Governo draghi | Rolling Stone Italia
Interviste

Governo draghi

Arriva su Sky e NOW, in contemporanea con gli Stati Uniti, ‘House of the Dragon’, l’attesissimo prequel di ‘Game of Thrones’. Si riparte dalla Casa Targaryen e dai suoi intrighi politici e umani (altro che elezioni). Abbiamo raccolto le anticipazioni, i segreti, le polemiche e tutto quello che c’è da sapere sulla serie più colossale della nuova stagione. A partire dal momento in cui tutto ha avuto inizio: quella cena a Santa Fe con George R.R. Martin

Matt Smith in ‘House of the Dragon’. Foto: HBO

Era il 19 maggio del 2019. Poco più di tre anni fa. Il giorno in cui i Sette regni trovarono il nuovo re, Bran Stark, una mossa politica degna della migliore Restaurazione che scontentò non pochi ammiratori di Game of Thrones, che forse speravano nel coronamento della storia d’amore tra Jon Snow e Danaerys, o meglio ancora di vedere sul trono una delle sorelle di Bran, non tanto l’irruenta e selvaggia Arya, quanto la forte e segnata dalla vita Sansa. O magari addirittura Tyrion Lannister, il piccolo uomo capace di tirare le fila e tessere trame in ogni situazione grazie alla sua intelligenza e alla sua maestria diplomatica.

Si potrebbero riempire centinaia di pagine con le storie, principali e secondarie, delle otto stagioni del Trono di spade (che poi in originale è sempre stato semplicemente di ferro), ed effettivamente è successo, già immediatamente dopo la fine della serie. Le notizie su eventuali spin-off, prequel e sequel hanno incominciato a rincorrersi subito. In molti chiedevano a gran voce di conoscere le future avventure di Arya, in viaggio oltre i confini del mondo conosciuto, ma quel sogno si è infranto quasi subito.

Ci ha messo un bel po’ di più Bloodmoon, prequel ambientato circa 10.000 anni prima degli eventi di GoT, in cui dovevano essere raccontate la nascita delle casate e la prima invasione dei White Walkers, i non morti che arrivano dal profondo Nord. Naomi Watts protagonista, puntata pilota girata ma di cui non si è mai terminata la post-produzione perché la HBO non era convinta del prodotto. Quando Bloodmoon fu cancellata, nell’ottobre 2019, la linea era già stata tracciata.

Si è preferito puntare su eventi più recenti e probabilmente anche più intriganti. Quelli di House of the Dragon, ovvero l’inizio della decadenza della casa Targaryen, iniziata 172 anni prima di Daenerys, “nata dalla tempesta, la Prima del Suo Nome, Regina degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, Signora dei Sette Regni, Protettrice del Reame, Principessa di Roccia del Drago, Khaleesi del Grande Mare d’Erba, la Non-bruciata, Madre dei Draghi, Regina di Meereen, Distruttrice di catene”.

Roba da nerd, si direbbe. Ma evidentemente di nerd ce ne sono anche di insospettabili in giro per il mondo, perché Game of Thrones è diventata, nel corso degli anni, un fenomeno di cultura pop di portata globale, facendo diventare di moda un genere, il fantasy, che seppur fatto uscire dagli scantinati in cui strani personaggi giocavano a Dungeons & Dragons e altri giochi di ruolo per adepti di sette segrete dalle due trilogie del Signore degli anelli firmate Peter Jackson, sempre un mondo fantastico era rimasto per gran parte del pianeta Terra.

Ragione per cui è superfluo spiegare tutto quello che è successo prima di quel 19 maggio 2019, soprattutto perché adesso non si fa altro che parlare di quanto accaduto dopo: una realtà composta da 10 puntate che, dal 22 agosto, cercheranno di ripetere il successo della serie madre. In Italia andranno in onda in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW dal 22 agosto, in contemporanea assoluta con la messa in onda negli Stati Uniti. La domanda sorge spontanea: perché dovremmo essere interessati a una storia di cui già sappiamo il finale? Risposta semplicissima: perché è una grande storia.

Paddy Considine, alias il re Viserys Targaryen, con la sua corte. Foto: HBO

Quella cena a Santa Fe. Ryan J. Condal quindici anni fa si occupava di pubblicità in ambito farmaceutico, dopo essersi laureato per intraprendere una probabile carriera da commercialista o contabile in azienda. Ma le sue vere passioni erano la scrittura e il cinema. E nel 2008 i suoi sforzi furono ripagati, dato che una sua sceneggiatura fu comprata e inserita nella famigerata Black List, quella dei copioni non realizzati più promettenti sul mercato. Un evento che gli ha letteralmente cambiato la vita, perché da quel momento Condal si è dedicato a tempo pieno alla scrittura cinematografica, firmando la sceneggiatura dell’Hercules con Dwayne Johnson, la serie Colony e il film Rampage, ancora con Dwayne “The Rock”. Per il resto, molti progetti commissionati e mai realizzati, ma il lavoro dello scrittore per il cinema è anche questo.

