«Ero nervoso all’idea di lasciare l’universo di Heisenberg»: Vince Gilligan racconta ‘Pluribus’ | Rolling Stone Italia
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«Ero nervoso all’idea di lasciare l’universo di Heisenberg»: Vince Gilligan racconta ‘Pluribus’

Il creatore di 'Breaking Bad' è finalmente tornato in Tv con una serie completamente nuova, che si confronta con alcune delle sue stesse ansie e preoccupazioni per il futuro dell'umanità (AI compresa)

«Ero nervoso all’idea di lasciare l’universo di Heisenberg»: Vince Gilligan racconta ‘Pluribus’

Rhea Seahorn nei panni di Carol, aka “la persona più infelice sulla Terra”, in ‘Pluribus’

Foto: Apple TV+

«Sono un tipo da bicchiere mezzo vuoto», dice Vince Gilligan, creatore della leggendaria Breaking Bad, co-creatore di Better Call Saul e, a sua volta, leggendario per la sua gentilezza. «Quando faccio interviste o quando sono nella writers’ room cerco di essere [gentile], perché è bello vedere le persone sorridere. Ma il mio vero Io è fatto anche di cose negative».

Quella «parte negativa» emerge a palate nella nuova serie di Gilligan, Pluribus, la prima dai tempi delle storie di Walter White e Saul Goodman, concluse tre anni fa. È ambientata in un mondo completamente nuovo e costruita attorno a un personaggio, Carol, che Apple TV+ descrive come «la persona più infelice della Terra».

«In fondo non sono così diverso da Carol», continua Gilligan. «Il sarcasmo, la negatività, l’infelicità generale… per me quella è la parte facile della vita, davvero». Quel suo atteggiamento da bicchiere mezzo vuoto potrebbe spiegare perché ci siano voluti quasi vent’anni prima che Gilligan facesse qualcosa che non fosse ambientato in quello che i fan hanno iniziato a chiamare l’universo di Heisenberg – quello di Walter White, Jesse Pinkman, Saul Goodman & Co. La maggior parte dei produttori, al suo posto, avrebbe sfruttato il peso guadagnato con il successo di Breaking Bad per realizzare il proprio progetto dei sogni. Ma per Gilligan, che aveva lanciato quella serie dopo un periodo di magra seguito alla fine di X-Files, dove aveva imparato a scrivere e dirigere per la Tv, il fenomeno che Breaking Bad è diventato aveva qualcosa di quasi fortuito. «Ero nervoso all’idea di lasciare l’universo di Heisenberg», ammette.

Pluribus — Official Trailer | Apple TV

«Alcuni, leggendo la mia biografia, diranno: “Be’, questo qui ha avuto una gran fortuna fin dall’inizio”. Ed è vero», dice Gilligan. «Ma ci sono stati anche degli anni nel deserto, in cui pensavo: “Non arriverò mai dove voglio arrivare”. E poi, all’improvviso, ecco Breaking Bad, che si trasforma in qualcosa che andava oltre le nostre aspettative più folli. Ancora oggi mi manda fuori di testa».

«E non è falsa modestia, né un “aw-shucks, gee-whiz” performativo, o qualsiasi altra cosa», insiste. «Lo sento davvero. Non so cosa abbiamo fatto di giusto perché decollasse come un razzo. È stato semplicemente il cast giusto, nel posto giusto, al momento giusto. Se Breaking Bad fosse stata esattamente la stessa serie, ma fosse uscita dieci anni prima o dieci anni dopo, magari oggi non ne parlerebbe nessuno. Il tempismo è fortuna, e la fortuna è tempismo».

