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Cosa succede quando porti la nipotina a conoscere i Me contro Te

Abbiamo incontrato i due youtuber da record per l'uscita del loro primo film, che potrebbe essere il Checco Zalone dei piccoli. E lanciamo un appello ai genitori: non odiateli

Sofì (Sofia Scalia) e Luì (Luigi Calagna) alias i Me contro Te

«Chi va a intervistare i Me contro Te?». Mi offro volontario come Jennifer Lawrence in Hunger Games, a una condizione: «Solo se posso portare la nipotina». La nipotina, otto anni, da un pezzo non fa che parlare di questi due tipi a me ignoti, so soltanto che sono una corazzata di YouTube, corro a vedere i numeri dopo essermi immolato: quattro milioni e mezzo di iscritti al canale principale, poi ce ne sono altri due ufficiali (Me contro Te Music e Me contro Te Extra) che ne tirano su un altro paio, di milioni; tre miliardi e 600 milioni di visualizzazioni totali, un miliardo in più della popolazione di Cina e India messe insieme. E so, da genitori di figli di quell’età (la fascia è 4-12, dicono gli esperti), che gli stessi genitori non ne possono più di questi due e dei loro lavoretti, soprattutto dello slime (questo lo conosco, perché la nipotina l’ha fatto più di una volta) che invade le case di colla e brillantini. Figurarsi quando quei già sventurati genitori hanno saputo che il 17 gennaio uscirà il primo film della coppia, Me contro Te il film – La vendetta del Signor S, e allora chi li terrà più, i bambini. A guardare le cifre preventive, siamo di fronte a un Checco Zalone per minorenni, molto minorenni.

Pure la nipotina aspetta il film, e da giorni ripete «Quanto vorrei vedere i Me contro Te da vicino!». Perciò s’architetta il piano perfetto: la piccina verrà con me sul luogo dell’intervista senza sapere nulla, io m’inventerò una scusa – la scusa, molto novecentesca, sarà: «Ti porto a prendere il nuovo (?) libro di Gianni Rodari»; incredibilmente tiene – e a lei verrà un colpo, quando si vedrà materializzare di fronte Luì e Sofì, questi gli pseudonimi nello pseudonimo, eroi bidimensionali da smartphone che di colpo prendono vita. Penso a me quando, bambino, scoprii che sotto la parrucca della protagonista di Love Me Licia c’era Cristina D’Avena: uno choc diverso ma uguale.

Il piano, si scopre il giorno dell’incontro, funziona. L’ingenua nipotina inizialmente non capisce il perché e il percome – «Non dovevamo andare in libreria?» – e poi ecco che li scorge da lontano, la paralisi, la stretta più forte della mano, le parole «I Me contro Te!», ma quasi sussurrate per sorpresa, vergogna, sindrome di Stendhal. Io non potevo dirle di portarsi dietro il libro (uno dei tanti libri firmati dalla coppia: centinaia di migliaia di copie vendute anche in questo caso, anche l’editoria in crisi ringrazia), altrimenti il piano sarebbe naufragato al principio. Ma chi se ne importa degli autografi, oggi conta il selfie o la foto posata, che difatti più tardi ci sarà, e il video in cui la bambina si scambia il famoso saluto copyright Luì e Sofì, per me irriproducibile.

Ma prima debbo parlare con loro, e voglio subito capire come affrontano questo bordello da kindergarten. Inizia Sofì, cioè Sofia Scalia, 22 anni da Partinico, Palermo, come il socio/fidanzato: «Non è che ci siamo ancora abituati a ’sta cosa che tutti vogliono farsi la foto con noi. In realtà saremmo dovuti arrivare preparati, perché non c’è stato un giorno in cui è esploso tutto, è stata una crescita graduale. Però, appunto, non ci si abitua mai». Luì (Luigi Calagna, anni 26): «Il web ti permette di andare più piano, la tv ti espone in un attimo davanti a una valanga di gente, e dall’oggi al domani può cambiare tutto. Noi, tassello dopo tassello, abbiamo accumulato il pubblico che abbiamo oggi. Ma, per il resto, è rimasto tutto come prima». Un momento in cui hanno capito di essere una potenza, però, ci sarà stato. Luì: «Mi ricordo il periodo: era il gennaio del 2015». Cinque anni di carriera, auguri. «È quando abbiamo raggiunto i mille iscritti su YouTube. Finché erano cento o duecento, potevano essere i nostri amici o parenti. Ma mille persone non le conoscevamo. C’era gente, là fuori, che ci stava guardando. È lì che abbiamo detto: forse ce la possiamo fare». Poi i numeri sono lievitati. «Il patto era: se entro un anno raggiungiamo i 10mila iscritti, continuiamo. Se no, chiudiamo tutto. Quell’anno siamo arrivati a 300mila».

