Chris Evans: intervista per ‘Material Love’ di Celine Song | Rolling Stone Italia
Captain love

Chris Evans, come si diventa romantici

In ‘Material Love’ di Celine Song è il terzo lato di un triangolo composto anche da Dakota Johnson e Pedro Pascal. Abbiamo parlato con lui della vita dopo Captain America, di amore e di seconde volte (alla regia)

Chris Evans, come si diventa romantici

Dakota Johnson e Chris Evans in ‘Material Love’ di Celine Song

Foto: A24

Una volta entrati nel Marvel Cinematic Universe, è piuttosto difficile tornare a immergersi nel mondo degli attori in crisi. Ma è esattamente quello che fa Chris Evans in Material Love (nelle sale italiane dal 4 settembre, ndt). Il nuovo dramma romantico della sceneggiatrice e regista Celine Song – opera seconda dopo il suo fortunato debutto Past Lives (2023), che ha ottenuto la nomination all’Oscar per il miglior film e la migliore sceneggiatura originale – vede Evans scambiare il suo spandex da Capitan America con un grembiule da cameriere dei catering; John, questo il nome del suo personaggio, è un attore di teatro al verde che fa lavori saltuari per pagare le bollette. Il film mette in scena un triangolo amoroso tra John, la sua ex – di professione organizzatrice di incontri di alto livello – Lucy, interpretata da Dakota Johnson, e Harry, un affascinante e ricco corteggiatore cui dà il volto Pedro Pascal.

«John è l’amalgama del modo di vivere di molti artisti teatrali di New York», dice Song a Rolling Stone in una videochiamata proprio da New York. «È una persona che è nata e cresciuta povera e che ha molta frustrazione al riguardo, in un modo che però è davvero bellissimo. Trovo che tutto questo sia piuttosto commovente».

Come ha fatto a scegliere un eroe americano (letteralmente) come suo eroe romantico?

«C’è un lato di Chris che le persone che non lo conoscono forse vedono prima di tutto il resto, perché questo è il modo più semplice per capire un attore: come un oggetto», dice Song. «Ma poi, quando l’ho incontrato di persona, è stato molto stimolante pensarlo nel ruolo di John, perché c’è una parte di Chris che è John ed è sempre stata John. Chris per un po’ è stato un attore emergente, e anche lui lo sa». E poi aggiunge ridendo: «Ha pure avuto dei coinquilini».

Evans ha accolto con favore il cambiamento offerto dal ruolo. «È bello interpretare qualcuno che ha di fronte delle sfide con cui posso relazionarmi, ostacoli molto umani, invece di conseguenze che possono mettere in pericolo il mondo», dice Evans a proposito di quest’uomo senza superpoteri. «Il suo stare nel mondo, la sua fisicità, il suo abbigliamento, le cose tangibili che si possono usare per dare vita a un personaggio… è bello che a volte ci siano una camicia flanella e dei pantaloni della tuta invece che uno scudo».

Rolling Stone ha parlato con Evans di Material Love, della sua esperienza cinematografica dietro la macchina da presa e di cos’è per lui il romanticismo oggi.

Cosa ti ha attirato di Material Love?
Quello che Celine fa così bene è prendere quello che a volte sembra un semplice dialogo e rendere la scena, da un punto di vista registico, incredibilmente speciale. Riesce a far sentire le cose come si sentono realmente quando ti accadono. A volte nella vita possono accadere cose molto semplici che sembrano invece molto profonde, e quando si cerca di raccontarle a un amico non è più la stessa cosa. E questo è il controllo che lei mostra come regista. La moderazione che dimostra come sceneggiatrice. Il silenzio ha lo stesso impatto delle parole.

Quando hai letto la sceneggiatura ti sei subito immedesimato in John?
Quando ho incontrato per la prima volta [Celine] ho dato per scontato che mi avrebbe assegnato il ruolo di Harry. Lei mi ha chiesto: “Quale ruolo ti piace?”. E io ho risposto: “Be’, mi piace John, ma credo che mi andrebbe ugualmente bene se volessi darmi la parte di Harry”. Entrambi i ruoli erano meravigliosi, ma io ero un po’ più attratto da John. Per fortuna lei ha provato la stessa cosa.

