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Il grande scherno: Leo Ortolani e il cinema

Il manifesto del Parma Film Festival sul fenomeno 'Barbenheimer' e la serata cinefila di cui sarà protagonista, le recensioni e le parodie starring Rat-Man, il suo idolo Stallone e la sua nuova avventura, quella da sceneggiatore di 'Elf Me'. Una chiacchierata con uno dei più grandi fumettisti italiani su una delle sue più grandi passioni

Il manifesto del 'Parma Film Festival – Invenzioni dal vero 2023' sul fenomeno 'Barbenheimer' by Leo Ortolani

Leo Ortolani lo dice spesso: «Io non sono un amante del cinema. Io sono il marito», come a dire che i suoi “due” film li ha visti (recuperare Il buio in sala e le sue parodie, da Star Rats in poi, ma anche le vignette sul suo Instagram). «Non sono un critico cinematografico, però sono un appassionato», mi racconta mentre chiacchieriamo nel dehors di una pasticceria centralissima di Parma – la città in cui viviamo entrambi – davanti a succo di frutta, bombolone e caffè. «Non mi lascio incantare dalla confezione, ma con il lavoro che faccio ho forse una marcia in più, non dico per giudicare ma per essere più o meno contento di quello che ho visto». D’altra parte è uno dei più grandi storyteller a fumetti del nostro Paese, ma non solo: ora tra i suoi credit c’è anche quello di sceneggiatore di Elf Me (ci torniamo), il film di Natale di Prime Video (disponibile dal 24 novembre) starring Lillo che Leo ha scritto insieme a Gabriele Mainetti e, tra gli altri, Marcello Cavalli, scrittore e sceneggiatore, aka il Marcello delle sue recensioni, inseparabile compagno di avventure cinematografiche.

A Lucca, Ortolani ha appena presentato Trilogia dello spazio e Tarocchi, ma l’occasione del nostro incontro è legata al cinema: Leo ha sintetizzato brillantissimamente l’ultima parte della stagione cinematografica nel manifesto del Parma Film Festival – Invenzioni dal vero (qui tutto il programma), dedicato al fenomeno Barbenheimer: «Uno “scontro” annunciato, un’accoppiata che ha catalizzato moltissimo l’attenzione di un pubblico rimasto un po’ fuori dal cinema negli ultimi tempi, dopo la botta del Covid». E domenica 12 novembre sarà protagonista di un evento al cinema Astra di Parma dal titolo Il grande scherno: «Un’occasione per fare due chiacchiere in tranquillità, così come si farebbe di solito quando si va al cinema prima dell’inizio del film e dopo che il film è finito. Vedremo un paio di quelle che io chiamo recensioni, che sono più che altro un racconto di cosa succede nel momento in cui vado a vedere il film, microstorie di vita di uno spettatore che si trova di fronte a cose adorate da tutto il mondo e che magari a me – personalmente – non convincono».

Leo Ortolani

Ecco, partiamo proprio da Barbie.
Ero al mare a Lerici con la famiglia, l’abbiamo visto al cinema estivo, all’aperto, la sera prima sono andato a comprare i biglietti per tutti perché avevo paura che non ci fosse posto… il risultato è una grande illusione. Conosco bene Barbie, i cartoni animati, perché le mie figlie avevano i DVD, c’è una sorta di sitcom in computer grafica di Barbie, quindi ho pensato: “Basta che applichino al live-action queste gag e il prodotto sarà stupendo”.

E invece?
Dopo un primo quarto d’ora accattivante siamo finiti in un film che sostanzialmente non è riuscito. Mi facevano notare qualche giorno fa che non esiste un avversario in Barbie, e non possiamo pensare al patriarcato come avversario, è un discorso che viene attaccato a un film giusto perché c’è la bambola bionda un po’ svanita (però asessuata). Ci sono troppi concetti che confluiscono in maniera un po’ raffazzonata. Da sceneggiatore, ti dico che la possibilità di fare un film carino che parli anche di questi argomenti, in cui quel tema entri, è possibile; qui però ogni tanto la storia si fermava e partiva il pippone. A un certo punto mia figlia Johanna, che ha giocato con le Barbie fino a qualche anno fa, si è messa a telefonare al moroso durante il film. E davanti a noi c’era una bambina di tre anni che si è addormentata, oltre a diversi commenti delle persone intorno a noi: “Boh, cos’è?”.

