Amanda Lear: «Dalì e Bowie mi hanno insegnato a non fidarmi di nessuno» | Rolling Stone Italia
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Amanda Lear: «Dalì e Bowie mi hanno insegnato a non fidarmi di nessuno»

L’icona della trasgressione parla a ruota libera di musica, tv, cinema, teatro. Una confessione sulla sua carriera, ma anche sui grandi incontri che ne hanno segnato l’esistenza.

Amanda Lear: «Dalì e Bowie mi hanno insegnato a non fidarmi di nessuno»

Anche se non la vediamo tanto spesso in tv, Amanda Lear mantiene un’allure niente male. Resta il personaggio sopra le righe, trasgressivo per vocazione, icona lgbtq a mani basse grazie a hit come Tomorrow e Queen of Chinatown, pietre miliari delle disco gay. Amanda è stata anche uno dei volti di punta del piccolo schermo: con il suo fare provocatorio ha frantumato l’idea di donna oggetto (semi) muta del tubo catodico.

Non dimentichiamoci, poi, che la sua vita è stata un susseguirsi di incontri fortunati come Dalì e Bowie. Il 14 giugno esce Metti una notte, pellicola di Cosimo Messeri in cui interpreta una nonna sui generis che, manco a dirlo, fa un casino bestiale. La incontro in un bar romano. È un po’ delusa perché piove, si aspettava di trovare il sole. Ordina un succo d’arancia e mi chiede «Perché Rolling Stone è interessato a me?». Così, giusto per mettermi a mio agio.

Amanda, non passi mai di moda. Non ti vediamo spesso però…
Non voglio fare più tv in Italia, eppure continuano a chiamare ogni settimana. Mi chiedo perché, visto che non ho niente da vendere e il mio film esce a giugno. Mi rispondono che il personaggio interessa sempre. Ma non ho niente da dire, ho già detto tutto. Vita e miracoli di Amanda Lear si sanno.

Vediamo di trovare qualcosa di nuovo allora. Per prima cosa: non ti sei stancata di essere ricordata, principalmente, per Tomorrow?
Questa cosa succede solo in Italia. Ho fatto 16 o 17 album, ho venduto 28 milioni di dischi in tutto il mondo e qui si ricordano della canzone peggiore che ho scritto. E posso criticarla perché l’ho scritta io. Ho scritto anche canzoni che mi piacciono eh! Come Sphinx e Follow me. Nei tempi recenti ho pure ricantato brani come I love you baby o pezzi dei Pet Shop Boys. Niente, qui solo Tomorrow, pure in radio. Vabbè che ci prendo dei soldi, ma mi dispiace.

Personalmente ho un feticcio: Alfabeto.
Sì, è carina. L’ha ripresa adesso un cantante canadese, strano perché sono passati 40 anni – è del 1978 – eppure ancora adesso piace. Tra l’altro, ascoltandola, mi sono resa conto di essere stata la prima a parlare sulla musica. Allora non si faceva. In più il mio produttore ha voluto mettere una base di musica classica. Ho pensato che non potevo canticchiare su Bach, così ho deciso di parlare.

Negli anni di massimo splendore ricordo le tue hit e quelle di Miguel Bosé…
Quando ho incontrato Miguel aveva 17 anni, era carino carino. Il padre – grande torero – era più macho, più virile, più maschio. Sono 10 anni che non lo incontro, mi dispiace vederlo invecchiare, ma è rassicurante. Invecchio pure io, anche se le giornaliste scrivono che ho detto che gli altri invecchiano e io no. Smetterò di dare interviste alle donne, perché hanno il vizio di deformare tutto quello che dico e farmi sembrare cattiva. Non so perché…

Addirittura!
Lo fanno apposta, non gliene frega niente della mia carriera, dei dischi che ho fatto. A loro interessano l’età, gli amori, il sesso. Non mi chiedono gli incontri che ho avuto con i grandi come Salvador Dalì.

