Rolling Stone Italia

I migliori film usciti nel 2021 (fino a oggi)

La stratosferica prova di Sir Anthony Hopkins in ‘The Father’, ma anche il film-simbolo ‘Nomadland’, un paio di instant classics Disney e italiani che non tutti si aspettano. Il best of della (mezza) stagione

Foto: BIM

Carosello Carosone di Lucio Pellegrini (su RaiPlay)

Una biografia Rai? Sì, ma non solo. Il Groenlandia’s touch (cioè quello della casa di produzione di Matteo Rovere e Sydney Sibilia) c’è, e si vede. E proietta il classico biopic da rete ammiraglia in una dimensione del tutto contemporanea. Se la storia di Mister Tu vuo’ fa’ l’americano non è stantia e polverosa, è merito pure del regista Lucio Pellegrini. E del protagonista Eduardo Scarpetta, nuova (bellissima) faccia del nostro scenario che trova qui la meritata consacrazione.

Collective di Alexander Nanau (in streaming on demand)

Un film-inchiesta (sulla corruzione del governo romeno, tra collusioni sanitarie e solite bustarelle) che è, a conti fatti, un’appassionata ode al giornalismo e ai suoi eroi invisibili. Al centro di questa incredibile vicenda ci sono i cronisti di una gazzetta sportiva (!) che diventano quasi dei detective d’assalto alla ricerca di un’insabbiatissima verità. Il regista Alexander Nanau entra come una mosca nelle stanze del potere, e firma un’opera importantissima, destinata a restare.

Crudelia di Craig Gillespie (su Disney+)

Un live action Disney adulto, consapevole, senza nulla fuori posto: si può fare. La origin story di Crudelia De Mon è una giostra punk su cui tutti siamo invitati a salire, tra soundtrack a tema e costumi à la Vivienne Westwood. Emma Stone è una cattiva-per-caso debordante e impeccabile, ben coadiuvata dalla spalla Emma Thompson. E il regista Craig Gillespie (Tonya) si diverte un mondo. E noi con lui.

Estate ’85 di François Ozon

Ozon fa quello che gli riesce meglio: una love story gay che mescola mélo intimista e puro camp anni ’80. Ma, nell’adattare il romanzo Danza sulla mia tomba di Aidan Chambers (suo cult di ragazzo), trova un equilibrio ancora più lucido. Quasi un Rohmer estivo in chiave omoerotica e dark, ma con un passo tutto suo. E graziato dalla prova dei giovani protagonisti (Félix Lefebvre e Benjamin Voisin) e della supporting Valeria Bruni Tedeschi, come sempre formidabile.

The Father – Nulla è come sembra di Florian Zeller (in streaming on demand)

Anthony Hopkins ha vinto il suo secondo Oscar, e tanto basta. Perché siamo di fronte a una delle più grandi prove d’attore degli ultimi (mettete un numero a caso) anni. Poi c’è la pièce del francese Florian Zeller, riadattata dallo stesso drammaturgo con grande senso del cinema. Dal palcoscenico, ci si trova catapultati sullo schermo dentro un thriller da camera di fronte al quale sei portato a trovare continuamente nuovi punti d’appiglio. Ad aiutarti (e a confonderti) c’è l’immenso protagonista, insieme alla “figlia” Olivia Colman, altrettanto gigantesca.

First Cow di Kelly Reichardt (su MUBI)

Kelly Reichardt è un nome caro al circuito dei festival (soprattutto Venezia), e sempre rimasto confinato in un campo fieramente cinéphile. First Cow è, fatte le debite proporzioni di numeri, il titolo che l’ha fatta conoscere a un pubblico più ampio. Perché, in effetti, è un capolavoro. Il bromance western tra due reietti che sfidano le leggi del capitalismo nascente è un colpo al cuore, fino a uno dei finali più belli degli ultimi anni. Bravissimi quelli di MUBI, che l’hanno distribuito in Italia.

I Care a Lot di J Blakeson (su Amazon Prime Video)

Il sorriso diabolico di Rosamund Pike non si scorda dai tempi dell’Amore bugiardo – Gone Girl di David Fincher. Qui torna in full effect, e diventa l’ossatura ideale di questa black comedy spericolatissima. Insieme alla protagonista, un manipolo di attori di prim’ordine (Dianne Wiest, Peter Dinklage, Chris Messina) e un ritmo che non ti molla dalla prima all’ultima (fenomenale) scena. Un piccolo divertissement molto più intelligente di quello che sembra.

Judas and the Black Messiah di Shaka King (in streaming on demand)

In tempo di (sacrosanto) #BlackLivesMatter, lasciamo che sia la Storia a parlare, e non solo i quadrati neri su Instagram postati per seguire il trend. Questa è quella di un leader delle Black Panthers (Fred Hampton, interpretato da un Daniel Kaluuya giustamente premiato con l’Oscar) e dell’infiltrato, sempre nero, dell’FBI che l’ha tradito (Bill O’Neal, alias LaKeith Stanfield). L’opera prima (incredibile ma vero) di Shaka King vale come documento dei fatti di ieri, ma parla del mondo (e del cinema) di oggi.

Lasciali parlare di Steven Soderbergh (in streaming on demand)

Altro giro, altro (apparente) divertissement. Il prolificissimo Steven Soderbergh dirige Sua Maestà Meryl Streep, qui nei panni di una scrittrice di bestseller che si porta le amiche di gioventù (e che amiche: Candice Bergen e, ancora, Dianne Wiest) in crociera. Ma c’è un segreto sottocoperta… Qualche critico ha storto il naso, in realtà il tono è lieve ma dolceamaro, uguale a poche cose dell’autore. E con un cast (e una scrittura) così, ci si sguazza e basta.

