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Casadilego, un’estate fa

'My Soul Summer', esordio della vincitrice di X Factor 2020 al cinema (accanto a Tommaso Ragno), passa in anteprima alla Festa di Roma, sezione Alice nella Città. Ed Elisa confessa che non è una botta e via

Foto: Europictures


Non è cambiata Elisa Coclite, in arte Casadilego. Essenziale, al limite del laconico, quando parla. Squassante quando canta. E sorprendente quando recita. Un mese incredibile questo ottobre per la vincitrice di X Factor 2020, una delle dimostrazioni che anche Hell Raton ha fatto cose buone. Esce il suo 45 giri digitale, una doppia release fuori da venerdì 14 ottobre. Oceano di cose perse racchiude i due brani Oceano di cose perse – scritto da Mara Sattei e prodotto da Enrico Brun – e Edinburgh attempt no. 2 – prodotto dalla stessa artista –, e negli stessi giorni un film in cui interpreta la protagonista, Anita. My Soul Summer sarà presentato in anteprima mondiale domenica 16 ottobre alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Alice nella città (il solito straordinario lavoro di Gianluca Giannelli e Fabia Bettini in una sezione fertile e sperimentale, oltre che seguitissima) e che poi sarà nelle sale per tre giorni il 24, 25 e 26 ottobre con Europictures. Una svolta sorprendente nella carriera e nella vita di questa ragazza giovanissima che sulla sua strada ha trovato la fiducia e l’intuizione di un autore tra i migliori della penultima nouvelle vague italiana, Fabio Mollo, che con lei percorre un romanzo di formazione (e trasformazione) musicale ed esistenziale in cui la cantante si ritrova a tener testa a Tommaso Ragno in un duetto, un featuring cinemusicale potente e tenero. E, quando sul piano fa scorrere sulle sue dita Ella Fitzgerald, ti sei già quasi dimenticato di quel talento unico e potente che Casadilego ci ha abituato a sentire dalla sua voce e dai suoi strumenti. Ti ruba tanto l’occhio come attrice che devi fare uno sforzo per ricordarti che sì, le sue dita e le sue corde vocali sono magia.

X Factor 2020-Festa del Cinema di Roma 2022, come è successo?
Non ci pensavo proprio, è stato tutto casuale, come molte cose nella mia vita. Anzi, sinceramente non volevo farlo, pensavo di non esserne capace. Lo dicevo al mio manager, ma il regista mi ha incontrato, abbiamo visto insieme il copione ed è successo qualcosa. Non so cosa, perché io non riuscivo neanche a leggere, non mi usciva la voce. Ma lui ha capito qualcosa oltre quella paura, per mia fortuna, e mi ha dato fiducia.

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A te che non esce la voce si fa fatica a credere. Più faticoso recitare o cantare?
Recitare è molto complicato, o meglio stancante sotto il punto di vista emozionale. Dello stare sul set mi ha sorpreso l’impegno fisico, mentale, emotivo, devo ringraziare Fabio per avermi dato spazi e tempi giusti per vivere questa esperienza e l’acting coach Aliosha, determinante per entrare in sintonia con questo lavoro. Sono stati bravissimi a mettermi a mio agio, a permettermi di dare il meglio.

C’è tanta musica nella storia di Anita, tanta musica “tua”.
Non è casuale, tutto il lavoro di ricerca lo abbiamo fatto insieme, con Fabio e il curatore musicale, Rocco, secondo i nostri gusti e quello che pensavamo fosse giusto per il film. Passare attraverso la musica è stata un’ancora di salvezza, spesso era l’unico modo per rientrare nel mindset necessario alla recitazione. In questa deriva in cui non avevo riferimenti, le note sono state il mio salvagente e la mia bussola. Altrimenti rischiavo di perdermi in qualcosa di così nuovo e difficile.

Potessi tornare indietro nel tempo, cosa diresti a Elisa nel 2019?
Le direi: hai presente tecnica e letteratura pianistica che stai studiando? Buttala perché farai il pop! Scherzi a parte, la ringrazierei per tutto lo studio e il tempo dato a quest’arte. Senza, non ci sarebbero state tutte queste incredibili avventure.

