Conversazione tra ‘Maschi veri’ | Rolling Stone Italia
Machos Alfa all’italiana

Conversazione tra ‘Maschi veri’

Che poi è il titolo della serie Netflix di cui Pietro Sermonti e Matteo Martari sono protagonisti (insieme a Francesco Montanari e Maurizio Lastrico). Chiacchierata semiseria sul tramonto del maschio, anzi del macho (e soprattutto di chi si crede tale)

Conversazione tra ‘Maschi veri’

Pietro Sermonti (Luigi) e Matteo Martari (Massimo) in 'Maschi veri'

Foto: Netflix

«Partendo dal presupposto errato, di cui però tutti siamo convinti, che il maschio vero è l’uomo che non deve chiedere mai, sono andato a vedere l’etimologia della parola, dell’espressione. Per scoprire che è il contrario, il maschio vero è un uomo che ha scelto di pensare. E quindi che chiede, che si fa tante domande».

Matteo Martari chiude così la nostra chiacchierata, dopo aver notato che chi scrive era stato l’unico a non avergli chiesto cosa fosse un maschio vero, nonostante l’incontro avvenga perché lui, nella parte del dirigente televisivo Massimo, machista convinto, sia tra i protagonisti della serie Maschi veri diretta da Letizia Lamartire e Matteo Oleotto. Suscitando un’inevitabile curiosità in chi credeva che la domanda fosse troppo banale. Ma in un’intervista, alla fine, l’importante è che non lo siano le risposte.

Lo è ancora meno, poi, quella di Pietro Sermonti, che è Luigi – un sottone, lo chiameremmo noi maschi veri (è ironia, sia chiaro), uno che cela dietro una paternità attenta e un rispetto formale un paternalismo strisciante –, il più mite dei quattro moschettieri del patriarcato moderno. «Il maschio vero è quel mio parente stretto che per uscire di casa decenni fa indossava un gilet di peli per sembrare più virile. Che poi, mi sono sempre chiesto, dopo aver sedotto una donna con questo stratagemma, nell’intimità lo teneva o lo toglieva?».

Maschi Veri | Trailer ufficiale | Netflix Italia

Maschi veri è una serie appena arrivata su Netflix che gioca sul tramonto del maschio, anzi del macho (e soprattutto di chi si crede tale), un remake del successo spagnolo Machos alfa che in Italia vede in prima fila come sceneggiatori quelli che difficilmente potevi aspettarti. Infatti con Ugo Ripamonti ci sono Furio Andreotti e Giulia Calenda: sì, proprio coloro che hanno scritto con Paola Cortellesi C’è ancora domani. Ed è già un corto circuito affascinante, perché in realtà questi quattro personaggi (con Martari e Sermonti ci sono pure Francesco Montanari, irresistibile playboy un tanto al chilo, e Maurizio Lastrico, in una parte non lontana da quella già interpretata nel cervello di Edoardo Leo in FolleMente) sono molto fumo e poco arrosto, altro che Valerio Mastandrea e Giorgio Colangeli in quel clamoroso successo.

«Ammetto che quando l’ho saputo ero molto contento ed è l’ennesimo segnale della loro bravura, del loro eclettismo e del saper giocare su un tema delicato senza prendersi troppo sul serio. Anche se, diciamocelo, poi il successo sarà merito di questo ragazzo, il Buster Keaton bello», chiosa Sermonti, indicando Martari. «Io amo», interviene quest’ultimo, «l’opportunità di mettersi e metterci in discussione, indossare abiti molto lontani da quelli che vestiamo sempre per smontare il nostro ego di maschi e pure di attori. Per scoprire che magari qualche cattiva abitudine ce l’abbiamo. Presentiamo sempre la donna con cui stiamo come “la mia compagna”, per esempio, ma mentre giravo mi chiedevo che senso avesse quel mia, che è solo possesso. Eppure lo diciamo tutti, senza problemi».