Un fotogramma del film ‘La vendetta del Signor S’

Si diceva del web contro la tv, e allora domando: oggi conta solo il marchio, e allora il mezzo a cui viene di volta in volta associato è irrilevante, oppure c’è una differenza sostanziale tra un video su YouTube, una storia su Instagram e, in questo caso, un film? Luigi: «Il marchio fa tanto, nel momento in cui ha delle caratteristiche forti. Per avere fortuna, non devi modificare quelle caratteristiche, quando ti metti al servizio di un altro mezzo». Fuori le caratteristiche. Sofia: «Semplicità, spontaneità, il fatto che trasmettiamo emozioni positive, che insegniamo che ci si può divertire con poco. Se queste cose rimangono, allora il mezzo è davvero irrilevante». Luigi, di nuovo: «Però stavolta la storia doveva essere all’altezza di un film, fatta con la qualità che richiede il cinema. Il soggetto è un’idea nostra, alla sceneggiatura abbiamo collaborato direttamente. Siamo passati a un’altra piattaforma – anzi, alla piattaforma delle piattaforme – ma tenendoci il pieno comando del lato creativo, per non snaturare quello che siamo nei nostri video».

Da sconosciuti che erano, ora questi ragazzi mi sembra di conoscerli almeno un po’, e mi piace la loro sfrontatezza. Sono teneri, sì, ma non falsamente modesti. Voglio dargli una chance: fate capire ai genitori dei vostri fan che non devono odiarvi. Lei: «Alcuni ci detestano perché i loro figli, per seguirci, gli rubano il telefono». Lui: «E finiscono la carica, finiscono i giga. Con alcuni, nel tempo, si è creata una certa familiarità: ci fermano per strada e ci dicono che siamo di casa, che siamo come dei figli». L’appello di Sofia ai genitori che, invece, restano hater: «Non odiateci, noi ce la mettiamo tutta per trasmettere messaggi giusti, puliti. Adesso che abbiamo capito che il pubblico è questo, stiamo attenti a tutto. I bambini che ci guardano sono in buone mani».

Quell’«adesso che abbiamo capito che il pubblico è questo» mi fa intuire scenari di indagini di mercato fatte in casa. Pure questo sarà il segreto del successo. Luigi: «All’inizio non capivamo chi ci seguisse. Che il nostro target di riferimento fossero i bambini, è stato un po’ un caso. Abbiamo iniziato a mettere nei video quello che divertiva noi. Quando gli iscritti sono diventati un po’, abbiamo cominciato a leggere i loro commenti, e abbiamo capito che molti di loro erano bambini. E, dunque, che era a loro che stavamo parlando».

Luì e Sofì faranno anche una vita da ventenni, oppure solo sfide, tutorial e giochini? Sofia: «Siamo due ventenni anomali. Non ci piace andare in discoteca perché sappiamo che, se tiriamo tardi, il giorno dopo togliamo tempo ai nostri video». È così che si costruisce un impero: lavorando. Luigi: «Ma a noi viene naturale ragionare così, è un piacere. Siamo molto cartoon anche a casa. La sera, se dobbiamo vedere un film, mettiamo su un cartone animato». Questo non lo accetto. Fuori una serie Tv, almeno. Sofia: «Ehm… Stranger Things». Meglio. Ultima possibilità per sembrare dei ventenni: la musica. Sofia: «Il reggaeton». E sia. Luigi: «Io dico i Green Day. Ho ancora il numero di Rolling Stone con loro in copertina». Sfida superata. Me ne vado con la nipotina che saltella, la foto coi Me contro Te è dentro il telefono, mi sta già raccontando quanto è stato bello incontrarli.

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