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Che Orietta Berti ci aiuti

L'abbiamo incontrata sul set della settima stagione della fiction, dove interpreta se stessa a fianco di Pierpaolo Spollon, suo fan scatenato. Sì, la diva di Cavriago torna a recitare e, dopo Risi e Scola, sogna Sorrentino

Foto: Lux Vide

Solo la Lux Vide (società del gruppo Fremantle), che ha fatto la storia della serialità Rai per famiglie, poteva regalarsi per i suoi 30 anni Orietta Berti. Nella settima stagione di Che Dio ci aiuti, la fiction che vede Elena Sofia Ricci suora-detective (la Don Matteo al femminile, per chi non l’avesse mai vista), nella quattordicesima puntata comparirà proprio lei, la star di Cavriago, nella parte di se stessa. Anche se, siamo sinceri, noi la sogniamo a Hollywood con Bradley Cooper, perché è la nostra Lady Gaga.
La incontriamo sul set, poco fuori Roma, in una location per matrimoni meravigliosa, dopo un pomeriggio passato (quello precedente) ad aspettarla, perché le vere dive si fanno attendere, come il Paradiso. Ne approfittiamo per ridere con Pierpaolo Spollon (suo fan numero uno), sempre in gamba (questa è una freddura politicamente scorretta per chi come me ama DOC – Nelle tue mani in modo spudorato) e con la battuta pronta e, peraltro, molto sexy in accappatoio. Orietta spadroneggia in tv, nelle librerie (con Tra bandiere rosse e acquasantiere e Nella mia cucina), sui palchi. E incontrarla nel camerino, diciamocelo, è un evento da poter raccontare a nonni e nipoti. Perché Oriettona è rock, e neanche poco.

Com’è arrivata quest’avventura della fiction?
É cominciata l’anno scorso, il mio manager Pasquale Mammaro me ne parlò, mi mandarono un copione, lo lessi e pensando di fare una cosa diversa dal solito ho accettato. Una piccola parte, ma carina e simpatica.

Interpreta se stessa attanagliata da attacchi di panico prima di un’esibizione. Le è mai successo?
No, non è proprio nel mio carattere avere attacchi di panico, a me non è mai successo, e non ho nessuna ereditarietà in merito in famiglia. Però quando leggi il copione, soprattutto se è scritto bene, ti immedesimi anche se non conosci certe sensazioni.

Neanche quella paura che persino Toni Servillo ammette di avere prima di ogni replica in teatro?
Ma che c’entra, i minuti di tensione prima della performance sono un’altra cosa, uno deve emozionarsi se vuole emozionare il pubblico, altrimenti se vai sul palco come se fosse, che so, in sala giochi, non puoi mai far felice le persone, divertirle. È una parte integrante del nostro lavoro, altro che panico.

Orietta Berti sul set di ‘Che Dio ci aiuti 7’ con Pierpaolo Spollon. Foto: Lux Vide

Dopo decenni di carriera dove si trovano ancora gli stimoli?
Non è un problema, perché noi facciamo ogni giorno una cosa diversa. Questo ci salva e ci permette di avere sempre stimoli. E nel mio caso vale ancora di più: un giorno faccio la pubblicità, un altro la fixzion (sì, la pronuncia così e ho deciso che anche io smetterò di dire fiction, anzi ficscion, nda). Io ho fatto Un medico in famiglia, pure lì facevo me stessa, poi Tutti i padri di Maria con Lino Banfi, ero una delle protagoniste e girammo in Argentina. Mi è successo anche di recitare in un film come I nuovi mostri per Risi e Scola, con Villaggio ho fatto Quando c’era lui… caro lei!, e ho fatto anche due musicarelli, in uno dei quali ero Suor Sorriso, le telecamere importanti non è la prima volta che mi capita di attraversarle, non sono una novellina.

Guardandosi indietro non rimpiange di non essersi regalata una carriera d’attrice più importante?
Ho sempre lavorato tantissimo nella mia carriera, se non ero in Italia ero all’estero a fare tournée, ho avuto altre proposte, ma c’erano sempre contratti in essere o impegni già presi, ho sempre avuto un entourage che mi ha protetto, che non voleva farmi andare oltre per fatica e impegni. E poi sono convinta che ogni cosa arrivi sempre nel momento giusto. E infatti nel tempo sono arrivate certe occasioni. Comunque a me la cosa che piace di più rimane fare i concerti, la tv la faccio perché adoro mettermi in discussione, provare tutto, mi annoio molto facilmente se entro dentro una routine. Ho fatto Quelle brave ragazze – reality on the road con Mara Maionchi e Sandra Milo – perché mi ha divertito molto, era davvero una cosa che non si era mai vista, molto rock. Un’altra cosa così l’accetterei subito.