Lei mi parla ancora di Pupi Avati (su Sky e NOW)

Vedi alla voce: pupiavatismo. Ormai un genere a sé. Ma, nel trasferire sullo schermo il romanzo autobiografico di Giuseppe Sgarbi, il regista bolognese rielabora i suoi soliti temi – la vita di provincia, l’amore che sfida il tempo, la possibilità di rendere tutto un memoir insieme personale e collettivo – con una tenerezza coraggiosa e funzionale al racconto. E carica il peso di una storia così densa e immaginifica sulle spalle di Renato Pozzetto, a ottant’anni nel suo primo ruolo drammatico. Che porta a casa da gran signore.

Luca di Enrico Casarosa (su Disney+)

Non sarà uno dei Grandi Capolavori della Pixar (anche perché ormai sono troppi), ma questo detour italo-balneare, diretto da un genovese trapiantato a Hollywood, è una storia estiva deliziosa. Qualcuno ci ha visto echi omo in stile Chiamami col tuo nome, altri poco più che un libro illustrato per bambini, tanti hanno lamentato i cliché da pizza e mandolino. Ma non ci sono pretese se non un puro e semplice intrattenimento per grandi e piccini, come si diceva una volta: e funziona tutto. A cominciare dal villain Saverio Raimondo, strepitoso anche in lingua originale.

Mandibules – Due uomini e una mosca di Quentin Dupieux

Il film più assurdo di Venezia 77 (e assurdamente presentato fuori concorso) è l’opera più matura di un autore solo apparentemente immaturo. Ossia il francese Quentin Dupieux, portatore di uno humour nonsense (vedi anche il precedente Doppia pelle con Jean Dujardin) che si vedeva poco nel cinema recente, e che invece ha saputo rinverdire con grande spirito. Oltre ad essere un gran direttore d’attori: vedi la buddy couple composta da David Marsais e Grégoire Ludig, ma anche l’esilarante Adèle Exarchopoulos, ma vista così.

Minari di Lee Isaac Chung (su Sky e NOW)

Un affresco sulle eterne migrazioni, ma visto con gli occhi delle seconde generazioni. Il regista, statunitense di origini sudcoreane, ha lo sguardo di chi sa cos’è l’American Dream, e insieme la mano accorta di chi vuole metterlo in discussione dall’interno. Grazie alla storia di una famiglia che fa di tutto per integrarsi, ma che trova fondamento solo in sé stessa. Produce Brad Pitt, Oscar alla supernonna Youn Yuh-jung.

Nomadland di Chloé Zhao (su Star)

Dal Leone d’oro all’ultima Mostra di Venezia all’Oscar come miglior film (più le statuette alla regista Chloé Zhao e alla protagonista e produttrice Frances McDormand), è il film diventato simbolo della più tribolata delle annate cinematografiche recenti. Non solo perché mette in discussione, attraverso il punto di vista di un’autrice nata in Cina, tutto quello che crediamo di sapere degli States. Ma perché mette in scena una fuga (im)possibile in cui tutti ci siamo, per un motivo o per l’altro, immedesimati. Un instant classic.

Non mi uccidere di Andrea De Sica (on demand)

Uno young adult? Un horror per ragazzini? No: un film di Andrea De Sica, e basta. Che, dopo l’esordio notevolissimo col sempre gotico I figli della notte e la consacrazione con Baby, continua a battere la strada di un cinema che guarda e sfida i generi restando libero, creativo, pulsante di vita e suggestioni. Non fa differenza questo progetto liquidato da molti come un Twilight all’italiana, in realtà capace di trovare continua linfa espressiva e di usare due facce della New Generation (Alice Pagani e Rocco Fasano) come simboli di una vera ri-generazione. O de-generazione, considerato il soggetto splendidamente sanguinario.

Per Lucio di Pietro Marcello (al cinema)

Non solo un semplice documentario, l’opera dedicata dal visionario Pietro Marcello (La bocca del lupo, Martin Eden) a Lucio Dalla. Al di là del genio jazz e delle canzoni divenute immortali, c’è un ritratto culturale, sociale, politico (e anche doloroso) che riguarda la Storia d’Italia tutta, e di tutti gli italiani. Ma questo è anche un inno all’amicizia: quella che legava Lucio al manager Tobia Righi e al filosofo Stefano Bonaga, protagonisti di scambi umanissimi e struggenti.

La terra dei figli di Claudio Cupellini (al cinema)

Portare Gipi al cinema? Un’impresa impossibile se non sei Claudio Cupellini, che, forte di una libertà espressiva alimentata tra cinema (Una vita tranquilla, Alaska) e tv (Gomorra – La serie), resta fedelissimo alla graphic novel di partenza, ma con un’autonomia impressionante. Dall’impianto narrativo alla confezione visiva e produttiva, a (soprattutto) gli attori: il protagonista Leon de La Vallée è una scoperta, volti sicuri come Paolo Pierobon e Valerio Mastandrea sono usati in modo inconsueto. Un gran film che avrà lunga vita, e che non meritava di uscire in questa stagione invisibile.

Zack Snyder’s Justice League di Zack Snyder (su Sky e NOW)

Zack Snyder rifà… Zack Snyder. Se la Warner Bros. aveva smontato il suo vecchio Justice League (per poi darlo in mano, nel 2017, a Joss Whedon), oggi arriva HBO a raccogliere l’invito social dei fan a riportare alla luce il “vero” Snyder’s Cut. Eccolo: quattro ore (!) debordanti ma liberissime, che ci dicono cosa poteva essere l’universo DC Comics al cinema. E che marcano un (übercontemporaneo) cortocircuito tra cinema tradizionale e nuovi mezzi. Per puristi.

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