Ma ora Gilligan ha finalmente incassato l’assegno in bianco a cui aveva diritto da tempo. E ragazzi, se l’ha fatto. Pluribus avrebbe un budget di circa 15 milioni di dollari a episodio, cinque volte più del costo medio di Breaking Bad. Non siamo ai livelli di serie come House of the Dragon o Il Signore degli Anelli – Gli anelli del potere, ma quelle si basano su proprietà intellettuali collaudate, in un momento in cui l’industria sembra terrorizzata all’idea di investire molto su qualunque cosa non sia un brand riconoscibile. Pluribus, invece, è un concept completamente originale, così strano e specifico che posso a malapena dire qualcosa al riguardo, se non che, come recita la descrizione di Apple TV+, la già citata persona più infelice della Terra «deve salvare il mondo dalla felicità». La nostra scorbutica eroina è interpretata da Rhea Seehorn, veterana di Saul, amatissima dai fan dello spin-off ma lontana dall’essere un nome da copertina. Senza una grande star, senza un titolo familiare e con una premessa che Gilligan ha voluto tenere segreta fino alla première del 7 novembre, Apple TV+ ha scommesso un’enorme quantità di denaro sul fatto che basterà dire che hanno una nuova serie dal creatore di Breaking Bad per attirare il pubblico.

«Messa così, un po’ fa paura», dice Gilligan.

Ma non dovrebbe avere paura. Pluribus è un pezzo di intrattenimento abbagliante. Sfrutta tutto quello che Gilligan ha imparato sulla narrazione paziente con Breaking Bad e Saul, poi lo combina con l’ambizione high concept di X-Files e con l’eleganza visiva che Gilligan ha sviluppato come regista in tutte le sue serie. Anche se la trama coinvolge ogni persona sul pianeta, l’attenzione è spesso completamente puntata su Carol: Gilligan punta su tutto ciò che ha capito che Rhea Seehorn sa fare – tragedia, slapstick e pura presenza scenica – durante la sua interpretazione dell’avvocata Kim Wexler in Saul. Ci sono lunghe sequenze in cui guardiamo soltanto Carol alle prese con vari compiti, come scavare una fossa. Ed è ipnotico.

Vince Gilligan sul set di ‘Pluribus’. Foto: Apple TV+

L’ampiezza della premessa ha dato a Gilligan la sua prima opportunità di girare al di fuori del Nord America, con location nella Spagna settentrionale e alle Canarie. Ma Carol, come prima di lei Walt e Kim, vive ad Albuquerque. Non è una forma di prudenza da parte di Gilligan. È semplicemente che lui e la moglie Holly Rice sono felici della casa che hanno comprato in New Mexico negli anni di Heisenberg, oltre al desiderio di continuare a lavorare con la troupe locale con cui ha sviluppato un legame praticamente telepatico nell’arco di quasi vent’anni.

Mentre Gilligan sperimenta un nuovo concept sci-fi con Pluribus, si muove in un’industria in cui un vecchio topos del genere – i robot che vengono a prenderci – è in qualche modo diventato una realtà deprimente. «Se vuoi davvero farmi svegliare in un bagno di sudore alle tre del mattino, l’AI è il bastone con cui pungolarmi», dice. «Ma poi una parte più profonda di me pensa: gli esseri umani vorranno sempre storie create da altri esseri umani. Non vorranno storie raschiate da Sam Altman e i suoi ragazzi dall’arte e dal duro lavoro di letteralmente migliaia di anni di scrittura, pittura e musica, rigurgitate in qualcosa di “nuovo”».

L’ossessione di Hollywood per le proprietà intellettuali – e l’impossibilità, per chiunque non abbia il curriculum di Gilligan, di realizzare qualcosa di così grande che non sia basato su un fumetto o un videogioco – gli sembra a sua volta una minaccia esistenziale. «Star Wars è fantastico. I fumetti Marvel sono fantastici», dice. «Sono un super fan di Star Trek. Ma a un certo punto, le nuove generazioni che crescono hanno bisogno del loro Star Wars. Quando si arriva al punto che si produce solo quello, e non c’è più spazio per idee originali, è come la morte di una civiltà. Sono fortunato ad avere l’opportunità di fare qualcosa di originale? Sì. E mi rattrista che sia così raro».

Da Rolling Stone US