E lì si è aperta molto, ha fatto confidenze anche forti.
Non c’era copione, era tutto spontaneo, commentavamo alla nostra maniera tutto quello che vedevamo e vivevamo, credo sia stata una grande novità pure per il pubblico. Probabilmente mi aiuta molto la mia autoironia. Non amo prendere in giro gli altri, amici o estranei che siano, ma lo faccio volentieri con me stessa e la mia famiglia. E quindi ero nel mio terreno con Mara e Sandra, che hanno anche loro questo modo di affrontare la vita.

Avrebbe mai pensato che a un certo punto della sua carriera sarebbe diventata una teen idol?
È incredibile quello che vedo nei miei concerti, è pieno di ragazzi che cantano Luna piena, di figli che poi vengono nel retropalco a dirmi che i loro genitori si sono incontrati a un mio concerto, che si sono innamorati grazie a me. E poi anche lì mi aiuta l’essere curiosa, il volere sperimentarmi in mondi diverso dal mio. E non sai quanti nonni mi portano nipoti che mi ammirano e conoscono le mie canzoni del passato, c’era un bimbo di 10 anni che cantava Finché la barca va e altre hit, le più allegre, le conosceva tutte. Quei tormentoni estivi sono rimasti nell’identità di molti italiani, una canzone allora rimaneva nell’immaginario due, anche tre anni, adesso si fa fatica a rimanere un’intera stagione in classifica, tutti cercano la hit estiva. Anche perché in vacanza si vuole ballare, cantare, divertirsi di più.

L’impressione è che lei venga premiata dal non aver mai cercato il successo facile, fatto di gossip e affini.
Hai ragione, io il successo non l’ho mai cercato. E sento che il mio pubblico l’ha capito, dalle tante lettere che mi mandano i ragazzi percepisco l’affetto forte per chi non ha mai forzato nulla per avere fama, intuiscono la mia spontaneità, sincerità. Mi sono sempre capitati da altri le proposte, non le ho mai cercate. Dai libri, compreso l’ultimo di ricette, al Sanremo offerto da Amadeus, o Mille da Fedez e Luna piena da Hell Raton, che faceva parte di una minifiction in rete per X Factor e Kinder, in cui io entravo nel suo mondo e lui nel mio.

Un libro di ricette le mancava in effetti.
Adoro cucinare e le ricette sono un giro d’Italia nelle culture, nei costumi e nei ricordi di una vita e di un Paese. E ora partirà una miniserie per la Regione Emilia Romagna con ricette ironiche e fantasiose basate sui prodotti della mia regione. Amo le iniziative belle, proprio oggi ho permesso a dei ragazzi di commercializzare delle cover per cellulari con le mie foto (le voglio ora! nda). Sono contenta se i giovani hanno idee e vengono ispirati da me! E provo ad aiutarli, se riesco.

Ha parlato di lettere che le scrivono i ragazzi. Di questi tempi è qualcosa di incredibile. Cosa le scrivono?
In quelle lettere trovo di tutto, foto di famiglia, confessioni e confidenze di come sono entrata nelle loro vite e in quella dei genitori. Che meraviglia, non sanno che così loro fanno la mia vita, è una gioia immensa ogni volta.

Chissà quanti figli di Orietta Berti ci sono in giro, quanti concepimenti post concerto!
Nell’intimità degli altri non entro, ma c’è chi si è sposato grazie a me, dicono.

E musicalmente qual è il segreto del suo successo?
Va bene essere moderni, ma la tradizione, la romanza e la melodia italiana non vanno dimenticate.
E io non l’ho mai fatto.