Cosa ti piaceva del personaggio?
C’era più vulnerabilità, più dolore. John è un ragazzo che non è dove vorrebbe essere nella vita. E penso che sia facile dimostrare, quando si è così, un atteggiamento di disinteresse, perché se ti interessa, allora devi provarci; e se ci provi, potresti fallire. John è l’incarnazione vivente del “ti lascio prima che sia tu a lasciarmi”. Ma non può nemmeno fare a meno di seguire il suo cuore. Ama Lucy. E ammetterlo a lei, e anche a sé stesso, richiede un rischio. Ed è da qui che parte il suo percorso di crescita.

Celine Song con Dakota Johnson e Chris Evans sul set del film. Foto: A24

Interpretare John ti ha ricordato i tuoi primi passi nella recitazione? Lui nel film sta cercando in tutti i modi di entrare nel mondo del cinema…
Sono stato assolutamente in grado di relazionarmi con questo aspetto di John. La grinta, i dubbi, i coinquilini di merda, sono tutte cose con cui mi identifico assolutamente. Io forse sono un po’ più aperto. Sono un tipo molto sensibile, delicato. Di conseguenza, probabilmente condivido troppo come meccanismo di difesa, mentre credo che John sia un po’ più chiuso.

Se avessi 37 anni, vivessi con un coinquilino spiantato come te e accettassi lavori a caso per tirare avanti, cercheresti ancora di fare l’attore?
Non so come gestirei la situazione se avessi trent’anni e fossi ancora lì a tentare di fare quello che mi piace. Ma di certo so che mi farebbe arrabbiare. Mi metterei sulla difensiva, e non vorrei sentirmi inadeguato per il fatto di non aver raggiunto i miei sogni. Ci si sente già abbastanza inadeguati a sé stessi, e avere anche una compagna che ti dice che lo sei è davvero troppo.

Parlami un po’ delle riprese della scena nel fienile verso la fine del film, in cui John e Lucy hanno una dolorosa ma necessaria conversazione a cuore aperto. John pronuncia alcune frasi importanti, ma anche dolorose.
Una delle cose che amo di Celine è che gira in pellicola 35 mm. Past Lives era assolutamente splendido. E quando arrivi sul set e vedi quelle luci, sai che ti troverai in un fotogramma che sarà bellissimo. La scena stessa è una dichiarazione molto vulnerabile e onesta del suo amore e della consapevolezza di non avere ciò che Lucy vuole, ma anche di ciò che desidera disperatamente. È molto sincera e quindi molto dolorosa. Ma come attore, quando cerchi di attingere alle tue esperienze personali, ci sono un sacco di cose reali che possono tornarti utile per provare quel livello di vulnerabilità, per sentirti completamente esposto, onesto e con il cuore aperto – e di solito finisce che piangi (ride).

Il fatto che Material Love sia stato girato in 35 mm alza anche la posta in gioco in termini di numero di riprese che si possono fare.
Assolutamente! Questo fa parte del romanticismo di fare un film del genere. Mi piace il fatto che ci sia una quantità limitata di pellicola. Mi piace guardare le pizze che escono dalla cinepresa. Mi piacciono le cose che entrano ed escono dalla messa a fuoco e l’impossibilità di correggerle in post. È arte.

Cosa distingue Material Love da altri film romantici? La scrittura di Celine Song sembra adottare un punto di vista diverso sull’amore, si potrebbe dire più concreto.
La maggior parte delle commedie romantiche mostra una versione molto idealizzata dell’amore, il che è anche divertente. Sono un ottimo mezzo per evadere, ma non sempre riflettono la vita reale. Questo film ha un’interpretazione molto più realistica e un po’ meno ingenua di ciò che è l’amore, in cui uno spettatore moderno può immedesimarsi di più. Il panorama dell’amore oggi è complicato. Molte delle norme sociali che tenevano insieme i matrimoni sono state decostruite. Ora si basa esclusivamente sulla compatibilità, che può facilmente trasformarsi in un algoritmo piuttosto che in una questione di cuore.

Lucy dice subito che l’amore è facile, ma gli appuntamenti sono difficili. Questo sembra sintetizzare il tema del film.
Non avrei potuto dirlo meglio. L’amore è il tuo cuore. È chiaro. L’appuntamento è quando entra in gioco la matematica, e lì diventa un calcolo. Gli appuntamenti sono la parte razionale, il pragmatismo, e cercare di conciliare i bisogni della mente e i desideri del cuore è un casino.