A questo proposito, cosa le hanno lasciato gli incontri con questi grandi?
Di non fidarmi mai di nessuno. Dalì come Bowie erano circondati da persone che volevano qualcosa da loro, si servivano di loro. O li frequentavano solo perché erano famosi. Bisogna trovare il vero amico che non gliene frega niente se non sei in copertina. Ce ne sono pochissimi e ho cercato immediatamente di mettermi da parte 2-3 amiche o amici seri e tenermeli per sempre, perché tutto il resto passa. Ho incontrato tanti amori e produttori che spariscono, cambiano idea. E non ti dico le promesse.

E quindi?
Se uno è imbecille ci casca, quando si ha un po’ di successo. Millantano tournée, film, e poi non succede niente.

Come hai ovviato al problema?
Non prendo agenti, non voglio manager, faccio tutto da me. Sono diventata quella che chiamano una control freak, cioè una ossessionata dal controllare tutto. Vogliono controllare la mia immagine? Lo faccio io, perché so come la voglio. Ora mi vedono come una donna in gamba, molto dura negli affari. Non è così, solo che gestisco da sola. Ne ho visti tanti come Bowie, che erano drogati, e quindi avevano bisogno di qualcuno che li curasse, che li mettesse a posto, che si occupasse della loro salute. Tutti i grandi cantanti, come Prince, sono morti di droga, ma dietro avevano manager che li coccolavano. Io non ce l’ho.

Ecco.
Tutto questo per dire che sono una gran solitaria. Mi piace l’idea della lupa: mi piace stare da sola, sto benissimo da sola, non cerco nessuno. Mi rendo conto che, tanto, siamo nati soli e moriremo soli. L’importante è stare bene con se stessi. Ma questo l’ho imparato dopo. All’inizio volevo sempre compagnia. Poi, piano piano, sono tutti spariti o sono morti. Sono rimasta sola e mi sono resa conto che sto molto meglio.

Parliamo della tua carriera. Fai teatro da un po’.
Ho cominciato nel 2009, sono quasi 10 anni. Ho fatto una commedia dopo l’altra. È molto impegnativo perché hai tre mesi di prove, sei mesi a farlo fisso a Parigi in un teatro – perché costa 300mila euro e bisogna sfruttarlo al massimo – e poi parti ancora sei mesi in tournée. Quindi, per un anno della tua vita, sei tutte le sere con questo ruolo teatrale. È molto faticoso, molto impegnativo, pagato malissimo, ma mi ha davvero cambiato la vita.

Perché?
Ero abituata alla tv, alle belle luci, l’importante era essere fotogenici. Invece non sei fotogenica in teatro, la luce fa schifo. L’importante è la voce: ti devono sentire lì, al terzo balcone, hanno pagato 10 euro ma ti devono sentire, dal vivo, senza microfono.

Difficile?
È una cosa più pericolosa. Tutte le sere non sai che succede: è come stare in equilibrio su un filo e, se sbagli, i colleghi che lavorano con te, sbagliano anche loro. È un esercizio impegnativo che mi ha fatto un bene della Madonna.

In che senso?
Mi ha cambiato la voce. Ero abituata allo studio, a parlare piano o sussurrato. Invece in teatro il mio regista si è seduto nell’ultima fila e mi ha detto che non mi sentiva. Finché la mia voce non si è impostata più forte, più alta e più potente. È un mestiere. Diciamo che ho imparato a recitare e adesso, che vado un po’ meglio con la recitazione, posso permettermi di accettare anche dei ruoli al cinema, qualche cosa più importante. Stiamo parlando di un musical per questo inverno. Vedremo.

Musical?
In Italia. La gente pensa che sono in pensione perché sono 10 anni che non mi vede a Ballando con le stelle. Non sanno che sono in teatro tutte le sere e lavoro come una pazza. Mi piacerebbe che mi vedessero recitare qui.