Provocazione: a volte il messaggio è più importante del film?
Eh, ma allora fai un convegno, lanci il tuo messaggio e poi andiamo al cinema a divertirci. E questo è un discorso che avevo fatto anche su alcuni film italiani dove alla fine la gente muore, c’è sempre il dramma, tipo Sole cuore amore. Io sono più dalla parte di Mia Farrow nella Rosa purpurea del Cairo: vado al cinema per stare sereno in un mondo che non è sereno.

E di Oppenheimer che mi dici? Sei un nolaniano?
Mi piace Nolan perché è imprevedibile, io sono una persona che detesta la noia, non voglio sapere già dove andrà a parare il film. E Nolan è uno di quelli che cercano di spiazzarti fin da subito. Ad esempio, con Tenet mi sono ritrovato a pensare alla scena del teatro, bellissima… però non ho capito niente, meno male che c’era Marcello a spiegarmi che era tutto un bluff. Un bluff, sì, però girato con una gran mano…

Tenet è davvero una supercazzola, senza la profondità di altri film di Nolan.
Sì (ride), però era il momento in cui i cinema riaprivano post Covid, quindi tutti a vedere Tenet. Oppenheimer è un’opera molto interessante che riguarda la vita di questo scienziato, ed è abbastanza spaventoso che ritiri in ballo l’atomica in un periodo come questo. È cinema, tra l’altro un cinema di tre ore che non pesano assolutamente, altro elemento a favore. E ora sono curiosissimo di vedere The Marvels, perché ne hanno parlato già così male, ma così male, che mi incuriosisce tantissimo.

Quindi più ne parlano male più lo vuoi vedere?
Allora, ci sono dei film che io considero dei guilty pleasure, per cui dico a Marcello: “È il film ignorante di cui abbiamo bisogno stasera”. E quindi in passato siamo andati a vedere Gods of Egypt, ignorantissimo, o Shark 2 – L’abisso. Sapevo già che sarebbe stato una “palata” come dicono qua a Parma, e purtroppo lo è stata: un film pieno di cose, ma noioso. E guarda che è difficile con quei mezzi riuscire a fare un film che annoia.

Quante volte vai al cinema?
Se riesco una o due volte al mese, poi recupero molto sulle piattaforme, qualche link. Vado più in trattoria che al cinema, potrei fare una nuova rubrica da food influencer. Adesso poi sono finito anche più dentro, dietro le quinte, perché sta per uscire su Prime Video Elf Me con Lillo, al quale ho collaborato come soggettista e sceneggiatore insieme a Marcello Cavalli, Giovanni Gualdoni, Gabriele Manetti, poi in fondo si è aggiunto anche Tommaso Tenzoni.

Elf Me riprende un po’ quella tradizione dei film di Natale che forse è più americana, sbaglio?
Sì, infatti Gabriele cercava di dare una visione italiana a quello che di solito è un film americano. Siamo riusciti a fare una cosa molto carina, è stato tradotto in otto lingue, potenza delle piattaforme, il 15 novembre sono a Roma perché faremo un’anteprima con red carpet.

E ci sarà una tua recensione di Elf Me?
Da contratto non posso commentare il mio stesso lavoro, però al di là della recensione devo dire che è venuto molto carino, davvero. E non era scontato perché mi sono reso conto che poi, dopo la sceneggiatura, il film passa nelle mani di regista, attori che improvvisano, scenografi che posso rendere una situazione triste o bella. E qui tutti hanno dato il massimo. Ci sono delle scenografie straordinarie, di un ragazzo giovane, Federico Costantini, allievo di Storaro, che ha creato una cosa meravigliosa. Sono stato sul set un paio di volte, sono bellissimi questi teatri di posa in cui tu hai l’ufficio di Babbo Natale, la fabbrica degli elfi, la camera del bambino… io che adoro i dietro le quinte sono rimasto affascinato. E poi Federico Ielapi è bravissimo e ha una stretta di mano già tostissima.

