Carla Signoris, bitch è meglio | Rolling Stone Italia Carla Signoris, bitch è meglio
La grande capa

Carla Signoris, bitch è meglio

L’attrice nata nel cabaret e oggi certezza di cinema e tv dà il meglio quando fa la cattiva. Come in ‘No Activity – Niente da segnalare’, la nuova serie Prime Video in cui è una poliziotta irresistibile. La carriera, la gioventù spericolata, il “no” di cui si è pentita. E “quella” domanda…

Carla Signoris, bitch è meglio

Carla Signoris

Foto: Massimo Insabato/Archivio Massimo Insabato/Mondadori Portfolio via Getty Images

«Certo, certo, lo dica pure». Quindi lo diciamo: in No Activity – Niente da segnalare Carla Signoris è una stronza pazzesca. Forse – anzi, senza forse – persino più della spietata conduttrice televisiva che interpreta nella seconda stagione di Monterossi. E per questo è perfetta. La celebre attrice, nata come cabarettista di Avanzi e poi adottata stabilmente da cinema e tv, funziona a meraviglia quando interpreta personaggi crudeli. Immediatamente scatta infatti un cortocircuito tra le parole che sentiamo pronunciarle e l’eleganza intrinseca che traspare da ogni suo gesto. È come se fosse bitch-proof, stronza-repellente. Eppure al contempo è di un sadismo pazzesco, alla Diavolo veste Prada. Così, arrivati alla puntata numero 6 di No Activity (tanti sono gli episodi, disponibili da venerdì 19 gennaio su Prime Video), la sua Katia ti resta impressa in testa. La nostra è “il gran capo” del centralino della Polizia, quello che lavora “nel cuore dell’azione”, come ripete a ogni piè sospinto, anche se il turno è noiosissimo e sembra non succedere mai nulla. Con lei, cuffie in testa e microfono vicino alla bocca, c’è Emanuela Fanelli, poliziotta finita lì per punizione, mentre dall’altro capo ci sono due poliziotti appostati (Luca Zingaretti e Alessandro Tiberi).

Dica la verità: si diverte da morire, vero?
Come una pazza! I personaggi cattivi sono i più divertenti da interpretare, perché tirano fuori quel lato di te che vorresti possibilmente nascondere.

Perché lei è un po’ perfida? Non ci credo.
Ah, se lo chiede a mio marito… Battuta a parte, nella vita sono generalmente molto tollerante. È difficile che io perda le staffe, anche perché tendo a giustificare i comportamenti altrui che mi cascano addosso. Penso: “Vabbè, forse è successo anche a me”. Magari però è solo l’effetto dell’anzianità che mi porta a essere così buona…

Mi sono documentata: in tutti questi anni di carriera, solo una polemica l’ha travolta.
Ah, sì?

Sì. Quella con le vedove.
Ah, mamma mia! Era il 2011 ed eravamo praticamente agli albori dei social e del fenomeno degli haters. Quando annunciai l’uscita del libro Meglio vedove che male accompagnate, l’Associazione delle vedove italiane mi si è rivoltata contro. Mi sembrava chiaro che il titolo fosse solo una battuta… invece non tutti hanno colto l’ironia.

Carla Signoris ed Emanuela Fanelli in ‘No Activity – Niente da segnalare’. Foto: Prime Video

Il personaggio di Katia irrompe in tv in un momento in cui il mondo dello spettacolo si premura di raccontare un nuovo modello femminile. In questa battaglia per la parità, bisognerebbe aggiungere il diritto di essere stronze, almeno un po’?
Assolutamente sì! Generalmente, se l’uomo è stronzo allora è una persona di carattere, che non è facile abbindolare. La donna invece è stronza tout court: h24, sempre e comunque. Allora sa una cosa? Rivendichiamo il diritto di essere perfide al pari dei maschi senza per questo pregiudicare la possibilità di non esserlo. Mica siamo così sempre.

Oltre ad essere crudele, Katia è una maniaca del controllo. Lei com’è messa a riguardo?
Eh, mi piace avere tutto sotto controllo.

È una mamma elicottero, come nella sua celebre gag?
No, per fortuna no. Sono presente ma non pressante. Poi, vabbè, i miei figli mi dicono sempre “Mamma, mi stai addosso”, ma lo ripetono pure quando loro sono a New York e io qui a Genova. Quindi è più una posa. Non fa testo.

Sbaglio o anche lei, da giovane, visse per un po’ all’estero?
Sì, e ogni volta mi chiedo come sia riuscita a convincere i miei genitori a lasciarmi andare.

Perché?
Girai l’America, con una mia amica. Per sei mesi. In autostop. E all’epoca non c’erano cellulari, internet… niente! Siamo partite all’arrembaggio e infatti ce ne sono successe di ogni! Una notte, per esempio, eravamo in Colorado e chiacchieravamo con dei ragazzi che avevamo conosciuto all’interno della città universitaria. Io mi allontano a passeggiare nel parco con uno di loro, quando improvvisamente arriva una volante della polizia e lo carica in macchina: era ricercato in sette Stati… Sono quelle cose che è bello raccontare, ma se ci ripenso seriamente non è stata una grande avventura.