Di che musical si tratta?
Un musical originale sul mondo della moda.

Ma gli spettacoli che hai interpretato in Francia? Non li porti da noi? Mi sembrano siano andati bene, no?
Sì, il primo ha avuto un grande successo e l’ho recitato per tre anni di fila a Parigi. Certi produttori italiani sono venuti a vederlo e mi hanno detto che volevano portarlo in Italia. L’hanno tradotto, l’ho letto e ho detto «no, grazie».

Come mai?
Era di una volgarità! Si parlava di Berlusconi, di puttane. Lo spettacolo io non lo vedevo così volgare, ma pur di far ridere l’avevano fatto diventare come il Bagaglino.

Be’ non sarà stato l’unico approccio con i produttori italiani…
Un’altra commedia mia, che facevo a Parigi, si chiamava Divina. Ero elegantissima, vestita da Jean Paul Gaultier. Facevo la diva della televisione, un bel ruolo scritto apposta per me. L’han tradotto in italiano e l’hanno fatto recitare a…sei seduto?

Sì, chi sarà mai?
Anna Mazzamauro.

La Signorina Silvani!
Ti rendi conto? È bravissima, mi fa ridere, ma è come se domani recitassi La ciociara. Il ruolo era una donna molto glamour, vestita tutta haute couture. Però, vabbè, questi sono i produttori italiani.

Torniamo al piccolo schermo. Nulla?
Se mi propongo qualcosa. Mi piacerebbe fare uno show in cui intervisto le mie colleghe.

E che mi dici dell’arte?
Ho fatto qualche mostra presentata da Sgarbi a Londra, Spoleto, Venezia. Ora preferisco fare le mostre senza Sgarbi. L’ideale sarebbe vivere della mia pittura. Sto a casa, non mi trucco, lavoro, mando il quadro e aspetto l’assegno. È un mestiere meraviglioso.

Ma una trasmissione sull’arte, non le piacerebbe?
In Inghilterra c’è un programma sulla BBC.

Quello con la suora?
Ah la conosci? Conosci Sister Wendy?

Sì, ho visto qualcosa.
Sister Wendy è una suora che non capisce un cazzo d’arte. Va nei musei e dice «Guardate gli angioletti, come sono carini». Vista con lei fa ridere, ma almeno si parla d’arte. Mentre in tv adesso non se ne parla mai o lo si fa in modo noioso. Vorrei fare un programma sull’arte, ma divertente. L’ho anche proposto. Tipo che vado a casa di Botero a intervistarlo, vado a vedere come si fa una statua, vado a scovare i pittori nelle loro case, come si diventa modella. Ci sono un sacco di cose intorno all’arte che la gente non sa. Come si calcola il prezzo di un quadro, ad esempio. Niente. L’arte da fastidio.

Però su Cielo ti ho vista nel programma Voulez-vous coucher avec moi?
Ho fatto solo dei lanci per una rassegna di film francesi famosi. Hanno scelto una decina di pellicole. Era un modo per farmi vedere e, in quell’occasione, sono andata alla trasmissione di Cattelan. È andata molto bene, a parte per la luce che faceva schifo. Era proprio orrenda. Lui era molto carino, molto divertente. Fare dei talk show così serve.



Ah sì?
Be’ sì, perché la gente non si ricordava di quanto fossi ironica. Meglio di un’apparizione cantando in playback la domenica pomeriggio.

La tv italiana la guardi?
Nel mio albergo c’è la rete francese France 24 e guardo solo i telegiornali. Mi interessano solo le news. Se cambio e guardo la D’Urso mi sembra di essere su un altro pianeta. Parlano di argomenti che non capisco come possano interessare alla gente. Stamattina su Rai 1 intervistavano il padre di Rubicondi, l’ex marito di Ivana Trump. Ma chi se ne frega? Ma queste cose interessano alle 9 di mattina? Questa tv è tutta pettegola. Ed è il motivo per cui 10 anni fa ho detto basta. Facevo Ballando con le stelle e davo i voti vicino a Mariotto.