Com’è iniziata la tua passione per il cinema?
Ti posso dire il primo film che mi hanno consentito di vedere la sera dopo Carosello: La vendetta del ragno nero, film anni ’50 un po’ di serie B con questo ragno enorme che invade la città. Contemporaneamente andavamo al cinema della parrocchia, quindi film di Bud Spencer e Terence Hill, ma anche di fantascienza, tipo Il giorno dei trifidi. Il primo film che ho visto in un cinema vero, a Parma, è L’impero colpisce ancora, puoi immaginare: lo schermo grande, l’attacco delle pulci delle nevi ai camminatori. Non eravamo tanti in sala, era una visione pomeridiana, sono tornato a casa estasiato. Da lì appena potevo andavo al cinema, poi io appassionatissimo di colonne sonore, andavo in giro per negozi di dischi e non le trovavo. Pensa ora con Spotify…

A parte quel mondo lì, quindi Star Wars, Marvel, cos’altro ti entusiasma?
Una base nerd ci vuole (sorride), ma io guardo di tutto. Tra i miei film preferiti c’è Il raggio verde di Rohmer, ma anche Casablanca, che ho scoperto guardandolo in televisione in montagna un pomeriggio. Stavo disegnando una storia che andava in una direzione e niente, è arrivato subito Casablanca anche dentro a quel fumetto. Poi mi piace una certa comicità americana anni ’80, quindi Chevy Chase, Dan Aykroyd, John Belushi, Bill Murray, stamattina ho visto il nuovo trailer di Ghosbusters… Ho sempre guardato anche i cinepanettoni, perché c’è sempre almeno una bella gag, poi a me piace Christian De Sica, mi fa molto ridere. E poi ci sono anche attori nuovi che mi piacciono molto: io sono amico di Nicola Nocella, sto aspettando come un avvenimento che esca Il maledetto. Easy era stupendo, ho scoperto Nicola con Il figlio più piccolo, proprio insieme a De Sica. E mi sono guardato Welcome Venice con il buon Andrea Pennacchi, anche lui eccezionale.

Ripercorriamo un po’ l’ultima stagione: Indiana Jones.
È sempre un piacere andare a vedere gli amici, io poi non massacro neanche Il regno del teschio di cristallo pur essendo un film in cui c’è too much di tutto, si vede che dovevano creare una storia a videogioco. È stato il primo film che ho fatto vedere alle mie figlie perché è proprio a livelli, scene che durano cinque minuti, compartimentato. Ho visto anche The Expendables 4, che sempre fa parte dei guilty pleasure, e l’altro giorno ho finito di vedere Sly

Ecco, volevo chiederti di Stallone, perché so che tu hai il suo santino nel portafoglio.
Stallone è un uomo straordinario, e questo documentario è bello perché racconta di uno Stallone fragile, come dice lui, quasi in cerca di conferme da parte del pubblico, conseguenza di questo padre che l’ha sempre trattato di merda. Come giustamente fa notare Roberto Recchioni nei suoi post, i doc su Arnold Schwarzenegger sono una marcia trionfale, al grido di “I’ll be back”, Stallone invece ha sempre messo una certa fragilità nei suoi personaggi, perché lui è così, ha sempre avuto lo sguardo da buono. Ti dirò di più: quando è morto suo figlio Sage, nelle interviste si vedeva che gli era proprio cambiato lo sguardo.

La sirenetta: so che hai pianto.
Eh, nella scena di Tritone che saluta la figlia quando se ne va, da padre, mi sono commosso. Ma Tritone a bagno nell’Adriatico era abbastanza imbarazzante. Però avevo promesso che avrei portato le mie figlie, a loro piace andare al cinema perché ci sono i popcorn. E a proposito di popcorn…

Vai.
L’esperienza più bella della visione di Beau ha paura è quando ho rischiato di restare soffocato da un popcorn che mi era andato di traverso. Ho tossito per cinque minuti ed è stato il momento migliore del film, che era terrificante.

Scorsese dice che si ispira in qualche modo al cinema di Ari Aster.
Non so che farmaci stiano dando a Scorsese, ma mi sa che il suo medico li ha sbagliati.

Hai visto Killers of the Flower Moon?
Non ancora, però ci sono DiCaprio e De Niro, attori che “tirano”. C’è questa cosa per cui effettivamente non esistono più le star, se pensi a un attore per il quale vai volentieri a vedere un film ha più di 50 anni.

