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Se il tempo non aiuta o, per qualsiasi motivo, non si può programmare la gita fuori porta, il picnic si può fare comunque, al cinema. Tra classiconi giallorosa ed escursioni alcoliche, iniziando da un cult d’animazione. La scampagnata tra i due (futuri) vecchietti di Up è solo un flash: ma come dimenticarla. Ancora ricordiamo le lacrime. Quelle che (forse) piangeremo pure quest’anno.
La (quasi) principessa e il gentiluomo vorremmo forse provare ad emularli? Non oseremmo tanto. Però il picnic si può fare anche in macchina. Provate a mettervi l’abito della festa di Cary Grant (e i foulard di Grace Kelly). Modalità: glamour.
Basta il titolo. In più, ci sono William Holden vagabondo per la provincia USA e Kim Novak ragazza in cerca di brividi sentimentali. Li avrà, sullo sfondo del Labor Day: che a noi dirà poco, ma è una specie di grande Pasquetta a stelle e strisce. Un picnic lungo un film. Modalità: patriottica.
Dopo Una gita in campagna del 1936, il “papà” del cinema francese Jean Renoir torna alla convivialità bucolica. In uno dei titoli che segnano il suo ritorno in Francia dopo la (non fortunatissima) parentesi americana. La gita in Provenza è il pretesto per una festa di fidanzamento: ronde amorosa sotto il sole, con il titolo originale (La déjeuner sur l’herbe) che cita Manet, tra i colleghi di Renoir senior. Modalità: impressionista.
Do: se do una cosa a te. Re: è il re che c’era un dì. E avanti fino allo sfinimento con la tortura canterina inflitta dalla governante Julie Andrews. Cestini di vimini, vestitini coordinati e via per le vallate austriache. Modalità: family friendly.
Non tutti i picnic riescono bene. Vedi il fallimento (vero) della gita delle studentesse australiane dell’anno 1900, tutte allegramente in cammino (con sporte belle piene) verso il roccione del titolo, ma poi sparite nel nulla. Terzo (clamoroso) film di Peter Weir, è una fiaba horror che non invecchia. Modalità: state a casa.
Karen Blixen probabilmente non aveva tanta cura per il décor, quando faceva le sue scampagnate. Ci pensano Meryl Streep e Robert Redford (e la regia di Sydney Pollack) a rendere immortali i picnic nella savana. Dove il vino francese si beve nei pentolini di latta. Modalità: coloniale.
Dove c’è Jane Austen, c’è un picnic. Vedi anche la doppietta di Emma: quello anni ’90 come Gwyneth Paltrow e la splendida riedizione 2020. L’iniziatore, per così dire, resta il pranzo all’aperto di Emma Thompson e Kate Winslet. Che chiacchierano dei signorotti di passaggio con la grazia leggera delle nobildonne ritratte dalla scrittrice. Modalità: gli inglesi lo fanno meglio.
Mentre noi abbiamo l’Oltrepò o i Castelli romani, i californiani hanno la Napa Valley. Il viaggio di Paul Giamatti e compagnia che tracannano sui declivi USA. Dramedy in piena regola (un poco sopravvalutata), ma che riconcilia con la condivisione delle piccole cose. Modalità: alcolica.
Altra eroina settecentesca, altro picnic. Con – però – un twist moderno, come piace a Sofia Coppola. Tra pizzi e bon bon, la regina Kirsten Dunst e damigelle (tra cui una dimenticata Rose Byrne) fuggono dalla Rivoluzione Francese. Modalità: se non avete il lievito, mangiate brioche (confezionate).
Il classico femminista di Louisa May Alcott riprende vita grazie al piglio contemporaneo di Greta Gerwig (e delle sue attrici: menzione a Saoirse Ronan e Florence Pugh). Nella rilettura anche visivamente impeccabile non manca niente: nemmeno la tenuta per il perfetto picnic sulle coste del Massachusetts. Modalità: meglio un buon libro.
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