Senti, a proposito di gossip, ma è vero che hai litigato con Malgioglio perché va a dire in giro la tua età?
Prima di tutto Malgioglio non dice la mia età, ma dice quella che lui pensa sia la mia età. Malgioglio mi diverte, è un giullare. Quello che non mi diverte è vedere, per esempio, dalla D’Urso, della gente che parla di me, ma non ho mai incontrato in vita mia, che non conosco, non so neanche chi sono.

Tipo?
Simona Izzo. Non la conosco. Io non posso andare a dire cose sulle persone, se non le conosco. Non mi permetterei mai. Non avete in Italia una specie di censura che dice alla gente «Ma cosa dici? Ma stai zitta!». Invece il padrone di casa del programma li spinge a continuare e poi dice: «Ma perché dici così?». È un’ipocrisia. Comunque l’importante è che la gente di strada mi ama. Non questi tre opinionisti. Ah, perché ora c’è un nuovo mestiere: l’opinionista. Che lavoro fanno? Hanno un’opinione. Vabbè. Avranno fatto studi per essere opinionisti?

Non credo. Opinionisti a parte, li conosci i Baustelle?
Hanno fatto una canzone che si intitola Amanda Lear. Hanno spopolato. Io non ho mai sentito parlare di loro, ma mi hanno chiamato per fare il video. Mi sono detta: «Ma chi sono questi qua?». Mi hanno mandato una foto e ho pensato che non avrei fatto un video con questa gente che non conosco. Ho chiesto una cifra da capogiro e non se n’è più parlato. Invece la canzone esce ed è un trionfo. Hanno fatto tutto il giro d’Italia. A me fa gioco. È un onore che ci siano ragazzi della nuova generazione che, da viva, scrivano canzoni con il mio nome. È un complimento, mi fa piacere e la canzone è carina.

È vero che è molto vicina a Macron?
Ahahahahaha! No, c’è un imitatore, alla radio francese, che ogni mattina fa la mia voce esagerata e mi fa passare come la moglie di Macron, visto che ha deciso che mi assomiglia. Si è inventato questo personaggio in cui prendo il posto di Brigitte e lo accompagno negli impegni istituzionali. È divertente, ma un giorno o l’altro la Macron si offenderà perché la prendono in giro con la mia voce.

Senti, ma come vivi il fatto di essere considerata un’icona della trasgressione?
Non ho mai capito cosa voglia dire trasgressione. Essere trasgressivo vuol dire essere fuori dalla regole. Trenta o 40 anni fa significava fare programmi come Strix, fare vedere il seno come Patty Pravo, truccarsi come Renato Zero. Solo che ora lo fanno tutti. Oggi è trasgressivo sposarsi in chiesa, fare figli, non divorziare, essere fedeli.

Sei credente?
Sono un’accanita di Santa Rita. Sono andata a Cascia e ho visto il corpo della santa imbalsamato, tipo Biancaneve, nella bara di cristallo. Piccola così, fa i miracoli.

Non ti pensavo credente.
I miei erano cattolici, se fossero stati buddisti lo sarei stata anch’io. Penso che la religione sia importante, qualunque essa sia. È importante che l’essere umano abbia qualcosa in cui credere. I ragazzi di oggi temo non credano più in niente. Solo nei soldi e nel fare dei selfie, avere più follower possibile su Instagram.

E come la mettiamo con il fanatismo religioso?
È una cosa orrenda. Ma lo è ovunque, anche nella politica o nella musica rock. È un fanatico che ha ammazzato John Lennon. Charles Manson era un fanatico. Io amo controllare tutto. E il fanatismo è incontrollabile.