Forse DiCaprio non ci arriva…
Non fare la media con l’età delle sue morose… (Ridiamo e cerchiamo l’età di DiCaprio: 48 anni) Io vado al cinema per Tom Cruise, mi son visto The Equalizer 3 con Denzel Washington. Ecco, questi sono i film catartici, quelli che faceva anche Stallone, tipo Cobra: “Tu sei il male e io sono la cura”. Esci dal cinema e sei carico. È bella anche la frase finale del suo docufilm: “Io lavoro con la speranza e non mi piacciono i finali… vai vai, continua a girare”. Quoziente intellettivo 160, insomma dal mio 97 a lì, cioè: uno non diventa Stallone così e rimane a questo livello a 77 anni.

Mettiamo lì una pietra miliare degli ultimi anni: La La Land. So che il musical non è propriamente il tuo genere, però…
La La Land è veramente molto bello.

Ho riso per la recensione dove ritrai Emma Stone come una rana con i capelli rossi…
Be’, lì riscatta tutte le sue precedenti interpretazioni. Devo dire la verità: sono andato a vederlo un po’ scettico perché tutti ne parlavano. Le musiche mi sono piaciute tantissimo, e anche la storia ti colpisce: ti fa star male, ti fa star bene, o ti fa star bene perché ti fa star male. Tutti abbiamo avuto una love story che se fosse andata bene… c’è quella chiave lì che parla a tantissimi.

Capitolo Star Wars: nel Buio colpisce ancora dici che Darth Vader ha perso credibilità con i nuovi film, non è più quel super villain totale.
La Disney ha un problema: quello di cavalcare i tempi in maniera più realista del re, c’è questa specie di buonismo di ritorno per cui anche i villain che dovrebbero essere semplicemente dei villain – perché ricordiamoci sempre che un buon film lo salvano i cattivi – non sono più semplicemente dei villain. E, parentesi, in Elf Me c’è un Claudio Santamaria strepitoso, si riconosce anche la zampata di Mainetti, che è pure produttore. La Disney sta facendo quest’opera di lavaggio, a partire da Maleficent: “C’era una fata buona di nome Maleficent”… what the fuck, ma allora chiamatela Beneficent.

Immagino valga lo stesso discorso per Loki.
Ho visto la prima puntata della prima stagione e poi ho smesso, perché se sciacquiamo anche Loki e lo trasformiamo in Alberto Sordi, io non ce la faccio. Non c’è più la capacità di dire questo è cattivo, avrà i motivi suoi. Anche Gabriele Mainetti è molto esigente sul cattivo, vuole un cattivo con cui si possa empatizzare, però alla fine io vengo dal cinema action di Stallone oppure da Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo! Già negli anni ’70 si diceva: se uno è cattivo, è colpa della società. Ho capito, ma chi se ne sbatte, la scelta l’ha fatta lui.

Ma tu preferisci disegnare le recensioni o le parodie di interi film con Rat-Man?
Dipende, se c’è qualcosa che mi è piaciuto tantissimo, allora in qualche maniera lo devo rielaborare, devo farlo anche io perché è troppo bello. E Rat-Man mi aiuta anche a storpiare il titolo: Avarat, Il Signore dei Ratti… ma anche la Quadrilogia dei Sacrificabili o 299+1, dove c’è questa cosa del non lasciare indietro nessuno. A Lucca qualcuno l’ha fatto vedere a Frank Miller, che ha cominciato a ridere: “Lo voglio anch’io!”. Quindi questo tizio ha una copia di 299+1 autografata da Frank Miller. Adesso stiamo cercando di mandarlo direttamente a Frank e ai suoi avvocati probabilmente… secondo me rideva per quello, pensava: “Mi faccio la villa”.

Come nascono le tue recensioni? Perché partono quasi sempre dalla tua vita, il viaggio in macchina con Marcello che c’è spessissimo…
Sì, perché poi quando andiamo alle anteprime a Milano anche il viaggio in macchina è tutto un’avventura. Dipende dal film, e adesso sto cercando di applicare una formula diversa: prima nel blog c’erano vignette a profusione, adesso con Instagram ne hai a disposizione 10 per ogni titolo e devi essere più conciso, a volte magari ti sembra pure di essere stretto. L’idea è quella di riprendere a farle e preparare almeno un terzo Buio per il 2025.