Matteo Martari (Massimo) in ‘Maschi veri’. Foto: Netflix

«Il vero maschio alfa è lui, al limite del cliché, io sono quello messo in mezzo», continua Sermonti. «E della serie è la cosa che amo di più: io guascone e goliardico e pure troppo estroverso faccio questo padre lavoratore, bloccato, un po’ goffo, mentre Matteo, che è buono e dolcissimo nella realtà, è una specie di mostro. Un miscasting geniale. E poi cosa c’è di più subdolamente maschilista di mettere in scena uno a cui apparentemente non puoi dire nulla?».

Confessa di averci giocato molto su questo aspetto. «Altroché. Sono stato pure meta-ricattatorio». Ride, poi spiega. «Nel film sto con Thony, bravissima, meravigliosa. Abbiamo problemi di coppia, soprattutto per quanto riguarda il sesso. E lei a un certo punto cede al desiderio di essere amata. La scena del disvelamento la ricordo ancora. Io le dicevo: “Ora tutta Italia ti odierà, mentre io ne uscirò come un gigante”. Era una scena in cui lui prova a far ripartire il matrimonio, è gioioso, vuole portarla a Venezia, finalmente è propositivo. E io ho calcato su tutto questo, perché Thony potesse uscirne malissimo: lei non poteva crederci!».

Thony (Tiziana) e Pietro Sermonti (Luigi) in ‘Maschi veri’. Foto: Netflix

Il cast femminile – Netflix, per la seconda stagione fate Femmine vere, sono straordinarie le quattro moschettiere (ci sono anche l’influencer di Laura Adriani, la control freak interpretata da Nicole Grimaudo e una sorprendente, per il personaggio irriverente e divertente, Sarah Felberbaum) – è tra i motivi della riuscita della serie, capace com’è di non rendere le donne solo un elemento funzionale della scrittura, ma uno sguardo altro e pure dissacrante sugli stereotipi che il genere femminile subisce.

Martari confessa che il suo dirigente televisivo «non l’ho pescato nelle mie conoscenze nel mondo dello spettacolo, ma l’ho plasmato pensando comunque a un paio di persone con cui ho lavorato. Ma erano nel mondo della ristorazione, non nel cinema. Dei tempi in cui facevo il cameriere, il panettiere e poi il cuoco: sono un fiero allievo di un istituto alberghiero». «I miei Luigi Gatti li ho invece nella storica chat di amici di Whatsapp», replica Sermonti. «Siamo una dozzina, e Luigi si ispira a un paio di loro, quelli che bullizziamo un po’».

Il segreto sta pure in un amalgama sorprendente di un gruppo che si conosceva poco e nulla. «Eppure con una cena al mare e una lettura della sceneggiatura veloce si è creata un’amicizia quasi adolescenziale, di quelle in cui ti innamori degli amici», confessa Sermonti. «Siamo diversissimi, e le nostre fisicità raccontano storie diverse da ciò che siamo».

Pietro Sermonti (Luigi), Francesco Montanari (Riccardo), Maurizio Lastrico (Mattia), e Matteo Martari (Massimo) in ‘Maschi veri’. Foto: Netflix

Martari torna sulla serie, «che a mio parere abbandona il maschio archetipico di tanti lavori precedenti del cinema e della Tv di casa nostra, dando finalmente cittadinanza ai maschi moderni. Con mille contraddizioni, ma anche più fragili e capaci di porsi domande, di cambiare. Insomma, con tutte le esagerazioni comiche, secondo me si colma una lacuna, rappresentiamo un’identità maschile in crisi che finora era stata ignorata. E poi ci tengo a sottolineare una cosa: accanirsi contro Massimo, che pure ha tratti indifendibili, non è esso stesso un atto di violenza? Perché alla guerra di generi e sessi non sostituiamo il dialogo?».

E in effetti a Massimo non riesci a voler male, lui che è una sorta di Clouseau del maschilismo, con facce esilaranti di fronte a parole come rispetto, pari opportunità, femminismo. «Questo ragazzo è insopportabile», interviene Sermonti. «È bello, è intelligente e sa pure fare il pane, rimanendo magro. Detto questo, mentre sono d’accordo sulla sotto-rappresentazione del maschio moderno, dobbiamo sempre stare attenti: ha ragione Gaber quando dice che aveva paura non di Berlusconi in sé, ma del Berlusconi in me, però non è neanche colpa mia se tu sei un fascista maschilista e violento. Non esageriamo con il nostro ego: se sei una brutta persona è colpa pure tua, prenditi i tuoi meriti».