Utilizziamo il titolo di un libro su di te: Chi ha paura di Amanda Lear?
Tutti. Troppo intelligente, troppo ironica. In tv, ad esempio, vogliono mettere a disagio e se arriva una come me è difficile. Non piace questo. Faccio paura, anche al maschio. Vogliono una bella tettona. Il segreto della Monroe era di fare la scema. È un ruolo che la donna ha accettato di recitare. E non deve più accettare questa parte imbecille di fare la sottomessa.

Tu, invece, di che hai paura?
Di mancare di salute, di soldi, di amici, di amore. La salute mi preoccupa molto. Sono stata un po’ stanca l’anno scorso. Dopo il tour, una sera mi girava un po’ tutto e il dottore mi ha detto che mi stava arrivando un esaurimento nervoso. Ho dovuto rallentare per essere in piena salute, continuare a viaggiare e fare sognare la gente.

Prossimo step?
Un film d’autore per dimostrare di saperlo fare. Vuol dire pochi soldi e brutte luci. Se riuscissi a fare emozionare sarebbe interessante. Le cazzate me le propongono tutti i giorni.

Ti vedrei bene in un film di Almodóvar.
Tutte le volte che ci incontriamo mi dice: «Amanda, quand’è che lavoriamo insieme?». Gli rispondo «Amore, hai il mio telefono. Datti da fare!».

In Spagna è uscito un film su Dalì.
Si intitola Miss Dalì sulla vita di Dalì. E una ragazza bionda, carina, un’attricetta catalana, fa il mio ruolo. Devo dire che è molto sorprendente vedere sul grande schermo una tipa che fa me. Hanno inventato situazioni che non sono mai capitate. A Cannes hanno presentato un’altra pellicola e Ben Kingsley interpreta Dalì. Ce n’è un altro in preparazione: è un argomento che interessa tantissimo. Io, invece, sto doppiando Gli Incredibili 2: il primo ha avuto così successo che mi dicono essere il mio miglior ruolo. Mi ha chiamato la Disney per dirmi che sono l’unica del cast originale a essere stata riconfermata. Doppio sia la versione francese che quella italiana. Sarà un grosso lancio, mi pagano bene e andrò a Disneyland a vedere i topolini.

Non dimentichiamoci, poi, che sei stato uno dei volti più amati di Mediaset.
Ero la punta di diamante di Berlusconi. Un giorno, nel 1981, mi dissero che mi voleva per lanciare un programma sulla Rete 5. Nessuno lo conosceva, sapevo solo che era un imprenditore. Mi hanno mandato un aereo privato, sono arrivata a Milano 2 e mi ha offerto Premiatissima con Cecchetto. Voleva una come me perché parlavo cinque lingue. È stato l’inizio della mia carriera: non avrei mai pensato di fare tv in Italia. Si è rivelata un’esperienza divertente.

Racconta…
Mi sono accorta fin dall’inizio che la soubrette italiana, nei varietà, era un’imbecille, una che fa l’occhietto e sculetta. Mina a parte. Volevano una vestita bene, con delle belle gambe. Il ruolo principale era dell’uomo. A me non andava bene per niente. Volevo essere io la protagonista. E così mi sono messa a prendere in giro il mio partner. Il pubblico femminile mi iniziò a vedere come una dalla loro parte, questo personaggio molto ironico piacque e andai avanti. Feci carriera così, non perché ero una maggiorata.

Ma hai un idolo, un personaggio al quale ti ispiri?
Mae West, perché mi ricordo che era brutta, grassa, ma con un’ironia talmente forte che mi sono voluta ispirare a lei.

Torniamo a parlare di musica. Ma è vero che hai mollato Bowie?
Si era innamorato della copertina del disco For your pleasure dei Roxy Music. Bryan Ferry era pazzo di Kim Novak dopo aver visto La donna che visse due volte e voleva farmi un personaggio alla Hitchcock. Bowie vide la foto e fece di tutto per incontrarmi. Lui non mi piaceva per niente: lo trovavo brutto, aveva i denti storti, non aveva sopracciglia e gli occhi di colore diverso l’uno dall’altro.