Quando disegni come ti poni nei confronti del politically correct, delle famose cose che non si posso dire?
Le dico subito, così almeno non ci pensiamo più: me ne frego, perché sennò non faccio più niente. Come dice Ricky Gervais: c’è un modo per fare umorismo in maniera intelligente, cioè se vi indignate per questa battuta state sbagliando il bersaglio perché dovresti indignarvi per quest’altra cosa. Lui è un maestro in questo. E devo dire che nel mio piccolo cerco di avere quell’equilibrio tale che ti fa colpire il bersaglio giusto. Per Barbie ho avuto non so quanti commenti, tipo: “No ma tu non hai capito che era dai 13 anni in su”. Benissimo, allora non mi fai un trailer ingannatore, sembra un film divertente per ragazzi, poi lo vedi e ti spareresti nei maroni.

Torniamo al tuo rapporto con i film italiani.
Se sono belli, è buono (ride). Io sono un fan di Olmi, Torneranno i prati è meraviglioso. Ecco, il problema è che ci sono tanti film che magari usufruiscono dei finanziamenti, che io dico: andate in trattoria, non fate il film, così io non perdo una serata al cinema. Non ho ancora visto Io capitano, magari vedrò anche Comandante, che però mi attira meno. E devo ancora vedere anche il film della Cortellesi. Poi ci sono delle sorprese come Welcome Venice o Il grande passo con Battiston e Fresi, molto carino, emozionante. Il problema è che sono film piccoli, che magari spariscono… però aspetta, mi stavo dimenticando Il sol dell’avvenire! Bellissimo, una commozione finale che mi chiedevo da dove arrivasse. E quello è cinema, è riuscito a trasmettermi qualcosa e ancora non so cosa. E questo mi fa dire: cavolo, bravo! Non che Nanni dovesse dimostrarlo.

Film preferito di sempre?
Ti posso dire qual è il film che ho guardato di più in vita mia: Blues Brothers, visto 14 o 15 volte, ci ripetiamo anche le frasi tra amici. C’è chi ha Frankenstein Junior… sono spesso film che fanno ridere, che hanno un bel messaggio. E ha ragione Stallone quando dice: “Io lavoro sulla speranza”. Cerco di metterne sempre anch’io uno sprazzo finale nelle mie storie, è giusto così. Tu hai sofferto tutto il film e ti meriti di uscire dal cinema così.

Il peggiore di sempre, quello che non consiglieresti al tuo peggior nemico?
Beau ha paura non lo consiglierei a nessuno (ride).

E parlando invece di serie, cosa ti piace?
Marcello mi ha fatto scoprire Only Murders in the Building, loro sono veramente dei mostri di bravura. Poi mi vengono in mente Il metodo Kominsky e Afterlife di Ricky Gervais. Ho visto anche Derek, quella in cui Gervais fa il tuttofare in una casa di riposo. E invece mi mancano i vari The Office, anche se sia lui che Steve Carell sono sempre strepitosi. Ogni tanto ovviamente mi guardo pure serie Disney come Ahsoka, ma quando finisce pensi: “Ho perso ore della mia vita”. She Hulk è stata una presa in giro clamorosa, l’ultima puntata era come se ti gridasse in faccia: “Coglione!”. Buttano su un sacco di roba, hanno i mezzi? Benissimo, allora date due lire a uno sceneggiatore. Solo che mi rendo conto, avendo lavorato per la prima volta in questo campo, che non è facile far arrivare la tua storia.

Dopo l’esperienza da sceneggiatore con Elf Me ci hai preso gusto? Vedremo altro?
Sto già buttando giù delle idee per Elf Me 2, giusto per farci trovare pronti, nel caso: Marcello ed io ne parleremo sicuramente anche mentre andremo a Roma per l’anteprima. Come direbbe una mia amica americana: “Easy money”, che non dispiacciono mai a nessuno. E per una volta, dopo che ho scritto, non mi tocca pure disegnare. Mi piace, e mi piacerebbe che mi chiamassero anche di più.

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