‘Fuoriclasse – Dai banchi di scuola alle classifiche’ è il ritratto di una (ri)generazione musicale | Rolling Stone Italia
Interviste

‘Fuoriclasse – Dai banchi di scuola alle classifiche’ è il ritratto di una (ri)generazione musicale

Prodotto da RS Productions e ora in arrivo sulla piattaforma ITsART, il doc racconta sei artisti – Anna, Chadia Rodriguez, Gaia, Kina, Psicologi, Voodoo Kid – simbolo di un panorama completamente rivoluzionato. Abbiamo incontrato la regista Alessandra Tranquillo

‘Fuoriclasse – Dai banchi di scuola alle classifiche’ è il ritratto di una (ri)generazione musicale

Voodoo Kid è una degli artisti intervistati in ‘Fuoriclasse – Dai banchi di scuola alle classifiche’

Foto: RS Productions

Prendi sei artisti giovanissimi (Anna, Chadia Rodriguez, Gaia, Kina, Psicologi, Voodoo Kid); due bravi documentaristi (Alessandra Tranquillo, classe 1986, e Luca Manuel Castillo, classe 1981, fondatori di PUNTOMOV); una giornalista musicale curiosa e appassionata di hip hop, soul e R&B (Marta Blumi Tripodi, collaboratrice di Rolling Stone); il desiderio di raccontare come si sta evolvendo il mondo della musica dopo l’avvento dei talent, dei social, dello streaming. Il risultato è Fuoriclasse – Dai banchi di scuola alle classifiche, prodotto da RS Productions in collaborazione con The House Of e disponibile dal 4 febbraio sulla piattaforma ITsART (qui il link), che indaga appunto una radicale rottura col passato: se fino a vent’anni fa la maggior parte delle band o dei singoli artisti emergeva in seguito a una lunga gavetta fatta di palchi di provincia, concorsi, demo, sale prove, cover e lezioni di musica, le nuove star di oggi e di domani fanno tutto senza nemmeno uscire dalla propria camera. Sono ragazzi giovanissimi, tecnologicamente smart, che pubblicano canzoni che scrivono, producono e registrano da soli, spesso senza avere una vera e propria formazione musicale: il loro palcoscenico sono i social e le piattaforme streaming, e per raggiungere il successo e strappare un contratto discografico impiegano poche settimane. Abbiamo fatto due chiacchiere con Alessandra Tranquillo, per mettere più a fuoco il fenomeno ad approfondire chi sono i nuovi re delle classifiche.

Da chi è partita l’idea di realizzare Fuoriclasse?
Il progetto è nato da un’idea di Marta Blumi Tripodi: l’intento era quello di raccontare com’è cambiato il modo di diventare famosi degli artisti oggi, e fare un paragone tra il prima e il dopo. Quindi com’è mutata la gavetta e proprio il “come” si fa musica: se prima si passava dai piccoli palchi di provincia, dalle sale prove, adesso con l’avvento dei social e l’utilizzo di programmi ad hoc, i ragazzi sono molto più autodidatti e riescono ad avere un accesso facilitato a questo mondo. Siamo perciò partiti da un’idea generale di cambiamento e abbiamo coinvolto dei giovani artisti che – pur essendo appunto giovani da un punto di vista anagrafico – vantano già dei numeri di tutto rispetto per capire meglio il loro percorso; dopodiché ne abbiamo selezionati sei, che alle spalle hanno storie piuttosto diverse ma comunque emblematiche. Prendiamo ad esempio Anna: parte dalla sua cameretta all’inizio della pandemia, in un periodo in cui non può uscire o fare nulla se non stare in casa. Scarica una base, ci canta sopra, carica la canzone su Spotify e da lì arrivano milioni di ascolti ed esplode il fenomeno. Poi c’è Gaia, che invece ha scelto di partecipare a X Factor e Amici, dunque ha vissuto un’evoluzione completamente differente. Parallelamente, abbiamo deciso di intervistare anche alcuni professionisti dell’ambito musicale – Big Fish, Nina Zilli, Carlo Pastore, Gabriele Minelli, Ernia – per indagare questa trasformazione dal lato degli addetti ai lavori.