Che adolescente era?
Una con il gonnellone, ma evidentemente non molto lucida, visto quello che le ho appena raccontato…

Sul lavoro era meno ingenua?
Inizialmente sognavo di fare la scenografa perché mi piaceva disegnare. Mi iscrissi ad Architettura, ma nel frattempo studiavo recitazione convincendomi che fosse un modo per entrare in contatto con il mondo della scenografia. Invece mi innamorai del palcoscenico e feci quello. La mia fortuna fu quella di aver potuto contare su un gruppo di persone con il mio stesso obiettivo: i Broncoviz. Lavorare con altri è una grande àncora di salvezza perché impari a incanalare le energie.

Ha dovuto faticare per emergere?
Io fatico tutti i giorni, anche adesso. Il mestiere dell’attore è un lavoro doloroso perché sei sempre sotto giudizio. Poi ci possono essere dei momenti dove lavori solo tu, per cui ti chiamano per proporti qualsiasi cosa, e altri dove nessuno ti si fila. Quindi metti sempre in discussione il senso del tuo lavoro. A volte poi i progetti ti entusiasmano meno di altri. Per mia fortuna, ho sempre potuto scegliere, anche se a volte ho sbagliato alla grande.

Carla Signoris con Davide Calgaro. Foto: Prime Video

Un “no” di cui si è pentita?
Sicuramente L’ultimo capodanno, il film di Marco Risi tratto da un libro di Niccolò Ammaniti. All’epoca stavo facendo un’altra cosa – forse La bruttina stagionata, non ricordo – e come una cretina ho rifiutato. Quella scelta mi è rimasta sul gozzo: è un progetto che non ho capito. Poi ce ne sono anche altri, ma meglio non infierire (ride).

È felice che i suoi figli ambiscano a seguire le sue orme?
No, per niente. Quando mio figlio (Giovanni Crozza Signoris) è stato preso al Centro Sperimentale, volevo dare fuoco alla scuola! (ride) A breve sarà tra l’altro in tv con la serie Mameli. L’altro mio figlio si è laureato in Fisica e ora si sta specializzando in Astrofisica. Però pure lui sogna di fare il regista… io gli passo vicino e dico: “Fai l’astronauta, amore mio, ti prego!”. Sarebbe un mestiere ben più sicuro.

Ora però arriva “quella” domanda.
Ho capito. Mi vuole chiedere di mio marito.

Esatto. Quanto le scoccia che tutti le chiediamo come sia essere la moglie di Crozza?
All’inizio un sacco. Ora però mi sono rassegnata: in fondo, mica mi devo vergognare. Mi secca solo quando il nome di Maurizio finisce nel titolo, come spesso è successo. Ci rimango male perché sembra quasi che io sfrutti lui per avere visibilità.

Sono curiosa: quanto si ride a casa vostra?
Tantissimo.

Il matrimonio non uccide né l’amore né la risata?
Sono stata davvero fortunata ad aver incontrato un uomo come Maurizio. Andiamo molto d’accordo e, allo stesso tempo, negli anni abbiamo imparato a tollerarci. A prescindere da chi sia il tuo partner, vivere insieme è pesante. Però vivere senza mio marito sarebbe peggio. Ancora adesso se sto a lungo via di casa per lavoro, mi mancano le nostre battute e il caffè che Maurizio mi porta a letto la mattina.

Ma il caffè a letto non è una premura da sposini che poi si perde nel tempo?
Lui ha ancora questa bella abitudine. Forse deve farsi perdonare qualcosa, non lo so… ma è da anni che me lo porta.

Sul canale Nove, ogni venerdì sera Crozza si indigna contro la politica. Lei è più serafica?
No, no, pure io mi indigno parecchio! Però non mi esprimo: c’è già lui, basta e avanza. E poi non so quanto serva: è un tripudio di opinioni, non so quanto conoscere la mia possa aiutare. Anche basta…

Però vota?
Certo.

A proposito di comicità, dopo Avanzi e Tunnel sembrava che fossero rimasti solo… pochi avanzi del cabaret. Oggi la comicità sta vivendo una seconda giovinezza?
Sì, è un genere che non tramonterà mai e che, in qualsiasi epoca, darà sempre fastidio. In particolare, sono molto felice che stia venendo su una generazione di comiche bravissime: penso a Katia Follesa, Emanuela Fanelli, Teresa Mannino, Luciana Littizzetto, giusto per citarne alcune.

Molte attrici hanno deciso di darsi alla regia. Lei?
Tempo fa mi è stato proposto ma ho rifiutato. Non credo di esserne in grado. Un buon regista deve avere una risposta e una soluzione per tutto: decisamente non è il mio. Poi magari, chissà, più avanti cambierò idea… ma, a questo punto, vorrebbe dire a 90 anni.

Dopo No Activity, quali altri progetti ha in cantiere?
Interpreterò un ruolo inedito nella serie tv Fuochi d’artificio, in onda prossimamente sulla Rai. Sarò anche nella seconda stagione di Studio Battaglia, sempre sulla Rai, mentre al cinema mi vedrete nell’opera prima di Luigi Di Capua.

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