Nel 2013 Condal era a Santa Fe, New Mexico, dove stava seguendo le riprese di un film per la televisione dal titolo The Sixth Gun, tratto dal fumetto di Cullen Bunn. George R.R. Martin, il creatore della saga letteraria delle Cronache del ghiaccio e del fuoco da cui è tratta Game of Thrones, vive proprio a Santa Fe, ed essendo Condal un suo grande ammiratore lo invitò a cena. I due diventarono ottimi amici e quando la HBO decise di realizzare un prequel delle storie di Westeros, Martin pensò a lui per svilupparlo. E il buon Ryan ha ancora qualche problema a crederci, come ha raccontato a Rolling Stone: «Ogni tanto devo ancora darmi un pizzicotto, fare lo sceneggiatore era il lavoro dei miei sogni e House of the Dragon è il lavoro dei sogni nel lavoro dei sogni».

Si sa, due showrunner sono megl’ che uan, soprattutto se il secondo ha già avuto a che fare con l’universo di GoT. Miguel Sapochnik ha infatti firmato come regista alcuni degli episodi più iconici di Game of Thrones, tra cui gli spettacolari La battaglia dei bastardi e La lunga notte. Miguel aveva giurato che non avrebbe più lavorato su niente che avesse a che fare con la serie, ma non è stato di parola. «In realtà è una cosa che ogni regista dice quando finisce un lavoro per farsene offrire un altro subito dopo. Scherzi a parte, la decisione è arrivata alla fine di un percorso, conosco bene Ryan, avevamo già lavorato insieme e volevamo essere sicuri che quello che stavamo facendo fosse assolutamente nuovo e con un punto di vista originale rispetto alla serie precedente. Quando siamo arrivati a quel punto, allora ho capito che potevo tornare a essere della partita».

Olivia Cooke/Alicent Hightower e Emma D’Arcy/Rhaenyra Targaryen. Foto: HBO

Tanto tempo fa, in una terra lontana lontana… «I Targaryen sono i Jedi di Westeros», ci ha detto Sapochnik, e House of the Dragon potrebbe quindi essere considerato il Rogue One di Game of Thrones. La storia comincia con la mancata designazione come erede al trono di una donna, la principessa Rhaenys Velaryon, a cui viene preferito il cugino Viserys Targaryen. Diventato re, dopo nove anni si ritrova con lo stesso problema del suo predecessore, una discendenza femmina, la figlia Rhaenyra Targaryen. L’alternativa sarebbe il fratello del re, Daemon Targaryen, violento, inaffidabile e privo di una parvenza di morale, ma per fortuna la regina è in dolce attesa e Viserys è certo che questa volta si tratta di un maschio. Ne sarebbe felice anche il suo consigliere Ser Otto Hightower, che disprezza Daemon e la cui figlia, Alicent, è la migliore amica di Rhaenyra.

Queste sono le premesse della storia di House of the Dragon, dieci puntate durante le quali vedremo l’alba del declino della casa dei draghi. Al contrario di quanto avvenne con Game of Thrones, che partì come una produzione dal budget contenuto per poi crescere di pari passo con il suo successo, House of the Dragon ha la responsabilità di tenere alta l’asticella rispetto alle ultime stagioni della serie precedente. I valori produttivi sono quindi molto elevati già dal primo episodio, che si apre con il volo di un drago, chiara dichiarazione d’intenti da parte di HBO. Qui non si bada a spese. E non si sono risparmiati neanche con il cast, ricco di nomi di primissimo piano.

A partire dal re, interpretato da Paddy Considine, attore sopraffino che ha lavorato con registi come Shane Meadows, Edgar Wright, Jim Sheridan (e anche ottimo regista: il suo primo film Tirannosauro era notevole) e che offre a questo re tormentato dalla colpa, ma profondamente giusto, il suo talento. «Viserys è un uomo buono», ci ha confessato Paddy a proposito del suo personaggio, «e penso che sia molto interessante, tra tutti gli intrighi e le pugnalate alle spalle che ruotano attorno al trono di spade, trovarvi seduto lui, diventato re perché maschio e perché è sempre stato un bravo studente, appassionato storico della casa Targaryen, ma lui stesso consapevole di non essere tagliato per quel lavoro. Viserys è anche un drago, e quindi esiste un altro aspetto del personaggio che verrà fuori nel corso della storia e giocare su questa dualità è stato molto appassionante».