Alessandra Tranquillo è la regista di ‘Fuoriclasse – Dai banchi di scuola alle classifiche’. Foto: RS Productions

Grazie ai social network, molti di loro in pochissimo tempo sono letteralmente passati dalle stalle alle stelle.
L’impatto con i social è stato per molti di loro straniante: immagina questi ragazzini, elettrizzati ed entusiasti, che caricano le loro canzoni e poi hanno la risposta di fan e hater senza nessuna barriera. Si sono ritrovati tutto il pubblico che aveva la possibilità di dire ogni cosa gli passasse per la testa, e spesso si sono ritrovati impreparati a gestire i riscontri, tanto quelli positivi, quanto quelli negativi. Le possibilità che forniscono i social network hanno una doppia faccia: un ritorno pazzesco in termini di condivisioni e popolarità, ma pure un contraccolpo che può cogliere alla sprovvista.

Ti confesso una cosa: a parte un paio di nomi, io non ne conoscevo nemmeno uno e mi sono sentita terribilmente anziana.
Abbiamo cercato di esplorare diversi tipi di musica e i generi che in questo momento vanno di più: anche io inizialmente, quando Marta Blumi Tripodi ci ha proposto questi nomi, non ne conoscevo neanche uno, proprio perché sono di un’altra generazione. Mi ha piacevolmente stupito scoprire aspetti che fino a poco prima ignoravo: Kina, per esempio, è un super produttore; ho cominciato ad ascoltare gli Psicologi; so a memoria l’album di Voodoo Kid. Siamo partiti da una selezione necessaria, e ci siamo ritrovati tra le mani storie interessanti che ci hanno coinvolto in prima persona.

Cosa racconta questa nuova generazione di artisti?
Raccontano quello che vivono, la loro età: forse, essendosi abbassata l’età media dell’artista, i temi inizialmente sono un po’ più “ingenui”, più naïf. È una cosa che emerge anche dai vox populi che abbiamo inserito all’interno del documentario per avere un riscontro da parte del loro pubblico: ci sono pure dei bambini che fanno ancora le elementari e che si riconoscono nei testi, che li capiscono e che sentono rappresentata la propria realtà.

Le infinite possibilità e la facilità d’accesso fornite dallo streaming nascondono un rovescio della medaglia?
Ora c’è un accesso maggiore rispetto al passato, ma a fronte di questa infinita possibilità c’è anche più rischio di perdersi. Prendi lo stesso Spotify: ci sono le playlist, le radio di un brano, le radio di un gruppo, che vengono messe perché piace quel genere, ma poi in pochi partono da un determinato singolo e s’ascoltano tutto l’album. La modalità d’ascolto oggi è più shuffle, di genere: magari sai che quella è trap, o rap, o hip hop, ma non sai indicare l’autore di una canzone in particolare.

A un certo punto, Carlo Pastore solleva un punto interessante: dietro a queste storie di successi esplosivi e immediati c’è il rischio di creare un mercato futuro di potenziali falliti.
Certo, infatti lo sostiene anche Gaia: “Voli in alto, ma se cadi ti fai veramente molto male”. Io ritengo sia un rischio che chiunque corre, ma è pur vero che potenzialmente lo stesso rischio può regalarti un successo enorme, che in ogni caso – nel bene o nel male – dovrai imparare a gestire.

Anche il duo Psicologi in ‘Fuoriclasse – Dai banchi di scuola alle classifiche’. Foto: RS Productions

Lato industria – e dunque produttori e discografici –, com’è cambiato il rapporto con questi artisti? In virtù della giovane età, si tende a proteggerli di più?
Stando a quanto è emerso con Gabriele Minelli di Virgin Records (in merito ad Anna) e con Big Fish (in merito a Chadia Rodriguez), con oggi c’è un estremo rispetto della figura artistica e delle persona. Non si parla di protezione in senso stretto, ma appunto di un rapporto più paritario, di considerazione e di riguardo: c’è un riconoscimento maggiore dell’artista, nonostante la giovane età. Iper-proteggere questi ragazzi sarebbe deleterio per loro, credo si tratti più di un discorso di responsabilizzazione e soprattutto alle spalle esiste una pianificazione assai precisa del percorso che si intende intraprendere. Tutto è cambiato, ma la figura dell’artista resta centrale ed esige un’attenzione che trascende la data di nascita.

Qual è il più grande merito della generazione attuale di cantanti e artisti?
Sono riusciti a riportare in Italia e ricreare un mercato italiano – di trap, di rap, di hip hop – che prima non esisteva, perché si seguiva quanto veniva fatto oltreoceano, in particolare negli Stati Uniti. Ora si canta e si racconta il qui e ora, non più il Bronx o i ghetti americani: in questo senso è stato eseguito un lavoro pazzesco, è stato costruito un mondo che già solo vent’anni fa non esisteva minimamente.