Chi è Rachel Morrison? Incontro con il primo direttore della fotografia donna (quasi) da Oscar | Rolling Stone Italia
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Chi è Rachel Morrison? Incontro con il primo direttore della fotografia donna (quasi) da Oscar

Ha due figli, preferisce i film importanti a quelli remunerativi ed è stata la prima donna a girare un cinecomic ('Black Panther')

Chi è Rachel Morrison? Incontro con il primo direttore della fotografia donna (quasi) da Oscar

Foto: Jessica Lehrman

Se state sfogliando l’album di famiglia di Rachel Morrison alla ricerca di un’immagine da bambina del rivoluzionario direttore della fotografia – che con Mudbound nel 2018 e Black Panther nel 2019 è stata la prima donna nominata all’Oscar per la fotografia e la prima ad aver curato le riprese un film di supereroi – cercate le foto in cui la giovane Rachel non è presente. Perché lei a quattro anni era quella che teneva in mano la macchina fotografica.

In quel periodo alla madre, un’appassionata di fotografia, era stato diagnosticato un cancro. Morrison ha preso la sua vecchia Olympus e ha dedicato la vita a stare dietro l’obiettivo. Al liceo ha imparato che la sua passione ha un nome: direzione della fotografia. E si è meravigliata del fatto che «si potessero scattare 24 immagini al secondo e far parte di una storia piena di emozioni».

Fin dall’inizio, ha puntato in alto: «Mi sono ripromessa di realizzare grossi film, drammatici e importanti», afferma Morrison. Voleva creare immagini che facessero pensare e sentire qualcosa alle persone, come i fotoreporter che hanno catturato la Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondiale. Ma dopo essersi diplomata alla scuola d’arte, ha trascorso due anni a girare le avventure patinate di Lauren Conrad su The Hills di MTV: «Era l’opposto di quello che volevo».

Cosa avrebbe fatto un’eroina? Avrebbe combattuto per un domani migliore. Così Morrison ha lasciato il suo lavoro stabile e passato un anno a declinare offerte per reality show molto remunerativi e a monitorare nervosamente il suo debito studentesco. Alla fine è arrivato il suo primo lungometraggio, il thriller del Sundance Sound of My Voice. Dopo essersi guadagnata applausi per aver tolto la patina glamour da Jennifer Aniston in Cake, è diventata il direttore della fotografia prediletto per film amati dai festival come Dope e Fruitvale Station, debutto alla regia di Ryan Coogler. Quando Coogler le ha offerto il suo primo lavoro con un grosso budget per Creed, Morrison ha dovuto dire di no. Era incinta del suo primo figlio, che aspettava con la moglie Rachel Garza, e il bambino avrebbe dovuto nascere a metà produzione: «Pensavo che sarebbe stata la fine della mia carriera», dice Morrison.

Per fortuna, non è andata così. Coogler l’ha ingaggiata di nuovo per Black Panther, dove i due creativi avevano a disposizione un budget con il quale avrebbero potuto girare 300 Fruitvales. «Non c’è stato un giorno in cui non ci guardassimo e dicessimo: ‘Santo cielo, dove sono gli adulti?!’», racconta ridendo.

Black Panther ha battuto ogni record al botteghino. Due settimane dopo, la nomination di Morrison per Mudbound ha fatto la storia dell’Academy Award, e ha dimostrato la sua stoffa come direttore della fotografia che si fonde con la visione dei registi anziché distrarre gli spettatori con il suo stile. Quando ha camminato sul red carpet degli Oscar con un vestito stile impero, era incinta del suo secondo figlio: «È stato di gran lunga l’anno più pazzo di tutta la mia vita».

Ora la sua più grande sfida è come superarsi – soprattutto visto che la Hollywood ossessionata dai supereroi raramente produce le epopee che lei ha sempre sognato di filmare. Morrison è grata alla Marvel, ma vuole girare prodotti come Le ali della libertà: «Ho sempre pensato che esistesse questa stanza magica con tutte le sceneggiature migliori, bei progetti, buone opportunità», dice. Una volta arrivata dove voleva, ha scoperto che quella stanza era vuota: «È come se avessi raggiunto l’obiettivo uno o due decenni troppo tardi».

Forse dovrà dirigere quei drammi lei stessa e unirsi alla piccola cricca di registi che fanno il doppio lavoro come direttori della fotografia. Altri filmmakers hanno detto a Rachel che il suo interesse nel plasmare le emozioni del pubblico è la prova che sotto sotto in lei si nasconde una regista. Morrison è incuriosita dalla cosa ma non del tutto convinta. Per ora pensa di riuscire a dare miglior prova delle sue capacità quando, come in quelle foto da bambina, non viene notata: «Se la gente esce dalla sala parlando della fotografia di un film e non della storia», afferma, «allora probabilmente hai fatto male il tuo lavoro».