Matt Smith è Daemon Targaryen. Foto: HBO

E tra le cose che ha dovuto costruire c’è stato anche il rapporto con il fratello Daemon, interpretato da uno specialista delle serie tv di culto, Matt Smith. Da Doctor Who a The Crown, Smith sa cosa vuol dire far parte di un prodotto destinato a un pubblico vasto ed esigente, e questa volta lo fa interpretando un personaggio apparentemente sgradevole, ma in realtà molto sfaccettato e tormentato, il cui primo desiderio è proprio l’approvazione da parte del fratello. «Hai ragione, è un’analisi perfetta», mi ha detto Matt parlando del suo Daemon. «Tutto quello che fa, anche le cose peggiori, lo fa per ottenere attenzione da parte del fratello maggiore, e dietro il suo essere brutale, a volte ottuso ed estraneo a un vivere civile si nascondono delle qualità affascinanti e una grande sensibilità, che portano a un conflitto interiore continuo che guida le sue scelte nel bene e nel male».

Una condizione, quella del fratello minore, che Paddy mi ha svelato di conoscere molto bene (e pure io, a dire il vero). «Ho cercato per anni l’approvazione di mio fratello maggiore quando ero ragazzo, ero io il Daemon della famiglia, so benissimo come ci si sente e ho usato la mia esperienza per costruire il rapporto con Matt e il suo personaggio. Viserys vuole bene a Daemon, ma non può concedere il suo amore fraterno in cambio di niente, è il re e deve far rispettare la sua posizione e le sue leggi».

Insomma, il Trono di spade non è diverso da altre sedute reali, si tratta sempre di una questione di famiglia. Lo sa bene Rhaenys Velaryon, “colei che non è mai stata regina” come viene chiamata dopo non essere stata scelta come erede del nonno Jaehaerys I Targaryen. Rhaenys resta però una figura chiave all’interno della corte, così come suo marito, Lord Corlys Velaryon, che fa parte del consiglio ristretto della corona. Una coppia che sarà molto importante nell’economia della storia, interpretata rispettivamente da Eve Best e Steve Touissant, due attori poco noti per il pubblico italiano, ma di grande spessore. Eve ha vinto un Olivier Award, l’Oscar del teatro britannico, per la sua straordinaria interpretazione in Hedda Gabler, mentre Steven ha fatto parte del cast di Line of Duty, una delle serie di maggiore successo della televisione inglese.

Steve Toussaint è Lord Corlys Velaryon. Foto: HBO

E proprio Steven è stato al centro della prima polemica scoppiata sui social per il casting del suo personaggio. Una cosa che l’attore mi ha detto di avere preso con stile e filosofia. «Sai, sono stato nero tutta la vita, quindi non è proprio una cosa di cui mi sono preoccupato, ma mi sono meravigliato di quanto velocemente sia esplosa: pochi minuti che era stata data la notizia, è saltato fuori il primo post che diceva che Lord Velaryon non poteva essere nero. Ma ecco la mia posizione in merito. Ci sono molte cose nella televisione contemporanea che non vedo perché non mi piacciono, ma non ritengo necessario farlo sapere urbi et orbi semplicemente perché non ci penso, dato che ho una vita piena e felice. Se invece c’è qualcuno che si prende la briga di commentare il mio ruolo, è francamente un problema suo e probabilmente ha una vita vuota e noiosa che deve riempire in qualche modo». Amen.

Un affare di donne. Come Game of Thrones, anche House of the Dragon è una storia a trazione femminile. Prima c’erano Cersei, Daenerys, Arya, Sansa e molte altre donne forti che gestivano il potere e tiravano i fili. Una tendenza partita 172 anni prima con Rhaenyra e Alicent, che conosciamo nella loro adolescenza e le cui vite prenderanno strade diverse già dal primo episodio. Intorno a loro si sviluppa la storia di House of the Dragon e della casa Targaryen. Le amiche da giovani sono interpretate rispettivamente da Milly Alcock ed Emily Carey, giovanissime ed entrambe con un radioso futuro davanti.

Milly, australiana e già con un buon curriculum in patria, soprattutto televisivo, ha sfilato sul red carpet dell’anteprima londinese già da consumata star. Ha tutte le carte in regola per essere la nuova Anya Taylor-Joy e ha anche le idee molto chiare su quello che le due giovani amiche dovranno affrontare nel corso degli eventi di House of the Dragon: «Rhaenyra e Alicent sono migliori amiche, finché non accade qualcosa che spezza il loro legame e fa intraprendere loro sentieri divergenti, e nonostante entrambe combattano il patriarcato che le ha relegate in un angolo quando erano giovani, si troveranno a usare gli stessi metodi da loro stesse subiti per sconfiggersi a vicenda. Credo che la separazione di queste due donne cresciute come sorelle sia la cosa più toccante di questa prima stagione di House of the Dragon».

