei fan e alle critiche, cercare di migliorare il film in corso d’opera, non sottovalutare un’idea che poteva rivelarsi migliore. Solitamente discutiamo di una sequenza e poi ognuno di noi scrive scene diverse e le condivide. Chris è stato eccezionale non solo nella scrittura del film, ma anche durante la lavorazione e perfino dopo: mi ha aiutato a migliorarlo, e a sistemare le parti che non ci convincevano. E ci siamo resi conto che alcune parti andavano proprio tagliate.

Star Wars arrivò qualche anno dopo le dimissioni di Nixon e la fine della guerra del Vietnam e fu molto diverso dai film pessimistici di alcuni coetanei di Lucas. Anche questa nuova trilogia arriva in tempi difficili.
Certamente si possono trovare dei paralleli dal punto di vista politico, ma come esperienze cinematografiche sono molto diverse. Tutto sommato, comunque, penso che non sia mai negativo avere qualcosa che al tempo stesso rispecchi la realtà e sia incoraggiante.

Senti il bisogno di chiudere con un film che abbia un successo degno del primo?
Beh, sicuramente voglio avere la sensazione che sia valsa la pena fare questo percorso, senza parlare di lieti fini o epiloghi tristi. La sfida era trovare il modo di essere coerente e onorare i film precedenti, ma anche fare qualcosa di inaspettato. Doveva essere parte di un tutto ma parlare con il presente. D’altronde, se sei in ballo vuoi ballare, anche se sei sul filo del rasoio.

Hai tenuto un TED Talk molto famoso nel quale hai parlato delle storie come di scatole misteriose, basandoti su un regalo di tuo nonno che non hai mai aperto. Come funziona questo concetto in un film così, un finale in cui devi scoprire tutte le tue carte?
Non è stato questo il motore che mi ha guidato. Non penso davvero in quei termini. Ciò che intendevo è semplicemente che una buona storia ti spinge a voler capire cosa sta accadendo, cosa la rende viva, cosa c’è al suo interno. Ed è stato Bryan Burk, mio amico e talentuoso produttore, a dirmi “Perché non parli di quella tua scatola?”, quando non sapevo proprio di che diavolo parlare nel mio TED Talk.

Rey ha una fan base tutta sua. Qual è stata l’idea originale alla base del personaggio?
L’idea era quella di raccontare la storia di una giovane donna potente, onesta per natura e buona per natura, che però dovesse combattere per trovare il proprio posto nel mondo e fosse costretta a cavarsela da sola in ogni modo. Nonostante sia stato esaltante entrare nell’universo di Star Wars, mi sono sentito subito stranamente obbligato a fare la conoscenza di questa giovane donna. Avere una ragazza al centro di questo universo era una prospettiva emersa già nel primissimo incontro con Kathleen Kennedy. Avevamo già la storia prima dell’arrivo dell’eroe, ma non l’avevamo mai percepita attraverso gli occhi di un’eroina, e per me è stata proprio questa la cosa più entusiasmante.

Il risveglio della Forza viene criticato per essere eccessivamente legato a elementi della prima trilogia, ma in fin dei conti era quello l’obiettivo, no?
A coloro che non vedono alcuna differenza dico: “Vi capisco perfettamente e rispetto la vostra critica”, ma l’idea era quella di portare avanti la storia, di iniziare con questa giovane donna che considerava Luke Skywalker una figura mitologica e di raccontare qualcosa che non fosse semplicemente gli eventi che si ripetono, ma che comprendesse i film all’origine della mitologia di questa galassia. I personaggi vivono ancora in un luogo in cui impazza la battaglia tra il bene e il male, all’ombra di ciò che li ha preceduti, ancora alle prese con gli errori dei padri. Non voleva essere un film nostalgico. Mi sembrava un modo per dire: “Torniamo allo Star Wars che conosciamo per raccontare un’altra storia”.

Un’altra critica proviene dai fan più vecchi ed è che questi film non parlano realmente degli eroi originali. In parte volevi che questa fosse più della semplice storia di Luke, Leia e Han?
Di certo avrebbe potuto essere la loro storia, ma volevamo utilizzarli in funzione di un nuovo racconto. Il bello dei fan di Star Wars è che ci tengono così tanto e perfino i più cinici o negativi sono pur sempre persone che accettano quello che viene fatto, anche come oggetto di dibattito. Posso dire solo che i personaggi principali di questa trilogia si sono sentiti legati in maniera naturale a quelli che li hanno preceduti.

Nel suo libro, Bob Iger (il CEO di Disney, ndt) rivela di averti detto che Il risveglio della Forza è stato un film da quattro miliardi di dollari, nel senso che il successo dell’acquisizione di Lucasfilm da parte di Disney dipendeva dal tuo lavoro. Scrive anche che non l’hai presa bene.
Sì che l’ho presa bene. Ma comunque me l’aspettavo, perché sapevo che lui e Disney avevano investito non poco e che guardava con grande interesse al film perché era evidente che grazie a esso avrebbe fatto un sacco di soldi. Non potrei comprendere meglio quanto fosse alta la posta in gioco per lui. Ogni volta che lavoro per qualcuno voglio solo fare bene e utilizzare i soldi che mette a mia disposizione come se fossero miei. Perciò non la prenderei mai alla leggera e non penserei mai: “Hanno speso quattro miliardi, chissà quanti soldi guadagneranno”.

Iger rivela anche che George Lucas non è soddisfatto del Risveglio della Forza. Che impressione avevi allora e che impressione hai ora?
Posso solo essere grato a George. Deve essere stato davvero difficile per lui. Decidere di vendere la tua creatura a chicchessia deve essere molto più complicato che firmare un assegno e riderci su. Eppure è stato incredibilmente gentile. E generosissimo. Ci siamo incontrati quando abbiamo iniziato a lavorare a questo nuovo film,abbiamo parlato di un’infinità di idee e mi ha spiegato cos’era importante per lui. Non abbiamo fatto altro che provare ad attenerci ad alcuni aspetti fondamentali della storia. Se vorrei che Il risveglio della Forza fosse il suo film preferito di sempre? Sì, volevo solo fare bene insieme a lui.

La gente dice che il personaggio di Rey sembra straordinariamente dotato perfino per uno Jedi, e che impara le cose più rapidamente di Luke Skywalker.
Già. È spaventoso, vero? (ride) È così, non è un caso.

Nel Risveglio della Forza c’è un momento in cui un intero sistema solare – miliardi di persone – viene distrutto, ma quella parte non sembra così carica di emozioni.
All’inizio c’era un personaggio che avremmo conosciuto sul pianeta della Repubblica dopo la sua distruzione, ma sembrava poco rilevante e alla fine, nel montaggio definitivo, tutte queste scene di Leia che c’erano in precedenza sono state tagliate.

Il che, ovviamente, si è rivelato fondamentale per questo film, giusto?
Esatto. È strano: se dici che qualcuno è stato ucciso a cinque isolati da qui, la gente reagisce alla tragica notizia. Se dici che mille persone sono state uccise da una bomba, si fa quasi fatica a farsi un’idea di quante siano mille, diecimila, cinque miliardi di persone ed è davvero difficile avere una reazione emotiva. Quindi hai ragione, sarebbe stato davvero bello avere più tempo per piangerli, ma stranamente più sono le persone di cui parli, più la gente trova difficile assimilare e provare qualcosa.

È strano, Lucas voleva che nel primo Star Wars ci fossero scene del pianeta Alderaan, destinato a essere distrutto, ma non le ha girate per motivi di budget.
Ah, davvero? Non ce n’era bisogno e naturalmente lo trovo un film perfetto.

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