Ti offendi se ti diciamo che Anita sembra una tua alter ego?
Ci sono punti di contatto tra me e lei, e a me interpretare me stessa, una mia simile, mi ha salvato, è stato un aiuto. Non sono d’accordo con chi dice che fare se stessi per un attore è la sfida più difficile, se questa ragazza non l’avessi sentita addosso non ce l’avrei fatta. Anita la sento vicina, ma non è facile un viaggio del genere, perché ti costringe a guardare dentro di te, a mostrare agli altri e a te stessa zone buie della tua anima, della tua vita, di un io che è in continua evoluzione.

Foto: Europictures

Elisa è diventata Casadilego anche perché è stata protetta dal pubblico, prima per il Covid e poi dal cinema? Ricordo la sensazione, quando cantavi, quasi ipnotica.
Non credo, anche se sicuramente il fatto che il pubblico a X Factor, nell’edizione a cui ho partecipato e che ho vinto, fosse digitale e che io non lo vedessi mi ha aiutato a costruire un percorso e a creare quella sensazione di ipnosi collettiva, quella bolla era complice della situazione, e in quel senso sì, ha aiutato. Ora però mi connetto nei live col pubblico, è la cosa più bella di questo lavoro. Lo faccio quasi solo per la condivisione e la connessione con loro, è diventata la parte migliore della mia arte.

Lunetta Savino nel film è una nonna sui generis. Tu hai raccontato che ne hai una pazzesca, che ha cambiato vita a 75 anni. Hai pensato a lei recitando?
Il rapporto con tutti i miei nonni è stato importantissimo, sono stati emozionalmente fondamentali, perché i miei erano musicisti e viaggiavano molto e io sono di fatto cresciuta con loro, stavamo tanto insieme. Però sinceramente la nonna di Anita non somiglia alla mia, quello che interpreta Lunetta è un personaggio molto particolare…

L’impressione è che, per essere una solista, adori il gioco di squadra.
La musica è radicata antropologicamente nella contaminazione, è un lavoro di team, di squadra, costruire qualcosa con gli altri è entusiasmante, prendere su di te le loro suggestioni, talenti, visioni. Poi come nella vita a volte ci si prova e si riesce, e a volte no. Ma questo non deve deluderti. La simpatia, nel senso profondo della connessione, è qualcosa che deve scoccare, non è scontata.

Tornando alla musica nel film: sembra che la vostra scelta dei pezzi della colonna sonora sia profondamente politica. Quasi a voler rappresentare un mondo spesso nascosto. E non parlo tanto di genere musicale, ma di genere e basta. Tante donne, fondamentali.
Sicuramente sì, non so se politica è il termine giusto, volevamo una rappresentazione che avesse fondatezza storica e allo stesso tempo che raccontasse delle donne eccezionali. Nell’immaginario collettivo e in quello audiovisivo c’è un atteggiamento molto maschile e muscolare, una rappresentazione di genere in una trama così è adatta e necessaria. Come fai a capire Anita, le sue scelte, la sua volontà di ribellarsi senza quegli esempi, senza quella musica che le scorre dentro?

Casadilego e Luka Zunic. Foto: Europictures

Sembra che rispetto alla Generazione Z di cui fai parte, tu sia cresciuta più in fretta.
Io ti rispondo di sì, ma mi disconnetto dal discorso generazionale, a me è successo per questioni personali. Ma io come identificazione, consapevolezza ed empatia della Generazione Z sono felice di farne parte. Siamo svegli e consapevoli, credo anzi che sia un tratto caratteristico quello di diventare adulti più in fretta.