Milly Alcock interpreta la principessa Rhaenyra Targaryen. Foto: HBO

Emily Carey è stata giovane Wonder Woman nel primo film della saga DC e una quattordicenne Lara Croft nel già defunto reboot del franchise interpretato da Alicia Vikander. Entrambe porteranno i loro personaggi fino al momento in cui un salto temporale all’interno della stagione le trasformerà in Emma D’Arcy e Olivia Cooke. Olivia a 28 anni può già dire di avere lavorato con Steven Spielberg (Ready Player One) e di avere girato un teen movie di culto (Quel fantastico peggior anno della mia vita, che preferiamo chiamare Me, Earl and the Dying Girl, assolutamente magnifico), ma anche bei film come Amiche di sangue (ultima interpretazione del compianto Anton Yelchin) e Sound of Metal, al fianco di uno strepitoso Riz Ahmed.

Olivia mi ha raccontato qualcosa di più su quanto succede alle ragazze a un certo punto del racconto: «Hai presente quando trovi una vecchia fotografia di te? Ecco, l’impressione che ho avuto quando ho guardato i nostri personaggi è stata questa, vedendo come erano da giovani e quando poi subentriamo Emma e io. A un certo punto c’è un salto di otto, dieci anni, e in questo lasso di tempo a queste due ragazze diventate donne sono successe molte cose. Hanno prima di tutto una grande consapevolezza di loro stesse e dei loro ruoli all’interno del regno e dei suoi intrighi politici, ma vivono anche dei violenti conflitti interiori, sono state divise dagli eventi. La serie è tutta costruita attorno a loro che giocano un eterno tiro alla fune, con gli equilibri che tendono da una parte o dall’altra a seconda delle loro mosse. Rhaenyra e Alicent sono lo specchio l’una dell’altra».

Rhys Ifans nei panni di Otto Hightower. Foto: HBO

Emma D’Arcy è stata avvistata nella serie Prime Video Truth Seekers, scritta e interpretata da quei due geniacci nerd di Simon Pegg e Nick Frost. Purtroppo non ci sarà una seconda stagione, il che non è che la conferma che la vita è ingiusta e crudele. Ma per Emma si è chiusa la porta e si è aperto un portone, come si suole dire. E in una storia tutta al femminile il suo essere dichiaratamente non binaria è un’ulteriore suggestione, anche se Emma preferisce che l’argomento non metta in secondo piano il suo lavoro.

«Identità personale a parte, è un onore per me far parte di questa serie e credo potrà essere utile per ampliare la consapevolezza sulle questioni di genere», ci ha rivelato. «Quando ero più giovane e stavo cercando di entrare a far parte di questo mondo ci sono stati molti momenti in cui non ero certo ci fosse spazio per me, ma a quanto pare invece ce n’è e quindi sono felice che altri attori che si confrontano con l’identità possano sapere che come è successo a me può succedere anche a loro. Come attori credo che siamo sempre dei prismi dentro cui sono rifratti i personaggi, e se da una parte la mia identità può essere un buon punto di partenza per delle considerazioni interessanti, il mio lavoro è quello di scoprire chi è la persona che viene fuori dalle pagine che sto leggendo e cercare di impiantarvi le mie esperienze se possibile».

Il cast di House of the Dragon è completato da Rhys Ifans, indimenticabile co-inquilino di Hugh Grant in Notting Hill e attore gallese dal talento cristallino a cui ben si confà il ruolo della Mano del Re Lord Otto Hightower, padre di Alicent, personaggio complesso, ambiguo e tormentato; Fabien Frankel, nei panni del bello e coraggioso Ser Criston Cole; e Sonoya Mizuno, musa di Alex Garland e dei Chemical Brothers (è l’ipnotica ballerina del video di Wide Open), proprietaria di bordello e preziosa consigliera e amante di Daemon Targaryen.

Quanto durerà House of the Dragon? Sarà il pubblico a deciderlo, come sempre, ma Miguel ci ha detto come stanno le cose molto chiaramente: «Abbiamo deciso di affrontare l’epopea dei Targaryen partendo più o meno dalla metà della loro storia, questo ci permette di potere andare avanti e indietro nel tempo e in entrambe le direzioni ci sono molte altre storie con il potenziale per diventare una serie. Gli eventi che raccontiamo in House of the Dragon si svilupperanno nell’arco di tre, quattro stagioni». Quindi mettiamoci comodi, e bentornati a Westeros.

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