Accettano anche la sfida dell’unico difetto degli otto episodi della serie, ovvero che manchi, nel cast, un politico. «Non c’era nella serie spagnola», osserva Sermonti, «ma alla fine, a mio parere, questi quattro sono parenti stretti di molti che ci governano, di quelli che dicono che non si può dire nulla e noi invece dimostriamo che si può eccome. Ma non mi far dire altro». «Il politicamente corretto non è un ostacolo, se hai delle penne abili e acute ad aiutarti, ma un’opportunità», chiude il suo compagno di set.

Pietro Sermonti (Luigi) e Matteo Martari (Massimo) in ‘Maschi veri’. Foto: Netflix

Ridono spesso, anche per esorcizzare, forse, un sotterraneo disagio nell’aver interpretato chi non sono. Anche se Martari nega. «Non ho giudicato Massimo, l’ho guardato da fuori e ho provato a capirlo. Però la giusta distanza tra me e il mio personaggio mi ha consentito di dire tutto, anche il monologo aberrante che ho verso la fine. Altrimenti non l’avrei accettato, il ruolo». «Noi siamo abitati, tutti, da trenta voci almeno, e il bello di essere attori è interrogarle tutte», ribadisce Sermonti. «Io godo nell’essere altro da me. Però confesso che durante il suo monologo il mio personaggio, equilibrato fino a quel momento, a un certo punto si chiede ad alta voce, peraltro dopo essere stato brutalizzato verbalmente proprio da Massimo, se non abbia ragione l’amico. Quella battuta, lo ammetto, mentre lui citava Califano e diceva frasi del tipo “il pene è il tuo migliore amico”, ho fatto fatica a pronunciarla».

«Ma è normale», torna a incalzarlo il collega, «se metti tanti maschi insieme un po’ di tossicità inconsapevole, involontaria esce. Però su un set come questo te ne accorgi subito, e diventa benzina per alimentare l’interpretazione. E per migliorare come persona». «Va detto che diventava, quella tossicità, un elemento di gioco proprio perché ce ne accorgevamo subito», lo segue Sermonti. «E la comicità è una strada per farlo, perché quando non punti l’indice ma invece abbassi le difese di tutti col riso, vedi tutto più chiaro. Mentre ridi fai un esercizio mentale, spirituale e politico, che poi è la grande lezione della commedia all’italiana. Se fai ridere, rispetto alla pur sana violenza neorealista o “dardennesca” hai fatto un giro in più, se ridi ti stai arrendendo. Come direbbe Stanis – che poi potrebbe essere, invecchiato, lo stesso Massimo – è tutto “molto italiano”. Mentre ridi ti accorgi che riguarda anche te. E poi io sento che l’eroe italiano è sempre cialtrone e straccione; quando proviamo a elevarlo lo ascoltiamo meno, non gli crediamo».

Sarah Felberbaum (Ilenia) e Laura Adriani (Daniela) in ‘Maschi veri’. Foto: Netflix

Su cosa stanno lavorando ora che un po’ si sono scoperti maschi veri lo dice sempre Sermonti. «Io a volte scalpito sulla battaglia sul linguaggio, mi piace il sarcasmo e trovo che possa limitarmi. Ma invito sempre me stesso e gli altri a dire: è più importante la nostra voglia di esprimerci senza limiti o la ferita che non puoi capire ma che altri invece subiscono? Respiriamo e pensiamoci, mettiamoci nelle orecchie e nel cuore di chi ascolta. Sai che diceva sempre Mattia Torre? La gentilezza è l’ultimo vero atto politico dei nostri tempi».

«Io vorrei fare Femmine vere», conclude Martari. «Cambiare prospettiva. Ma già qui le donne escono tanto fuori, e credo sia una delle forze della serie». «Una grande idea», ribatte Sermonti. «Dovremmo fare spesso serie a specchio. Ma va pure detto che le donne hanno meno da decostruire di noi».

Lo avrete capito: saranno pure maschi veri, ma non troppo seri. Per fortuna.