Ho appena fatto il boomer insomma. Abbi pazienza, è il destino di tutti i ragazzi non essere capiti dagli adulti. Pure quelli più immaturi. La Generazione Z però, forse, è ancora più incompresa di chi l’ha preceduta. Vi sentite soli?
Sì, ci sentiamo soli, è ovvio che i giovani spesso siano sofferti dagli adulti, ma credo che ora la distanza sia ancora più marcata, l’incomprensione più forte. C’è poca consapevolezza nel resto del mondo su chi siamo, cosa vogliamo, cosa siamo capaci di fare. Non c’è ascolto, spesso, e questo è un problema dell’intera società e anche il centro di tutti i conflitti generazionali, in tutte le epoche. La rappresentazione sbagliata viene acuita, poi, da un’esposizione maggiore, siamo in una società esposta, esibita e noi non ci tiriamo indietro. Come nel cibo, il fast food lo noti prima del resto, è invadente anche architettonicamente, è facile da consumare, ma poi c’è molto altro nel panorama della ristorazione.

Sincera. Sarà un’esperienza unica oppure ora a fare l’attrice ci hai preso gusto?
Mi piacerebbe tanto farlo ancora. La recitazione e la musica sono molto vicine, mi sono innamorata di questo lavoro. I canali di condivisione sono gli stessi della musica, soprattutto quelli emozionali, tiriamo fuori le stesse cose allo stesso modo.

All’esordio te la sei vista con un talento pazzesco. Uno che negli USA collezionerebbe Oscar per il miglior non protagonista come se piovesse.
Tommaso Ragno. Confesso, ero terrorizzata all’inizio, ma lui è una persona straordinaria, ha messo subito in chiaro i livelli, mi ha fatta sentire sullo stesso piano. Ci ha aiutato il fatto che entrambi dovessimo imparare dall’altro per fare al meglio il proprio ruolo, siamo stati maestri l’uno dell’altra ed è stato particolare. Lui è un maestro della parola, io potevo aiutarlo con la musica. Questo rapporto ha creato una sintonia fortissima e una relazione intellettuale e umana molto potente. E poi il suo Vinz, artista profondo e allo stesso tempo irrisolto, ha in sé tanti che ho incontrato in questi anni. Racconta con originalità e sensibilità alcune delle ombre del mio mondo.

Tommaso Ragno e Casadilego. Foto: Europictures

A X Factor ti ho amata molto. Ma da cinico disincantato scrivevo “il mercato non la vorrà”. Avevo torto.
Le regole del mercato hanno reso il mio lavoro possibile. Il mercato non è il diavolo, ci permette di vivere della nostra arte. E ne sono grata, purtroppo l’altra faccia della medaglia è l’industria, l’etichettamento, le recinzioni in cui cercano di metterti. Casadilego non so se è collocata sul mercato, ma ha un suo pubblico. L’importante per me è fare la musica e non la musicista. Io voglio fare il mio mestiere, non diventare un personaggio.

Sembri non aver paura di nulla.
La paura c’è sempre ed è fondamentale, quella da evitare è l’ansia. E comunque devi viverle entrambe, per superarle.

Sembri sempre molto in controllo, ti lasci andare solo quando ti esibisci.
Abbandonarsi e affidarsi a una persona credo non sia mai giusto. Anzi, ti fa del male ed è sbagliato, devi ascoltare e poi fidarti. La consapevolezza è proprio la chiave. Insieme all’ascolto, appunto.

Come ti vedi tra 10 anni?
Tra 10 anni non so neanche se sarò viva, ma so che farò musica.

Un sogno nel cassetto?
Uscire dall’Italia, andare all’estero. Ok, te lo dico quello vero: lavorare con Ed Sheeran.

Ricordo la sua faccia nel duetto a X Factor. Dopo 10 secondi aveva la bocca aperta e gli occhi che lampeggiavano. Non sarà difficile. Cosa fu per te quella serata?
La cosa più bella della mia vita. C’è stata una grande connessione, sono cresciuta con la sua musica. Una passione strana per una studentessa con la mia formazione, anche nella mia comitiva mi guardavano strana. Era qualcosa di astrale, era destino che finissimo su quel palco. Ogni tanto quel video me lo rivedo. Per ricordarmi come mi sono sentita.

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