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Andrew Scott e Paul Mescal, ‘Estranei’ ma non troppo

I due attori, amici nella vita, interpretano due uomini gay nell’acclamato film di Andrew Haigh che finalmente esce anche in Italia. Li abbiamo incontrati per parlare dei loro ruoli e di cinema, rappresentazione e canzoni cult

Foto: Searchlight Pictures

Nel cinema, come si sa, temi e trend narrativi vanno, vengono e si riprendono, e quest’anno è senza dubbio una tendenza l’esplosione di film lgbtq+ che, grazie alle loro storie, si sono fatti notare prepotentemente anche al botteghino. Titoli come Monica, Passages, Nyad – Oltre l’oceano, Bottoms, Theater Camp, Basso profilo, Rotting in the Sun, Rosso, bianco e sangue blu, per non parlare di Nimona (doveva essere un film Disney: grazie Netflix!) e dell’attesissimo Love Lies Bleeding con Kristen Stewart, appena passato a Berlino. Un filone che trova l’apoteosi, anche se condito di dolorosa malinconia, in Estranei (titolo originale All of Us Strangers) del regista Andrew Haigh (Weekend, 45 anni, la serie Looking), un libero adattamento del romanzo di Taichi Yamada del 1987

Per parlare di questo film, che vede nel cast anche Claire Foy e Jamie Bell, abbiamo incontrato il duo di protagonisti Andrew Scott e Paul Mescal tra rivelazioni, gusti musicali e lezioni sociologiche.

Cosa vi ha spinto a scegliere questo film?
Paul Mescal: Soprattutto Andrew Haigh, per me uno dei pochi registi e sceneggiatori davvero contemporanei, nonché uno dei miei autori preferiti: era da tanto tempo che avrei voluto lavorare con lui. Aggiungi il fatto che avrei trovato sul set Andrew Scott, che considero un genio, un attore fenomenale. Volevo fare anche un film più personale, e non appena ho finito di leggere il copione mi sono accorto che era una storia d’amore, d’amore queer, romanticissima, fra due individui che nonostante tutto quello che affronteranno finiranno per innamorarsi l’uno dell’altro.
Andrew Scott: Il copione, sempre il copione per prima cosa. Per Andrew ho sempre avuto un debole, una sensazione “tattile” che ero convinto ci legasse, e non solo perché siamo entrambi omosessuali. Appena ho letto il copione, l’ho trovato un film strano, riflessivo, onirico e molto commovente: più leggevo e più singhiozzavo, non riuscivo a smettere di piangere.

Vi conoscevate prima?
Scott:
Sapevo chi era, ma l’ho conosciuto tre anni fa a una festa di beneficenza, dove insieme dovevamo fare un paio di sketch: io prendevo in giro Normal People e lui faceva altrettanto con il mio ruolo da prete in Fleabag. Ci siamo trovati bene e da quella volta abbiamo iniziato a vederci ogni tanto anche con Paul per un gin tonic night al pub, tra l’altro uno dei passatempi preferiti in assoluto di Paul.
Mescal: Abbiamo scoperto di avere un sacco di amici, libri e conoscenze cinematografiche in comune, e ci siamo detti che sarebbe stato bello lavorare insieme. Ed è arrivato Estranei, incentrato sul personaggio, un film misterioso, pieno di fantasmi, ma di più non vi dico.

Andrew Scott è Adam. Foto: Searchlight Pictures

Come avete preparato il personaggio?
Mescal:
Harry è una persona facile da amare, difficile da interpretare perché richiede fatica e tanta palestra (ride). La cosa migliore per me è stato il lavoro psicologico, la costruzione di come parla, del suo dialetto e del suo isolamento da tutti, amici e famiglia. Per il resto ho ascoltato il regista, visto che è il suo film. Harry è un’anima perduta, che fluttua, che non ha i piedi per terra, che non ha ancora trovato il proprio posto nel mondo il mondo.
Scott: Adam è molto simile a me, sia come intensità che come essere umano. Sono apertamente gay, anch’io ho avuto una reazione “problematica” per quanto riguarda il mio coming da parte dei miei genitori, anche se ero più preoccupato per loro, per come avrebbero preso la mia sessualità: temevo di privarli di una relazione con me considerata magari più “normale”.

Parlando invece delle scene di sesso, come vi siete preparati per quei momenti intimi?
Mescal: Per quanto riguarda l’intimità sul set non ero nervoso, sono sempre scene snervanti da girare, ma a questo punto della mia carriera ne ho girate parecchie, ed essere fisicamente intimo con Andrew era solamente un approfondimento della nostra amicizia, anche divertente. Eravamo consapevoli dell’importanza di quelle scene nel film, ci siamo comportati da attori professionisti.
Scott: Quando in un film il sesso dà un valore aggiunto alla storia, bisogna lavorare sulle necessità pratiche della scena. Ovvio che il mio personaggio, timido e ritroso, non conoscendo Harry, sarebbe stato un po’ nervoso, in dubbio su come comportarsi, e questo ci ha dato lo spazio per essere più creativi. C’erano degli intimacy coordinator ad aiutarci per rendere le scene più naturali, e non c’è stato imbarazzo alcuno da parte di entrambi.

Paul Mescal interpreta Harry. Foto: Searchlight Pictures

Pensate che nella società ci sia ancora uno stigma nei confronti dei rapporti gay?
Scott:
So che è difficile cambiare gli esseri umani e le loro idee. Anche se siamo nel 2024, e la situazione attuale è molto meglio di tanti anni fa, credo che ci sia ancora molta strada da fare, soprattutto riguardo alla questione dell’identità di genere, che rappresenta una nuova sfida. Per risolverla, bisogna comunicare, raccontare proprio queste storie, perché solo così possono far riflettere, aiutare le persone a farsi un’idea migliore di come sta cambiando il mondo.
Mescal: Posso solo immaginare, ma non saprei… Ti rispondo da un punto professionale, perché non essendo gay non voglio essere frainteso. Nel film gran parte della vera intimità avviene prima e dopo il sesso, entrambi siamo spesso nudi, ci sono molti abbracci, abbiamo momenti intimi e teneri. A volte le scene di sesso possono virare troppo verso l’atto fisico, ma abbiamo capito quanto sarebbe stato più importante mostrare la sensibilità tra due persone. E anche per questo che ho accettato il ruolo, visto che non essendo omosessuale avrei potuto scatenare chissà quale reazione nel pubblico: alla fine abbiamo deciso che non era il caso di preoccuparsi.
Scott: Sì, ne abbiamo discusso, e seppure penso che la rappresentazione di genere sia importante, per me lo è anche la trasformazione. Non mi piace l’idea di essere scelto per un ruolo solo per il mio orientamento sessuale, non voglio interpretare solo personaggi queer, voglio interpretare ogni tipo di ruolo. Sono contro le idee totalitarie, credo si debba considerare cosa sia più giusto per ogni singola storia che stiamo raccontando.

Cosa potete dirci per quanto riguardo alla musica?
Scott: Di sicuro è molto rappresentativa di un’era, di una generazione di omosessuali che dopo aver fatto coming out volevano rivendicare la propria identità con gioia e felicità, proprio attraverso le canzoni di queste band.
Mescal: Canzoni come The Power of Love dei Frankie Goes to Hollywood, Johnny Come Home dei Fine Young Cannibals, Is This Love? di Alison Moyet, I Don’t Want to Set the World On Fire dei The Ink Spots, Can I Hug You Now? E poi ci sono i Pet Shop Boys con I Want a Dog e Always on My Mind… per non parlare dei Blur.

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