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Il cuore selvaggio di Laura Dern

L'attrice musa ispiratrice del genio David Lynch ci ha raccontato di "Wilson", il suo nuovo film in cui, affianco a Woody Harrelson, veste i panni di una madre decisa a riavvicinarsi alla propria figlia data in adozione

Se mai una donna a Hollywood ha impersonato la differenza che passa tra l’essere una star e semplicemente una grande attrice, questa è Laura Dern. Non ha avuto le copertine, i riflettori o anche soltanto il glamour di colleghe Angelina Jolie o Nicole Kidman; quanto però a cult-movie realizzati e interpretazioni coraggiose non è di certo inferiore a nessuna di loro. Chi ad esempio avrebbe osato girare opere controverse e ipnotiche come Velluto blu o Cuore selvaggio insieme a David Lynch? Il fatto è che Laura Dern ha sempre scelto la via più impervia, quella di personaggi e film intenti a scuotere il pubblico invece che blandirlo. E lo stesso ha fatto adesso con Wilson, commedia corrosiva tratta dall’omonimo comic-book indipendente di culto firmato Daniel Clowes. Accanto a lei un altro attore iconoclasta come Woody Harrelson. Insieme sono una coppia che, a diciassette anni dal loro divorzio, tenta di ricostruire il rapporto con la figlia che lei, Pippi, ha deciso di dare in adozione.

Laura, cosa ti ha spinto ad accettare il ruolo di una donna così fragile e insicura?
Nell’accettare un ruolo ogni attore più o meno inconsciamente sceglie di confrontarsi con una parte della sua personalità. In carriera ho interpretato donne meravigliosamente complicate, per le quali dovevo trovare un lato di me in grado di capirle, di comprenderne azioni e motivazioni, e poi farlo uscire durante le riprese. Alla fine ho cominciato a collezionare questi differenti caratteri, credo di essere diventata più complicata col passare degli anni. Nel caso di Wilson mi interessava esplorare la rabbia repressa di Pippi e il suo amore per un uomo senza filtri. A lei non è mai stato concesso il giusto spazio, non ha potuto esprimere la sua personalità all’interno della propria famiglia, e da questa frustrazione è scaturita la sua dipendenza dalla droga. Alla fine è tornata accanto all’unica persona che le ha permesso di essere sé stessa, e ciò in fondo ancora la terrorizza. Daniel Clowes e il regista Craig Johnson mi hanno lasciato lavorare da sola su questi aspetti Pippi, ho avuto maggiore spazio di manovra per creare la sua psicologia perché è il personaggio più diverso rispetto al fumetto originale.

Come avete lavorato con Woody, Daniel e Craig per trovare il giusto equilibrio tra dramma e commedia?
Prima di tutto abbiamo cercato di costruire un mondo che fosse bizzarro e insieme realistico, penso che il merito principale debba essere attribuito a Daniel Clowes e il suo lavoro, il fumetto contiene già tutti gli ingredienti necessari. Il compito più difficile era trasferire il tono del fumetto in cinema, ciò è accaduto grazie alla competenza del regista Craig Johnson e del direttore della fotografia Frederick Elmes, con cui avevo lavorato ai tempi dei film con David Lynch. Molti di noi hanno avuto un percorso artistico simile, volto a cercare l’autenticità in universi cinematografici differenti. Abbiamo usato questo terreno comune per realizzare Wilson. Quando poi decidi di realizzare una commedia che non ha paura di osare puoi spingerti a dire cose che arrivano al pubblico più in profondità.

Saresti capace, come Pippi, di rimanere accanto a un uomo complesso come Wilson?
Probabilmente no, ma questo non vuol dire che non ammiri Wilson. È il momento giusto per personaggi come questi, bisogna che la gente torni cercare la verità. Oggi le persone si sentono a disagio se incontrano qualcuno che li guarda negli occhi e vuole connettersi. Purtroppo ci sentiamo culturalmente più sicuri con una bugia che possiamo abbracciare piuttosto che con la realtà. Preferiamo non vedere veramente lo stato in cui siamo adesso o cosa dovremmo fare come comunità per migliorare. Abbiamo un presidente che afferma che il surriscaldamento globale non esiste! Forse avremmo bisogno di più persone come Wilson, che ci mettono la faccia e provano a smascherare tutte le nostre ipocrisie quotidiane.

Definiresti Wilson e Pippi due ribelli dei nostri giorni?
A loro modo certamente. Clowes ha creato due personaggi che non sono apatici, educati a essere socialmente appropriati. La società americana contemporanea ci inculca idee come: “Stai affrontando un brutto momento, ad esempio un divorzio o un lutto? Allora dovresti imbottirti di antidepressivi”. È come se oggi dovessimo castrare i propri istinti ed emozioni in favore di un ordine superiore, dovuto alla civilizzazione. Loro reagiscono invece con la loro umanità assurda e ingarbugliata, ma non domata.

Entrambi i protagonisti però hanno dei lati piuttosto immaturi…
Certo, e non ci vedo nulla di male, sono esseri umani incompiuti che tentano di fare il meglio che possono. Apprezzo chiunque sappia prendersi le proprie responsabilità senza per forza abbandonare la sua parte fanciullesca. Per mia grande fortuna sono stata cresciuta da due genitori (Bruce Dern e Diane Ladd, ndr) che mi hanno insegnato il valore di essere un bambino, perché a loro volta erano bambini come me. Mi dicevano sempre che io li avrei aiutati a crescere almeno quanto loro avrebbero aiutato me, che non avrebbero avuto tutte le risposte ma le avremmo cercate insieme. La loro onestà nel non fingere di avere un ruolo già prestabilito forse deriva proprio dall’essere attori, sapevano cosa voleva dire pretendere di essere qualcuno che in realtà non si è, non hanno commesso questo errore con me. Io sto cercando di fare lo stesso con i miei figli. Bruce e Diane non hanno mai cercato di essere gli adulti nella mia vita, mi hanno invece lasciato partecipare alle loro difficoltà ma anche al loro coraggio nell’imparare a essere genitori.

Qual è stata la scena di Wilson più divertente da girare?
Anche se non è politicamente corretto dirlo la mia scena preferita è stata quella nel centro commerciale, dove picchiamo dei teenager. L’abbiamo girata più volte, penso che inconsciamente io e Woody cercassimo di rallentarla apposta per continuare a nutrire il nostro senso di rivalsa per quei poveri attori più giovani di noi…

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