Molto del suo successo attuale si deve anche a un look inimitabile.
Io non ho mai avuto una stylist, mi veste da anni Nicolò Cerioni (e il suo compagno gira i miei video) e ho lanciato una moda, ora Jovanotti, i Måneskin e Achille Lauro si servono da lui. Io ho sempre amato chi guarda avanti, al futuro, mi è sempre piaciuto fidarmi e ascoltare chi considero abbia grandi qualità. Avere dei collaboratori validi è fondamentale, e anche guardarsi intorno. Io per vent’anni ho lavorato con olandesi, brasiliani, tedeschi, francesi, inglesi e da tutti loro ho imparato che siamo dei prodotti che devono far guadagnare la casa discografica e per aiutare il sistema devi far girare l’economia. La mia fortuna è sempre stata avere produttori validi, che sapevano condurre i miei singoli al successo e allo stesso tempo valorizzarmi, molti artisti pensano solo all’una o all’altra cosa.

La collaborazione con Fedez come è nata? A tavolino con i rispettivi produttori?
Macché. Eravamo a Sanremo e Francesca Michielin, con cui facevamo un podcast chiamato Chiacchiere tra ragazze mi ha detto: «Ma lo sai che Fedez si allena ascoltando la tua canzone? Me lo dice sempre». E così mi ha chiesto se lui poteva farmi un’intervista l’ultima sera. Ovviamente ho detto di sì e alla fine mi ha proposto: “»a se io ti faccio una canzone per l’estate, tu la canti? Tanto se non ti piace riproviamo con quella per l’autunno». Lui le fa così, una a stagione. Scherzi a parte, usciva il cd in autunno, quindi avevamo una seconda possibilità. Quando me l’ha mandata mi è piaciuta così tanto che gli ho chiesto: «Ma quale parte devo cantare?». E lui: «Quella melodica centrale, è ovvio! O vuoi fare anche la rapper?».

E così è finita nelle suonerie degli smartphone della Generazione Z. Che effetto le fa?
Lo so bene, in treno mi è capitato l’altro giorno. E il telefono era di un signore distinto di una certa età! Suona il suo telefono, sento la mia voce e mi giro: lui ride, sorpreso e mi fa: «Senta l’ho messa l’estate scorsa e non riesco a toglierla perché mi piace troppo e mi dà gioia». Una meraviglia.
Per dire che non solo i ragazzi la mettono. Certo, non potevo aspettarmi di diventare idolo dei teenager. Forse è successo perché molti ragazzi che mi hanno sentito grazie a nonni e genitori mi vedono come una parente. Poi io sono sempre stato attenta ai giovani: di Achille Lauro che dall’inizio era vestito da Nicolò come me, ho subito capito che avesse qualcosa in più. E poi come mi disse lui a Domenica In, abbiamo gli stessi gusti estetici. Aveva visto il mio show in crociera a Sanremo con Rovazzi e scherzando mi ha detto: «Orietta restituiscimi i vestiti!».

Ora cosa le piacerebbe fare?
Vorrei fare un’altra canzone con Manuelito, Luna piena la amo molto perché c’è il rap e anche la voce, e poi vorrei che mi venisse finalmente la voglia di fare gli special che mi chiedono da Mediaset. Voglio avere l’energia per farli in modo moderno, attuale, non quelle cose commemorative fatte di duetti statici, sempre uguali. Voglio fare una cosa diversa, guarda un po!

Nelle pause del set, delle tournée, a casa cosa ascolta l’Orietta nazionale?
Con mio figlio Oz sento tutti i nuovi cantautori spagnoli e musica gitana, con Osvaldo la musica jazz, con l’altro mio figlio Omar invece il rock, ama i rockettari. I Kiss Kiss (sì, li ha chiamati così e – diciamocelo – suona meglio, nda) e i Guns ’n’ Roses. Io da sola vado da Ella Fitzgerald a Mina, adoro le grandi voci femminili. Al mio primo concorso per Voci Nuove, primo e ultimo, poi ho smesso di esserlo perché è arrivato subito il successo, cantai Il cielo in una stanza, tuttora la mia canzone preferita.

Esiste una sua erede?
Mi sa che ho troppa personalità per avere un erede. Magari qualche voce simile la trovi, ma come Orietta Berti dove la trovi? (ride di gusto, con autoironia e dolcezza, nda).

Quale regista potrebbe convincerla a lasciare i concerti e le discoteche per qualche mese?
Io non ho lasciato i concerti neanche per Risi e Scola! Quando ho fatto I nuovi mostri, sono venuti loro in tournée e giravamo nelle pause tra una data e l’altra. Però sogno Paolo Sorrentino, fare una piccola parte per lui sarebbe bellissimo.

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