E allora?
Aveva un gran fascino. Siamo stati insieme per due anni. Lasciava la moglie, che non serviva a niente, e poi c’era questo bambino, Zowie, che odiava le canzoni di suo padre. Ora è diventato il regista Duncan Jones.

Comunque Bowie voleva farti fare la cantante, no?
Bowie mi mise sotto contratto. Io gli dissi che non sapevo cantare, ma lui mi pagò lezioni di canto, affitto, lezioni di ballo. Poi mi portò con lui a New York e, una volta arrivato, nel periodo di Young America, cominciò a drogarsi. A quel punto mi sono stufata. Avevo inciso un disco che non usciva mai, lui diceva di aspettarlo, che l’avrebbe fatto uscire dopo la tournée. Ma mi ero stancata.

E che hai fatto?
Ricevetti una chiamata dalla Germania, dalla casa discografica Ariola. Piacevo molto ai tedeschi, perché sono sempre stati innamorati della biondona tipo Marlene: con il vocione come una che fuma in un cabaret. Hanno voluto creare una nuova Marlene disco. Ho mollato Bowie, ho preso l’aereo per Monaco di Baviera e ho inciso il primo disco. Mi facevano fumare tutta la sera, fino a che non ne potevo più. E poi mi facevano registrare con la voce roca. Dicevano che era quella che volevano. Io pensavo che la mia voce facesse schifo così.

Non vorresti fare un album di inediti?
Con i pezzi giusti sì. Mi piacerebbe fare qualcosa con i Pet Shop Boys, ma Neil Tennant fa come Almodóvar. Mi dice sempre che dobbiamo fare qualcosa insieme. Sai che i PSB sono famosi per resuscitare le cantanti morte, no? (ride). Mi piacerebbe lavorare con gente interessante. Una volta mi incontrai con Toto Cutugno in Russia – Tutti questi cantanti come Ricchi e Poveri e Al Bano vanno lì perché li pagano un sacco – e disse che mi avrebbe fatto fare Sanremo e mi avrebbe scritto una canzone che, io, una così, non l’avrei mai cantata. Mi disse di presentarmi in jeans, senza paillettes, per cantare un vero brano italiano. L’idea era quella di cambiare assolutamente genere. Gli artisti devono evolversi, devono prendersi il rischio, non come Giorgio De Chirico che non si è mai rinnovato.

Insomma, per il momento niente musica.
Una sera Rocco Siffredi mi aveva fatto la proposta di fare un duetto con lui. L’idea era di cantare Parole parole. Poi, siccome lui vive a Budapest, una volta alle 2 di notte mi chiama e mi dice che ha pensato al nostro duetto e che non lo avrebbe fatto per non danneggiare la sua immagine. La tua immagine? Cioè questo fa vedere il culo al mondo intero e io gli rovino l’immagine? (ride) Comunque Rocco mi fa morire dal ridere. E proposte come queste ne ho ricevute tante.

Ma ci sarà un brano che, più degli altri, pensi sia il più riuscito?
Sphinx. Una canzone lenta, malinconica. Le altre sono cazzate, ma pagano l’affitto. Sphinx non è ballabile, è diversa dalle altre. È la storia di una fenice che muore e rinasce sempre. Ho scritto io le parole. Ho cantato pure in spagnolo. E ho fatto una tournée in Sud America con Iva Zanicchi. Ti rendi conto? Con Iva Zanicchi! Siamo dovute tornare a nostre spese perché l’impresario argentino scappò coi nostri soldi. I musicisti hanno dovuto vendere i loro strumenti per comprarsi il biglietto aereo. Abbiamo vissuto dei momenti…Non sono mai stata fortunata con i soldi. Sarei potuta essere miliardaria come Britney Spears!

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