Quest’estate sei anche nel thriller di Ethan Coen Honey Don’t! È un cambio di marcia nella sua carriera?
Spero di sì. Voglio solo lavorare con bravi registi. Da quando faccio questo mestiere, il problema è sempre il regista. Ci sono sempre cento ragioni per fare un film. A volte è un ruolo fantastico. A volte è una sceneggiatura molto divertente o un regista straordinario, o un grande produttore. Ma a volte si cerca di tapparsi il naso per dare un senso a un film [che ti viene offerto] e di spuntare abbastanza caselle per farlo. L’unica casella che conta davvero è il regista. Il regista è il vero protagonista, ed è l’unica cosa che sto cercando di fare in questi anni. Se il lavoro di quel regista mi piace, allora ci sto.

Hai diretto anche tu un dramma romantico, Before We Go, una decina d’anni fa. È un genere che ti piace particolarmente o c’erano altre ragioni per affrontarlo nel tuo primo film da regista?
All’epoca volevo dirigere, ma pensavo anche in modo molto pragmatico: avevo bisogno di imparare. Non avevo mai frequentato una scuola di cinema, stavo imboccando una strada in cui non avevo alcuna esperienza. Quindi ho pensato che dovevo al titolo di regista un po’ più di rispetto, invece di buttarmi a capofitto in qualcosa che sapevo di non essere in grado di gestire. L’opera in sé è una sceneggiatura molto scarna: due persone, New York City, riprese notturne, mi sembrava molto gestibile. Amavo il soggetto, ma come ti dicevo alla base c’era una motivazione molto realistica e concreta.

Material Love - Dal 4 settembre al cinema - Trailer Ufficiale

La regia è qualcosa in cui vorresti cimentarti di nuovo?
Lo è, ma la cosa difficile è che ho un centinaio di altre cose che mi interessano. Sono un po’ discontinuo. Ci sono giorni in cui mi sveglio e voglio fare il regista, altro in cui voglio diventare un falegname. Molto dipende dai film che vedo. Quando vedo un film incredibile che mi ispira davvero, mi fa tornare a concentrarmi su quello. Ma se smetto di vedere film, i miei interessi cambiano.

Sarebbe interessante vedere cosa faresti ora dietro la macchina da presa, dieci anni dopo quel primo tentativo e dopo l’esperienza con registi come Celine.
Lo farei in modo molto diverso. Quando mi guardo indietro, mi rendo conto di quanto abbia girato quel film in una posizione difensiva. Vedi il film nella tua testa, ma quasi non hai il coraggio o la poesia del linguaggio, o semplicemente la conoscenza del mezzo per trasmettere ciò che vuoi che sia. A volte si finisce per avere semplicemente paura, timidezza, e si lascia che le cose si stabilizzino in un modo familiare e riconoscibile. Probabilmente oggi correrei molti più rischi o sarei molto più sicuro di ciò che voglio. Ma parte del motivo per cui tuffarmi di nuovo in quell’impresa mi spaventa è che sai che rischia di essere come la prima. È un’esperienza molto impegnativa. Dai così tanto della tua vita: la preparazione, le riprese, la post-produzione. Rifarlo, ma non nel modo giusto, è una cosa che non posso permettermi. Sarebbe un disservizio per me stesso e per il mio tempo. E questo mi intimorisce un po’.

Qual è, secondo te, la qualità che contraddistingue Celine Song come regista o ciò che hai trovato più importante nel lavoro svolto con lei per dare vita a John?
La convinzione. Sa esattamente cosa vuole. Ho lavorato con molti registi che hanno un’idea precisa e sono molto appassionati, ma sono più che felici di collaborare, incontrarsi metà strada, del tipo: “Tu porti questo e io porto quest’altro”. E non voglio dire che Celine non sia una persona collaboratriva, ma è anche molto sicura delle sue ragioni. Non c’è una parola che scrive che sia un riempitivo; tutto è fatto con criterio. Ci vuole un po’ di tempo per capirlo, ma una volta che hai trovato quella fiducia, quella sicurezza, inizi a dire: “Ok, mi lascerò andare e ti lascerò prendere il volante completamente. Se mi dici di saltare, ti dico solo quanto in alto”.

Da Rolling Stone US